Capitolo 11

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Non avevo mai notato di quanto grandi fossero i bagni della scuola. Erano ricoperti da piastrelle bianche e rosse, ma in questo modo li avevano resi un posto freddo e scomodo dove piangersi addosso.

Si avete indovinato.

Sto piangendo.

Voi cosa fareste se un giorno qualsiasi della vostra vita, scopriste che la vostra migliore amica, quella che conosci dall'asilo e con cui hai passato tutta la tua vita, si trasferisse in un'altra città o, meglio dire, un'altro stato?

Mi sento a pezzi, Paige se ne va. La mia migliore amica, che è ormai una sorella, se ne va e io non posso fare niente per cambiare le cose.

Voglio piangere, voglio urlare, voglio che Paige resti qui.

Paige, quando stamatina è arrivata a scuola, non sembrava neanche lei: capelli arruffati, occhiaie e occhi rossi e gonfi dal pianto, vestiti messi a caso.

Lei lo ha saputo ieri sera e per lei deve essere stata una botta molto pesante e crudele: da un giorno all'altro si deve trasferire per colpa di suo padre. Io al posto suo me ne sarei già scappata, poverina.

"Giulia, ehy"una voce mi risveglia dai miei pensieri.

"Romeo ma ceh cavolo ci fai qui, sei impazzito? Lo sai che se  beccano sei finito!!"esclamo. Non mi importa se mi vede piangere ridotta in questo stato.

"Giulia non mi importa, non posso vederti così".

Un profumo di menta entra nelle mie narici e lo ispiro profondamente. Prima che me ne accorga mi sta abbracciando, come solo lui sa fare.

Mi sento già meglio, solo lui sa farmi sentire così.

Sento un tremolio e il rumore dei tacchi che echeggia nella stanza.

Poi una voce stridula, fin troppo famigliare urla: "Grier, Beckham nel mio ufficio, subito!"

O no non può essere successo.

Non per colpa mia.

"Beckham, sappi che questa è l'ultima volta, se ti rivedo nel mio ufficio, puoi considerarti sospeso e non so come reagiranno stavolta i tuoi genitori!" questa parole riecheggiano nella mia mente.

O cazzo.

Sono un fottuto disatro.

Romeo non sarebbe più dovuto andare dalla preside. Era successo tante volte, e quella della scorsa settimana sarebbe dovuta essere l'ultima. Se no sarebbe stato sospeso.

I nostri passi veloci e intimoriti e quelli pesanti e rumorosi della preside camminano lungo il corridoio, finchè non arriviamo alla direzione.

E' una stanza modesta per essere quella della direttrice: è composta da una scrivania, la sedia girevole, un mobile pieno di cartelle e due sedie per gli "ospiti" o per quei poverni come noi che sono appena stati accompagnati e che devono spiegare, o almeno provarci, il guaio che hanno appena fatto.

Maybe//Daniel SkyeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora