Clean Bandit - Extraordinary (feat. Sharma Bass)

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Quando aprii gli occhi, mi ritrovai distesa nella cambusa. La cambusa era un'enorme tenda con all'interno cassette piene di cibo, che all'ora dei pasti i capi ci distribuivano in modo equo.
Le voci dal campo arrivavano alle mie orecchie confuse. Era circa l'ora di cena. Avevo dormito per un giorno intero.
Controllando che non ci fosse nessun altro con me, mi alzai e mi piazzai davanti uno specchio per valutare i danni. Il cipollotto era crollato a lato. Sopra il sopracciglio una benda era premuta su un taglio. La felpa e la maglia erano sporche di sangue, qualche macchia anche sui leggins. La manica destra era alzata e il morso coperto da una garza. Sul viso e lungo il collo c'erano un paio di tagli.
Calzai il cappuccio della felpa sulla testa e decisi di raggiungere le tende passando per il boschetto dietro la cambusa, per non farmi notare. Per fortuna la tenda era vuota. Mi cambiai, misi tutto nel sacchetto dei panni sporchi e risalii la salita. Il maglione senza forma indosso a me sembrava un sacco di patate in confronto a Laura.
Una volta arrivata al terrazzamento delle cucine, un paio di teste si girarono a guardarmi. Mi diressi decisa verso il mio angolo. Jane e Alexandra mi salutarono abbracciandomi e assegnandomi al fuoco.
Infilavo i bastoncini annoiata nel jambore, improvvisamente colta da un senso di nausea. All'improvviso un po' di brace uscì dal contenitore, bruciandomi il dito. Controllai. Era un po' arrossato ma... In pochi secondi, non solo il dolore scomparve, ma anche la ferita e l'arrossamento. Era impossibile.
Feci finta di niente. In fondo avevo un bel taglio sulla testa, magari era solo qualche allucinazione dovuta alla nausea.
Finita la cena, mi preparai a lavare le pentole. Elis e Allison erano già all'opera e poco dopo arrivarono anche gli altri del primo anno.
-Mi fate un po' di spazio?- chiesi arrivata ai lavatoi, sorreggendo una cassetta piena di piatti e posate.
I miei amici mi salutarono calorosamente e mi fecero un po' di spazio. Sgrassai le pentole in poco tempo. Dalle parole di Jane, prima di togliere tutto il grasso dal pentolone ci voleva minimo mezz'ora e un bel po' di muscoli, ma quel giorno fui particolarmente forte. Dopo poco arrivò Benny, che diede alcune indicazioni sul da fare a Feder e Leo, che intanto avevano iniziato una conversazione con Philip, Elis e Laura. Allison e io pulivamo in silenzio. Sentendo gli occhi di Benny puntati su di me, sistemai la treccia bruna appoggiandola sulla spalla. Appena andò via, Allison mi sussurrò all'orecchio:
-Qualcuno piace a qualcuno!
Il suo tono malizioso mi faceva salire gli istinti omicidi, ma mi trattenni. Non ero mai stata così violenta, cosa mi stava accadendo? Ero forte, violenta e guarivo da sola a una velocità strabiliante.
Però aveva ragione. Io e Benny eravamo amici da un bel po', e si sa come vanno a finire le amicizie tra maschio e femmina. Lui non era niente male, anzi era molto carino, sveglio, simpatico... ma c'era qualcosa in lui che non andava. A differenza di Elis, Laura e Allison, che avevano già avuto esperienze con dei ragazzi (mai oltre il bacio), io non avevo mai baciato un ragazzo. Tenevo quel famoso "primo bacio" per il ragazzo giusto. Le mie amiche non avevano problemi a fare amicizie con ragazzi, per poi fidanzarcisi (Allison in quel periodo stava con un ragazzo più grande conosciuto al mare, Laura era fidanzata con il suo vicino di casa di un anno più grande, mentre Elis si scriveva con un amico della sorella maggiore), mentre io mi sentivo sempre... nuda, allo sguardo di un ragazzo. Era una strana sensazione. Provavo come una piccola scossa sulla nuca. Con Benny succedeva spesso, e io istintivamente facevo qualcosa di stupido o mi toccavo fino allo sfinimento i capelli. Perché facevo così? Perché ero così maledettamente diversa dalle altre? Ero già conosciuta in tutta la scuola per essere l'unica dell'ultimo anno delle medie a non aver mai baciato un ragazzo, non potevo permettermi di essere ancora più diversa di così.
La voce di Micheal (primo anno, Leopardi come Philip) mi riportò alla normalità.
-Come va il morso del cinghiale?
D'istinto risposi bene. Aspetta, ha detto "un cinghiale"? Ripassai nella mente tutti i ricordi dell'altra sera. Mi ricordavo solo degli occhi rossi sangue, non cinghiali. Forse la ferita alla testa mi aveva portato veramente delle allucinazioni.
Una volta finito, asciugai e riposi le pentole nella cassa di squadriglia e mi avviai verso la tenda.
Non mi dispiaceva stare da sola. Alcuni a scuola mi chiamavano asociale, ma io stavo bene, sola con i miei amati libri o con i miei pensieri. Che erano un bel po', per la precisione. Mi rivedevo in mente di continuo il sorriso del tizio con gli occhi blu. Controllai il braccio. La pelle era morbida, ma pallida e gelida intorno alla fasciatura. 
Non riuscivo ad addormentarmi, così decisi di fare un giro del campo. A quell'ora non c'erano pericoli di incontrare Uch o Jennifer. Iniziai a risalire la salita, toccandomi in modo nervoso la treccia. Mi girai. Le luci di tutte le tende erano spente, tranne un piccolo bagliore proveniente dalla tenda dei Rinoceronti. Al buio non vedevo bene, quando all'improvviso la vista si offuscò e iniziai a vedere tutto rosso. Vedevo perfettamente nell'oscurità della notte. Riconobbi il viso di Benny vicino la torcia, che mi stava lentamente illuminando. Corsi veloce come non avevo mai fatto. Ad un certo punto mi fermai. Da che cosa mi stavo nascondendo? Da Benny? Dal mostro dagli occhi rossi? Il mio istinto alzò la mano, come si fa a scuola per chiedere il permesso di parlare. Mi suggeriva la seconda opzione. Perché? Sarebbe tornato? Avrebbe portato anche occhi-gialli e occhi-blu?
Arrivata al piano dell'alzabandiera, le domande scomparvero dalla mia testa quando il punto di pelle in cui ore prima c'era il morso iniziò a bruciare. Mi accasciai a terra in ginocchio, urla strozzate uscivano dalla mia bocca. Il bruciore iniziò anche alla testa. Tolsi la benda dalla fronte e dal braccio. In entrambi le parti, la ferita era scomparsa. Niente cicatrice. La pelle bianca latte splendeva alla luce della luna, liscia.  Quando tolsi le mani dal braccio, le unghie non erano più unghie, ma spaventosi artigli.
E il peggio non era ancora successo.

La vista sbalzava in modo preoccupante: un momento vedevo perfettamente al buio, ma tutto rosso, l'attimo dopo era tutto nero. Mi inoltrai a fatica, tenendomi agli alberi in equilibrio con gli artigli. Arrivata al bagno per ragazze mi specchiai.
Non ero io.
Ero bianchissima, invece di denti avevo delle zanne, che in alcuni punti stavano staccando l'apparecchio. Le unghie erano diventati spaventosi artigli. Ma la cosa che più mi colpì furono gli occhi: ogni volta che vedevo rosso, diventavano giallo luminescente.  Il bruciore era finalmente finito. Attraverso lo specchio vidi tre figure imponenti avvicinarsi.
Corsi via dal bagno, inoltrandomi nei boschi. La luna piena filtrava attraverso le fronde dei faggi. Non ce la facevo più. Un pensiero mi balenò in mente: "Sto per morire?".
Mi appoggiai a un tronco dell'albero e le vidi, le tre figure di prima. Tre uomini. I miei tre incubi.
Occhi-rossi era al centro, vedendolo da vicino era alto e muscoloso, di colore e con i dread.
Occhi-gialli era alla sua destra, e si mostrava in tutta la sua imponenza, gli artigli pericolosamente affilati.
Occhi-blu era a sinistra. Mi colpì come la sua figura stonava in mezzo a quella degli altri due. Era il più alto, fisico asciutto, occhi celeste luminescente e cresta mora. Il solito sorrisetto maligno con le fossette stampato in faccia.
-Ci rincontriamo Wood.- disse Occhi-rossi.
-Come sai il mio nom...- non finii la frase che un bruciore acuto mi colpì di sorpresa. Mi sembrava di andare a fuoco. Sul braccio, dove prima c'era il morso, a fior di pelle ecco le vene dipinte di nero. Il bruciore partì da lì.
-Cosa mi sta succedendo?- chiesi in un sussurro.
-Non dovrebbe farle male. A me non ne ha fatto.- sentii sussurrare Occhi-gialli a Occhi-blu, che ora mi fissava.
-Il morso deve cancellare tutte le tracce del Noghitsune, cosa che in te non è successo.- gli risponde sempre in un sussurro.
Noghitsune? Cosa diavolo vuole dire. Sembra il nome di un mostro. Sono un mostro?
-Non sei un mostro.- dice Occhi-Rossi, come leggendomi nel pensiero -Sei un Lupo Mannaro. Come noi.
Avrai di certo osservato che in questi giorni la tua forza è aumentata. E così anche la tua velocità, i tuoi riflessi e la proprietà di guarire. Questo perché il morso è un dono. E ti ha donato tutto questo, per una piccola cosa in cambio: ogni notte di luna piena tu ti trasformerai...- si avvicinò a me -E piano piano imparerai a controllare i tuoi poteri.
Sembrava avesse ripetuto quel discorso più volte prima dirmelo.
Non ci capivo niente. Ero un lupo mannaro? Come? Non aveva senso? Sfortunatamente per me, tutti i pezzi del puzzle combaciavano alla perfezione.
Occhi-gialli e Occhi-rossi se ne andarono, correndo e sparendo nei boschi. Occhi-blu mi diede le spalle e sembrava sul punto di partire, ma non lo fece. Invece mi si avvicinò.
Portava dei jeans strappati, una t-shirt e una giacca scamosciata con alcune toppe, con la bandiera americana appuntata al petto. Si accovacciò davanti a me.
-Non è stato molto simpatico eh?- disse sorridendo e prendendomi il mento tra le mani. Il colore azzurro scuro dei suoi occhi venne sostituito da quello luminescente da lupo. Mi schiuse la bocca, guardando attentamente l'apparecchio.
Io invece guardai lui: era un normale ragazzo, però aveva un qualcosa che lo rendeva diverso, speciale. "Forse è perché una volta al mese diventa per metà cane?" intervenne la vocina nella mia testa.
-Io sono Zack. Quello con gli occhi rossi è Alpha, il capo branco, mentre quello con gli occhi gialli è Marco. Io, te e lui siamo i Beta di Alpha. E tu sei?
-Wood.
-Tieni, ero anch'io in questo pasticcio quando ho iniziato, ma dopo andrà meglio.- disse porgendomi un sacchetto di plastica. Quando glielo presi dalle mani, non potei non notare come erano gelide. Lo guardai negli occhi: erano magnetici.
-Ogni volta che senti ruggire, quello è Alpha. Di istinto ti trasformerai per rispondere, quindi cerca di non farlo davanti ai tuoi amichetti umani. Ci si vede Wood.
Disse salutandomi con uno di quei sorrisi con le fossette. Arrossii leggermente. 
Si alzò in piedi. Fece un paio di passi calmo, le mani in tasca. Poi si girò verso di me, ancora accasciata dal dolore.
-Ricorda, il dolore ti rende umana.- e, prima di partire a razzo, mi fece l'occhiolino. La parte romantica nascosta dentro di me si sciolse. Non potei fare a meno di sorridere come una scema. Poi mi ricredetti: chissà quante ragazze un lupo mannaro avesse ai suoi piedi.
Quando se ne andò, cercai di alzarmi e strisciai in tenda, tenendomi stretta la bustina di plastica al petto. Mi infilai nel sacco a pelo e cercai di prendere sonno. Non potei fare a meno di ripassare a mente le parole che mi aveva detto: "Il dolore ti rende umana."

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