The escape

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  Magnus rimase chiuso nella sua stanza per ore.
Mise tutto sottosopra, alla ricerca di un libro, un manuale, che potesse contenere un incantesimo che avrebbe potuto causare l'amnesia ad Alec. Passò tutto il giorno a cercare la causa della sua perdita di memoria e ad appuntarsi i rispettivi antidoti, ma nessuna maledizione aveva come effetti i sintomi del Nephilim.
Quest'ultimo ogni tanto attraverso la porta sentiva il rumore di qualcosa che si rompeva e di libri pesanti chiusi con violenza. Alec passò quelle ore di solitudine gironzolando senza meta per l'appartamento e osservando tutti i suoi dettagli per vedere se potevano dargli qualche indizio sulla persona che era Magnus. Quel silenzio angoscioso, quella solitudine lo facevano impazzire. Fece per sedersi sul divano giallo canarino e Chairmain Meow gli si strusciò accanto; dopo pochi minuti si alzò per accomodarsi attorno al tavolo. Ma anche questa sua ultima sosta fu breve.
Si sentiva rinchiuso, costretto, in una casa estranea.
Poteva fidarsi di Magnus? L'avrebbe davvero aiutato? E a che scopo?
Nella testa aveva mille pensieri e in quel momento la cosa più logica gli sembrò scappare da quella prigione colorata. Neanche il tempo di riflettere qualche secondo in più su quell'idea assurda per rendersi conto che non sapeva dove andare, e il cacciatore aveva già tra le mani il pomello, pronto ad essere girato, garantendo così l'apertura della porta e la fuga di Alec.
Il caso volle che proprio in quel momento, Magnus, appena uscito dalla stanza con aria già piuttosto irritata (non aveva concluso nulla), lo cogliesse sulla scena del crimine mentre cercava di fuggire da casa sua. Lo stregone si sorprese che Alec non sentisse il rumore che il suo cuore fece in quel momento: crack. Si era spezzato. Il suo fidanzato che cercava di scappare dal suo appartamento, da lui.
«Cosa stai facendo?» gli chiese in modo severo. Aveva gli occhi arrossati solcati da profonde occhiaie.
«Volevo prendere un po' d'aria» rispose il cacciatore cercando di mascherare la verità.
«Non è vero, Alec.» Il ragazzo sapeva di essere un pessimo bugiardo, e non gli capitava spesso di farla franca con Magnus, che poi nel tempo era diventato davvero bravo a leggere il suo volto meglio dei libri di incantesimi. Si sentiva mortalmente stanco, ma non si lasciò abbattere: avrebbe fatto di tutto per aiutare il suo ragazzo e riaverlo indietro.
Alec lo guardò irritato.
«Tanto non puoi dirmi cosa fare, se voglio andarmene me ne vado, ed è quello che farò.» concluse, sbattendo la porta alle sue spalle e correndo giù per le scale, con passi così pesanti che Magnus poté udirli dall'appartamento. Lo stregone lo aveva guardato indifeso e supplicante, ma non sembrava aver toccato minimamente il Nephilim, mentre l'Alec di un tempo non l'avrebbe mai lasciato.
«Va' al diavolo Bambi, gli occhi da cerbiatto non servono a nulla.» disse sbuffando. Anche se lo aveva lasciato da solo a casa, il pensiero di Alec in giro chissà dove con chissà chi lo tormentava.
«Tornerà.» disse speranzoso tra sé e sé, per convincersi da solo. Si poggio sul letto che un tempo avevano condiviso loro due e cadde in un sonno profondo e agitato, senza essere confortato dal calore del corpo di Alec accanto al suo.

Il sole splendeva alto nel cielo, il tempo perfetto per una passeggiata romantica, ma Magnus camminava da solo con le mani in tasca e lo sguardo basso. Era autunno, e attraversava un tappeto di foglie gialle e arancioni che ricoprivano la strada e scricchiolavano, ormai secche, sotto i suoi piedi. Si sentivano gli uccellini cantare e i bambini ridere. Le bambine dai lunghi codini giocavano a Campana mentre i maschietti al gioco dei mostri. Avanzava verso il parco, incrociando gli sguardi felici di coppie appena nate o durate nel tempo. Due vecchi signori che si tenevano per mano. Tutto suggeriva che fosse una giornata felice, ma non per lo stregone. Quanto avrebbe voluto fare la stessa cosa con il suo lui, o meglio il suo ex lui. Da lontano vide una testa bionda ossigenata e riconobbe la figura di Jace, il fratello di Alec. Gli andò in contro speranzoso, forse il ragazzo avrebbe avuto sue notizie, al contrario di lui, che non lo vedeva da quando, mesi prima, in preda all'amnesia varcò l'uscita di casa sua senza più tornare. Si avvicinò sempre di più fino a scorgere una figura dai capelli neri al fianco di Jace. Bastarono pochi istanti per riconoscerlo. Alec gli stringeva la mano e lo guardava con gli occhi azzurri ricolmi d'amore. Come un tempo aveva guardato lui.
«E' tornato da lui!» pensò Magnus portandosi una mano alla bocca dallo stupore. Si avvicinò ai due per accertarsi di non aver sbagliato, ma aveva visto giusto: erano proprio loro che ricambiarono il suo sguardo.
«Magnus!» disse Jace muovendo il viso in cenno di saluto, e accanto a lui c'era il suo amore perduto che lo guardava come se fosse uno sconosciuto. Lo stregone temette che non avrebbe sentito la sua voce neppure quel giorno, ma poi Alec aprì bocca.
«Heilà Magnus.» disse sorridendo.
«Alec, ti ricordi di me?» chiese timidamente lo stregone.
«Sì, ricordo tutto adesso.» rispose il Nephilim.
«Proprio tutto? E allora perché non sei tornato da me, a casa? Perché non mi hai chiamato o risposto ai miei messaggi?» chiese di getto Magnus non curandosi della presenza di Jace e non riuscendo a trattenersi.
«Ehm, ricordo tutto e ricordo di non essere felice con te. Eri solo una copertura, ho sempre e solo amato Jace e lui si è reso conto di amare me. Missione compiuta Sommo stregone di Brooklyn.» rispose con semplicità Alec stringendo ulteriormente la mano del suo parabatai.
Magnus rimase immobile, in silenzio. Fu come se fosse stato trafitto da 300 spade angeliche, tutte dritte al cuore.


Lo stregone si svegliò di colpo in un lago di sudore e con le lacrime agli occhi e il cuore che martellava nel petto.
«Era solo un sogno, un incubo.» si disse mentre tirava un respiro di sollievo e cercava di calmare il corpo che tremava.
«Devo fare in fretta, devo trovare una cura, devo trovare Alec» pensò alzandosi rapidamente dal letto. Aprì il cassetto del comodino e vi trovò una foto di loro due, la prese e la portò sul suo tavolo da lavoro come incentivo. Dopo un paio d'ore, qualcuno bussò alla porta. Magnus aveva la tachicardia.
Se Alec fosse di nuovo ferito? Se fosse Jace, venuto dal il fratello a dichiararsi?
Si fece forza e andò ad aprire la porta: sull'uscio vi trovò il ragazzo con gli occhi azzurri, rivolti verso il parquet casalingo di Magnus. Con un gesto spontaneo, lo stregone lo abbracciò e lo strinse forte mentre il Cacciatore era chiaramente confuso.
«Sei tornato!» esclamò pimpante Magnus, contro la sua spalla, dove aveva appoggiato la testa e premeva gli occhi, per impedirsi di piangere. Alec lo guardava stranito e con un senso di vergogna, era stato un ingrato.
«Per quanto potessi camminare e volermi allontanare da questa casa, era sempre qui che mi trovavo. Saranno i sensi di colpa.» cercò di spiegare il ragazzo.
«Non importa. Vieni, entra.» disse lo stregone per tranquillizzarlo, ma era vero: l'unica cosa che importava era che Alec fosse lì con lui.


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