L'aria era diventata frizzante e Alec e Magnus camminavano a passo svelto per evitare la pioggia che minacciava di scendere copiosa, visto il cielo grigio che incombeva su di loro. Troppo assorti nei propri pensieri, nessuno dei due riuscì –o volle- avviare una vera e propria conversazione; c'era da valutare quanto accaduto in quei giorni che erano stati tutto fuorché noiosi: avevano scoperto tanto...eppure sembrava di trovarsi sempre al punto di partenza. Una volta arrivati a casa, aprendo la porta Alec e Magnus scorsero un foglietto colorato per terra: Alec si abbassò per raccoglierlo e lo avvicinò agli occhi per capire di cosa si trattasse.
«E' un depliant» fece Magnus prendendo tale oggetto dalle mani del cacciatore «del cinema qui sotto. Nulla di importante.» se lo rigirò tra le mani «Ha appena aperto a quanto pare. Oggi proiettano "L'attacco dei demoni"» Lo sguardo di Alec si illuminò e subito si avvicinò per leggere quanto scritto su quel foglio di carta. Demoni, forze maligne, mondo in pericolo, eroi che lo salvano erano tutte cose che lo facevano sentire vivo e che gli ricordavano la sua vita. Magnus si accorse delle emozioni che lo stavano travolgendo. «Vuoi andare a vederlo?» gli chiese con complicità. Senza esitare, l'altro fece un cenno di assenso con il capo, come un bambino che acconsente a prendere un sacchetto di caramelle. Dopotutto, lotte, demoni per lui erano caramelle e senza di esse non si sarebbe sentito completo. Uno scontro diretto contro i demoni al momento era impossibile, ma nulla gli impediva di vedere un film in cui comparivano.
«Perfetto» disse ad un certo punto lo stregone, si avvicinò al ragazzo « Fatti trovare pronto per le 9 di questa sera» gli diede un rapido bacio sulla guancia e si voltò verso la porta, intento a raggiungerla.
«Dove vai?» gli chiese stranito Alec, riprendendosi piano da quel piccolo bacio.
« A prendere i biglietti, ci vediamo dopo» rispose senza nemmeno voltarsi, poi aprì la porta e sparì chiudendosela alle spalle.
Il cacciatore sospirò e si lasciò cadere a peso morto sul divano, chiuse gli occhi e si addormentò.
Era una bella giornata, il sole brillava alto e Alec vestiva un elegante abito oro fatto su misura. Per gli Shadowhunters l'oro era il colore del matrimonio. Il ragazzo si trovava all'estremità di un lungo tappeto rosso, ai cui lati erano disposte tante sedie di vari colori; in fondo c'era un arco fatto di fiori, direttamente sopra a un piccolo leggio destinato al Console.
Era ormai chiaro dove si trovasse, ma chi era a sposarsi?
Si guardò intorno fino a quando non vide avvicinarsi Jace, con in braccio una bambina dagli occhi dorati come i suoi e i capelli del colore del tappeto ai loro piedi.
«Come ti senti?» chiese dolcemente il suo amico.
Stranito da quella domanda rispose esitante un "bene".
«E' un grande passo lo so, essere nervosi è normale. Pensa solo che quando è toccato a me, non trovavo più il mio discorso e ho dovuto improvvisarlo. Combattere contro un demone superiore sembrava più facile» il suo parabatai abbozzò una sorriso, che poi trattenne. «Comunque l'ho guardata dritto negli occhi, le ho detto tutto quello che provavo per lei e ho lasciato parlare il mio cuore: è stato un successone.» questa volta iniziò a ridere e diede una pacca sulla spalla di Alec. «Segui il cuore e tutto andrà per il verso giusto, ne avete affrontate troppe voi due per farvi prendere dal panico.»
A quanto pareva il matrimonio era proprio il suo, ma con chi? Con Magnus? E con chi altrimenti? Sospirò, si lisciò addosso la giacca ben commissionata e guardò fisso le persone che poco alla volta prendevano posto. C'erano tutti: sua madre, suo padre -che stranamente gli strizzava un occhio come segno di consenso- Clary seduta vicino a Isabelle -vestita di uno splendido abito lungo - che stringeva la mano a Simon; tutti i membri del consiglio, il branco e infine, Max. Iniziò la musica e finalmente fu il momento della sua entrata trionfale: niente avrebbe potuto renderlo più felice e elettrizzato, era il suo matrimonio, sposava l'unica persona che avesse mai amato. Si guardò attorno accompagnato da Jace, preceduto da sua figlia Valentina che gettava piano petali di fiori a terra a ritmo della musica nuziale. Quasi arrivato all'altare, Alec scorse una figura quasi nascosta nell'ombra: non vestiva elegante come tutti gli altri, portava un maglioncino attillato nero sul quale si posava una sciarpa azzurra. Sollevò la testa e nel buio scintillarono un paio di occhi da gatto. Magnus. Era sicuramente lui, avrebbe riconosciuto quegli occhi ovunque. Ma se lui era lì, chi stava per sposare? Alec arrivò al suo posto sotto il leggio e aspettò impaziente il suo futuro sposo, il quale lo raggiunse subito dopo. I capelli biondo scuro si intonavano perfettamente con l'abito dorato; il ragazzo gli si accostò e gli prese una mano. Al cacciatore bastò guardarlo in faccia per far salire l'adrenalina a mille, poi ruggì piano a denti stretti «Kyle.»
Alec si svegliò di colpo con il cuore che batteva a mille e il sudore che gli attaccava i capelli alla fronte. Si alzò rapidamente dal divano e guardò l'orologio. Erano passate due ore da quando si era addormentato e Magnus sarebbe dovuto essere già tornato da molto tempo. Alec lo cercò: guardò in tutte le stanze, ma dello stregone nessuna traccia. Preoccupato prese il telefono e lo chiamò; squillò a lungo senza ricevere alcuna risposta, attese un po' e poi gli telefono di nuovo, anche questa volta senza risposta. Preso dalla preoccupazione e dalla rabbia lanciò il telefono contro il muro, facendolo schiantare e aprire sul pavimento. Senza pensarci due volte uscì rapidamente di casa per mettersi alla ricerca del suo ragazzo. Scese di corsa le scale, immaginando ottomila possibili situazioni nelle quali sarebbe potuto finire Magnus; spalancò con forza il portone del palazzo e prima che potesse iniziare a correre spedito si trovò davanti lo stregone, seduto su una struttura di legno con la testa tra le mani.
«Magnus» disse forte attirando l'attenzione dello stregone, che sollevò di scatto la testa e guardò Alec con aria quasi terrorizzata. «Che fine avevi fatto? Mi hai fatto preoccupare.»
«Sono stato in giro» rispose vago lo stregone alzandosi e aprendo il portone, facendo cenno ad Alec di entrare.
«In giro» ripeté stizzito il Cacciatore sollevando il sopracciglio destro in un' espressione scettica.
Rientrarono a casa e Magnus posò con forza i due biglietti sul tavolo e senza fermarsi un attimo si chiuse nel suo studio, mentre Alec si rifugiò in bagno sbattendosi forte la porta alle spalle, facendo vibrare le pareti della camera accanto. Dopo una doccia fredda di circa un quarto d'ora finalmente uscì dal bagno con indosso solo un asciugamano che gli lasciava scoperto il busto muscoloso ricoperto da rune permanenti e dai segni di quelle vecchie. Passò davanti allo studio, la cui porta era semi aperta, ci si soffermò davanti qualche istante fino a quando non incrociò lo sguardo sconvolto e triste di Magnus che si alzò e chiuse la porta, facendo rimanere Alec di sasso. Passarono un paio di ore prima che, stufo della situazione, non bussò alla porta dello studio.
Toc-Toc.
«Magnus, ci sei?» Non ci fu risposta. «dai esci, parliamone». Alec si accasciò a terra con la schiena appoggiata alla porta. «Se ti ho fatto qualcosa ti chiedo scusa, ma esci, ti prego. Dai. Magnus....» il ragazzo sbatté la testa contro la porta. «Ti amo» borbottò piano. Dall'altro lato della porta nessuno fiatò, tutto rimase immobile e silenzioso. Ma Alec avrebbe aspettato seduto lì finché Magnus non si fosse deciso a uscire dalla stanza. Poggiò la testa sullo stipite e chiuse gli occhi.
Passarono un paio di ore prima che quella porta si aprisse. Magnus lo guardò dall'alto e gli tese una mano per rialzarsi «Andiamo» gli fece e guardando la faccia perplessa di Alec che chiaramente non capiva cosa intendesse, spiegò: «Cinema, demoni, mondo da salvare. Ti ricorda qualcosa?» aggiunse usando del sarcasmo molto distaccato. Alec cercò di cogliere la palla al balzo per essere simpatico e sciogliere la parete di ghiaccio che si era creata tra di loro «Sì, la mia vita» fece issandosi da terra intorpidito. Stava per rivolgere una domanda allo stregone, il quale non glielo permise, invitandolo silenziosamente a tenerla per sé. Ad una certa distanza l'uno dall'altro uscirono di casa e si diressero verso cinema in silenzio. Presero posto e attesero che il film iniziasse; Alec cercò di stringere la mano dell'altro, ma Magnus lo scansò facendo sembrare il tutto casuale. Il film cominciò e inizialmente sembrò prendere il cacciatore, fino a quando non apparvero i fantomatici demoni.
«E quelli li chiamano demoni? Church fa più paura! Ma ne hanno mai visto uno? Per l'Angelo.» si zittì notando gli sguardi truci degli altri spettatori che stava disturbando. «Dai Magnus dì qualcosa.» lo strattonò parlandogli sottovoce «dicono che tuo padre è come questi cosi qui. Io mi offenderei.»
«E tu che ne sai di mio padre?» ringhiò lo stregone, prima di alzarsi dalla poltrona e dirigersi a passo veloce verso l'uscita della sala in preda al nervosismo.
«Porca merda» pensò Alec, che subito dopo si alzò e seguì il tragitto fatto dall'altro. Uscì dal cinema e vide Magnus seduto sugli scalini del cinema, gli si accostò e mise una mano sulla spalla «Hey» gli fece dispiaciuto «Scusami, non avrei dovuto dire quella cosa» e vedendo che l'altro non lo degnava di uno sguardo, gli si sedette affianco. «Che ti sta succedendo? E' da quando siamo tornati dal parco che mi eviti»
«Devi dimenticarti di me» lo interruppe lo stregone.
«Cosa?» chiese sbalordito l'altro.
«Dimenticati di me, torna all'Istituto, torna da Jace e da Isabelle e conduci la tua vita da Cacciatore, non cercare di riavere i tuoi ricordi, non ne vale la pena.» fu questa la veloce e confusa risposta di Magnus. Quelle parole sembravano tanti pugnali che trapassavano il cuore di Alec, per poi essere tirati fuori e infilati con forza nel petto. Lo stava lasciando?
«Ma come? Stamattina hai detto che non mi avresti mai lasciato, che mi amavi troppo ed ora? Cosa è successo? Cosa è cambiato? Dimmelo Magnus» lo strattonò quasi con disperazione.
«Non fare domande» rispose lo stregone, secco.
«No io le domande le faccio! E merito una risposta» rispose alzando la voce. La situazione si stava complicando: Alec non aveva mai avuto quel tono con lui, e ciò non prometteva niente di buono. L'armatura di ghiaccio dello stregone si frantumò in mille pezzi davanti ai suoi occhi, l'unica cosa da fare era essere sincero, se lo meritava.
«E' colpa mia se ti è successo tutto questo, forse era meglio che non foste venuti alla mia festa...sarebbe stato meglio» spiegò Magnus a testa bassa.
«Ma a me non importa, non te ne faccio una colpa, non ci ho mai pensato, neppure per un attimo, mai.» cercò di tranquillizzarlo Alec, quasi sollevato che la ragione fosse quella e non un'altra.
«No. Sparisci Alexander, vattene da me.» ordinò non dando conto a quanto detto dal Cacciatore.
«'Fanculo Magnus, stai facendo tutto da solo. Se doveva andare così forse era meglio se non mi salvavi quel giorno, che mi lasciavi morire.» gli rinfacciò per poi andare via, lontano da lui.
Lacrime calde cominciarono a scendere dagli occhi da gatto dello stregone, mentre il ragazzo dai bellissimi capelli corvini si allontanava. Le mani gli tremarono e all'improvviso, in preda alla rabbia, diede un pugno allo scalino di pietra, frantumandolo in alcune parti. Era la prima volta in tutta la loro relazione che si parlavano così e sapeva che era colpa sua, ma non voleva fargli del male, non ancora, non più. Si sentiva responsabile di molte cose: degli sguardi indiscreti del Conclave quando alle riunioni li vedevano insieme, di tutti quei segreti sul suo passato, dei litigi con la famiglia, e adesso suo padre lo aveva attirato a sé e gli aveva rubato ciò a lui più caro: i ricordi. Anche ora l'aveva ferito, con la falsa sicurezza che fosse stata l'ultima volta. Durante la sua lunga vita aveva conosciuto uomini e donne, si era innamorato, aveva sofferto, ma niente era paragonabile a quello che provava per Alec e a quella sofferenza che in quel momento lo avvolgeva come una spessa nube di fumo mentre il suo ragazzo era sempre più lontano. Iniziava già a sentirne la mancanza, delle sue carezze, dei suoi sorrisi, dei suoi occhi che lo guardavano con dolcezza, gli stessi occhi che in lui vedevano una persona da amare profondamente e non un mostro, un demone come tutti gli altri.
Una mano sottile coperta di marchi gli sfiorò la spalla e Magnus, impressionato da quel gesto così improvviso, si voltò di scatto. Era Isabelle in compagnia di Simon, con Jace e Clary. Incuriositi dai demoni erano andati anche loro a vedere quel film, sicuramente urlando quanto indecenti e inesatti fossero quei mostri, così come aveva fatto il suo ragazzo, o meglio il suo ex ragazzo; il solo pensiero che Alec non fosse più il suo ragazzo gli provocò una stretta forte al cuore che per qualche istante gli bloccò il respiro.
«Hei Magnus abbiamo visto, o meglio sentito Alec in sala, dov'è?» gli chiese interessata Izzy.
«E' andato» disse netto e malinconico.
«Come andato?»
«E' tutta colpa mia» non trattenendosi più, le mani ricominciarono a tremargli e dopo poco lo stregone iniziò a piangere.
Assistendo a quella scena, la ragazza fece cenno ai suoi compagni di allontanarsi e gli si sedette affianco, dove poco prima era stato seduto il fratello, con una posizione più aggraziata rispetto a quella avuta da Alec, con le gambe divaricate e il busto praticamente tra esse.
«Magnus cosa è successo?» lo esortò a parlare mettendogli una mano sulla spalla in segno di affetto.
«E' colpa mia Isabelle, lo è sempre stata, l'ho mandato via da me. E' mille volte peggio di quando aveva perso la memoria...almeno sapevo che era con me in quel momento» continuò a piangere singhiozzando ogni tanto.
«Perché dici che è colpa tua? Cosa è successo? Dai parla» fece dolcemente la ragazza.
«Mio padre. E' stato mio padre, lui gli ha preso la memoria per punire me. Non voglio che paghi lui per me, non voglio! Non posso.» si portò la testa tra le mani, mentre i singhiozzi sempre più forti che gli scuotevano il corpo.
«E lui che ti ha detto?» chiese Isabelle, cercando di fargli capire qualcosa.
«Niente...non me ne ha fatto una colpa, è troppo buono » rispose Magnus, quasi abbattuto dal fatto che l'altro non gli avesse puntato il dito contro.
«Non è troppo buono, è solo innamorato. Magnus, lui ti ama. Il modo in cui ti guarda è qualcosa di magico, non l'ho mai visto guardare qualcuno in quel modo. Tu vuoi proteggerlo, ma sa farlo da solo. Ha solo bisogno del tuo amore, senza è debole, vulnerabile, non sembra quasi più mio fratello.» gli occhi di Izzy luccicavano commossi dai sentimenti che il fratello provava per lo stregone.
«Isabelle, non posso assicurargli un futuro insieme, lui invecchierà e io rimarrò sempre lo stesso, come potrà amarmi per sempre?» la sua testa era occupata da una serie di punti interrogativi, domande alle quali non sapeva rispondere.
«Questo lascialo decidere a lui, ora vai a cercarlo, digli che hai fatto una cazzata e che lo ami» gli ordinò Isabelle.
«Mi ha mandato a fanculo» Magnus abbozzò una risata stentata, riprendendosi da quel mare di lacrime e singhiozzi. Era raro che Alec dicesse parolacce, e se lo faceva vuol dire che era molto arrabbiato.
«Beh allora corri!» gridò Isabelle, strattonandolo per convincerlo ad alzarsi e correre via.
Il vento era pungente e pizzicava le guance di Alec sotto il cappuccio scuro, rese ancora più rosse dall'ira.
Come aveva potuto dirgli quelle cose? Cosa era potuto succedere? Ogni volta prendevano decisioni che lo riguardavano senza interpellarlo, ed era stanco di questo. La strada era buia e deserta e il Cacciatore vagava senza meta prendendo a calci tutto ciò che intralciava il suo cammino. Doveva tornare all'Istituto, dalla sua famiglia, ma non era il momento: una strana forza lo teneva lontano da quel luogo, voleva stare da solo e riflettere. Aveva passato quegli ultimi tempi senza ricordare molto della sua vita, affidandosi solo ai suoi sentimenti per Magnus, e adesso che lui non c'era si sentiva perso. Solo, pervaso dall'aria fetida della spazzatura ammucchiata in fondo ai vicoli, e senza ricordi. Non era così facile dimenticarsi di lui: rivedeva i suoi occhi dorati che lo guardavano carichi di amore nel viso di tutti i gatti che trovava in strada. Sembrava sentire il suo tocco sulle braccia, tra i capelli, il suo corpo contro il proprio. Un brivido gli percorse per tutto il corpo, chiuse gli occhi e si abbandonò a quei sensi, immaginando di essere tra le sue braccia, lontano da tutto, lontano dal tempo, lontano dai demoni e dalle magie: ma tutto svanì come fumo, un sogno che in quel momento sembrava lontanissimo dal potersi avverare.
Eppure non poteva essere realmente finita, non dopo tutto quello che avevano passato; Alec in cuor suo sapeva che non tutto era perduto, doveva andare da lui, parlargli e sentire le sue motivazioni. Spronato dai suoi stessi pensieri iniziò a correre in direzione del loft di Magnus senza fermarsi mai: una volta arrivato, avrebbe preso il controllo della situazione. Si fermò sotto il palazzo nel quale aveva vissuto con Magnus in quei giorni, vide che la luce del loft era accesa. Magnus doveva essere tornato a casa, e nel momento in cui afferrò la maniglia del portone, sorsero mille domande: Se davvero non avesse voluto vederlo? Se aveva portato qualcun altro a casa? Vederli insieme sarebbe stato atroce e quasi ci ripensò, ma la gelosia era talmente forte da prendere il sopravvento su di lui. Se avesse avuto l'occasione di trovare il suo nuovo lui o lei, l'avrebbe affrontato: non avrebbe mai lasciato il suo Magnus nelle mani di qualcun altro. In men che non si dica era già fuori la porta: la spinse forte e si precipitò all'interno del loft come se volesse cogliere qualcuno sul fatto. Magnus non c'era, ma al suo posto un uomo era seduto comodamente sulla poltrona.
«Alexander» lo chiamò l'uomo non appena lo vide entrare.
«Magnus aspetta!» lo fermò Isabelle, correndo dietro lo stregone. «Vengo con te» aggiunse rallentando. L'altro fece un cenno di consenso con la testa ed entrambi iniziarono quella loro ricerca. Girarono in lungo e largo nel quartiere ma di Alec non c'era traccia. «Hai già pensato cosa dirgli?» chiese la ragazza per avviare una conversazione. Lo stregone abbozzò un sorriso nervoso. «Penso inizierò dicendo che sono un cretino» disse, facendo ridere l'altra. Sul viso dello stregone era ben nota la preoccupazione per il suo ragazzo fuggito chissà dove. «Non ti preoccupare, lo troveremo» lo rassicurò Isabelle notando la sua angoscia. Dopo aver ispezionato tutta la zona, decisero di tornare all'appartamento, nel caso Alec fosse tornato lì.
«Che ci fai qui? Come hai fatto ad entrare?» chiese sbalordito Alec. camminando lungo il perimetro dell'appartamento come se volesse tenersi alla larga da un demone.
«Una semplice runa d'apertura. Alexander, dovresti saperlo.» disse piano «Dopotutto sei anche tu un cacciatore» ringhiò l'uomo. «oppure hai scelto di non esserlo?» fece alzandosi dalla poltrona.
«Io sono ancora un cacciatore» rispose con tono fermo Alec.
«Ah si? E dove sono i tuoi marchi?» gli si avvicinò «Dove sono?» ormai i due si toccavano. Alec rimase in silenzio senza mai staccare lo sguardo da quello dell'uomo.
«Non essere ridicolo Alexander lascia tutto questo» gridò indicando la casa in cui si trovavano «e torna ad essere un cacciatore, quello che realmente sei!» lo strattonò.
La porta si spalancò con forza e Magnus e Isabelle entrarono in casa rimanendo alquanto perplessi dai loro ospiti.
«Alec.» disse velocemente lo stregone.
«Papà?» fece sbalordita Isabelle.
«Alexander sta tornando all'Istituto Isabelle, per sempre. Non vedrà più questa casa e chi ci abita» la informò Robert Lightwood.
«No!» fece lo stregone avvicinandosi «Non lo permetterò» , queste parole illuminarono lo sguardo di Alec. Magnus gli si avvicinò e gli prese le mani «Ti amo Alec, non avrei mai dovuto dire quelle cose, ero solo spaventato. L'unica cosa che voglio è che tu sia al sicuro».
«Il posto per lui più sicuro è all'Istituto tra i suoi simili, non con un nascosto che vive in una casa delle bambole» si intromise disgustato il padre. Lo stregone continuò a rivolgersi ad Alec un po' irritato da come quell'uomo avesse descritto la sua bella casa «Se vuoi torna all'Istituto, ma non ti allontanare da me, ti prego» fece quasi disperato e impaurito dall'idea di non rivederlo più. Robert fece uno sbuffo quasi ironico, come se considerasse divertente quella situazione.
Magnus lo guardò di traverso «Perdonami ti prego, dimmi che mi ami e che mi perdoni». Gli occhi di Alec si muovevano dal viso del padre a quello di Magnus, per fermarsi poi su quello della sorella che con lo sguardo acconsentiva a ciò che gli si leggeva negli occhi. Avevano questo potere loro, anche solo guardandosi riuscivano a comunicare e a capirsi al volo.
«Tornerò ad essere uno shadowhunter.» disse, vedendo il petto dello stregone abbassarsi come se avesse perso tutto in cui credere «Ma non sarai tu a fermarmi» si girò di scatto e si rivolse al padre. «Amo Magnus , non mi interessa se casa sua sembra quella delle bambole, basta che ci sia lui e io sto bene. Ho diciotto anni, sono un adulto, posso decidere della mia vita e io scelgo di viverla con lui»
Magnus lo strinse a sé in un abbraccio «Ti amo tesoro» e gli diede un bacio rapido.
«Amore?» si intromise Robert quasi sarcastico «E che ne sapete voi dell'amore, siete solo due ragazzini!». Prima che Magnus gli potette rispondere che nonostante il suo aspetto bello, giovane e fresco, aveva qualche centinaio di anni in più di lui, Isabelle prese parola. «Che ne sai tu dell'amore? Tu che hai tradito più volte la mamma? Loro si amano e non puoi fare niente per evitarlo. Ti costerebbe tanto accettare Alec per quello che è? Un ragazzo fantastico, un bravissimo cacciatore e» fece una piccola pausa «tuo figlio». Robert non aprì bocca, rimase interdetto per qualche secondo, poi si diresse verso la porta e prima di andarsene si rivolse un'ultima volta ai ragazzi «Io ti accetto Alexander, vorrei che portassi alto il nome dei Lightwood. Per quanto riguarda te, Isabelle, ci vediamo all'Istituto» uscì e si chiuse la porta alle spalle.
Solo una volta andato il padre, Alec sospirò e sorrise, si staccò dallo stregone e si diresse dalla sorella per poi abbracciarla e ringraziarla per aver preso le sue parti a suo rischio e pericolo. Isabelle era fatta così, avrebbe sempre difeso il fratello anche al costo di mettersi contro il suo stesso padre.
«Adesso devo andare» disse «Ho lasciato tutti gli altri al cinema, si staranno domandando dove sono» li abbracciò un'ultima volta e corse via. I due rimasero soli in casa, si scambiarono occhiate dolci e comprensive.
«E così... scegli di vivere con me?» chiese dolce lo stregone mettendogli un braccio intorno alle spalle
«Perché tu no?» chiese quasi timoroso Alec
« Si, per sempre.» Magnus lo abbracciò «Grazie per avermi perdonato, non sai quanto tu valga per me. Il fatto che tu abbia perso i ricordi per colpa mia mi ha fatto impazzire, pensavo che lasciarti andare sarebbe stata la cosa migliore, ma mi sbagliavo» gli confessò.
«Perderei i ricordi un milione di volte a patto che tu sia con me al mio risveglio.» lo baciò intensamente prendendogli il viso tra le mani e attaccandosi a incastro contro il suo corpo.
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Amnesia
FanfictionE se Alec avesse perso la memoria in battaglia? E se tutti i suoi ricordi di Magnus fossero ormai perduti?