Ciao Papà

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  Alec dormiva tranquillo sul petto di Magnus. Lo stregone, soddisfatto di sé stesso, rivolgeva lo sguardo verso l'alto. Il suo respiro era lento e costante e ogni tanto distoglieva l'attenzione dal soffitto per dedicarla al suo ragazzo, che gli avvolgeva il corpo con le braccia. Magnus gli scostava i capelli corvini e arruffati dalla fronte per baciargliela, ma piano così da non svegliarlo, per poi ritornare ai suoi pensieri.
Quella situazione però si stava prolungando troppo a lungo, anche se tra loro andava tutto bene (forse anche meglio di come andasse prima), Alec desiderava riavere i suoi ricordi e, siccome colui che glieli aveva rubati era niente di meno che suo padre, aiutarlo a riacquistarli sembrava essere il minimo che potesse fare. Purtroppo l'unico a poter risolvere la situazione era lo stesso Asmodeo, Principe dell'Inferno; solo colui che lo aveva privato di una parte della sua essenza poteva restituirgliela. Magnus però sapeva che non l'avrebbe mai fatto per amore paterno, ma in cambio di qualcosa, qualcosa di importante: avrebbe offerto tutto in cambio della felicità di Alec.
Si decise e scivolò lentamente dalla presa del Cacciatore.
Evocare un demone era complicato e richiedeva molto tempo, ma se avesse iniziato subito, sarebbe riuscito a finire per il risveglio di Alec e tutta quella situazione si sarebbe risolta. Preparò tutto in fretta e furia e iniziò: «Padre mio, che sei all'Inferno, sia sconsacrato il tuo nome..»
«Magnus! Cosa stai facendo?» domandò Alec, appoggiato allo stipite della porta della camera, confuso e un po' stordito.
«Sta' indietro Alexander» gli ordinò lui, cercando di tenerlo lontano con il braccio teso e la mano aperta «Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà» continuò lo stregone concentrato.
«Ma cosa ...?» chiese di nuovo Alec, ancora più confuso e assonnato di prima.
«Così all'Inferno come ...» riprese Magnus, alzando sempre maggiormente la voce per sovrastare quella del ragazzo.
«Magnus! No!» urlò e gli si gettò addosso facendolo cadere a terra con il proprio corpo sopra il suo.
«Alec, cosa diavolo stai facendo? Perché l'hai fatto?» gli gridò contro lo stregone, ma smise non appena si accorse che dal viso chino dell'altro scendevano rapidamente delle lacrime.
«Non posso lasciartelo fare, vuoi capirlo? So a cosa andresti incontro, e non voglio che sia tu a pagare.» rispose, quasi singhiozzando, tenendo lo sguardo basso e non guardandolo quasi mai negli occhi. Magnus spostò lo sguardo, non riusciva a vederlo piangere, soprattutto se a causa sua.
«E' colpa mia, è giusto così. Pagherò ogni prezzo purché tu sia felice.» gli rispose.
«Idiota.» fece Alec.
«Cosa?» chiese sorpreso Magnus credendo di aver sentito male.
«Sei tu la mia felicità.» confessò l'altro, guardandolo finalmente negli occhi. Le iridi azzurre erano brillanti di un misto di rabbia e dolore.
Quelle parole erano per lo stregone come uno schiaffo, che però, invece di dolergli, gli riempiva il cuore di gioia. «Oh Alec» disse piano. Gli asciugò le lacrime che continuavano a scendere dagli occhi rossi e lo tirò a sé per baciarlo.
Qualcuno applaudì, interrompendo così quel momento di assoluta intimità.
«Commovente» una voce parlò senza smettere di battere la mani «Davvero commovente.»
I due ragazzi si voltarono di scatto sollevandosi rapidamente. Al centro del pentagramma era apparso un uomo ben vestito. «Magnus, figlio mio» disse.
«Padre» lo stregone ricambiò il saluto con tono freddo e distaccato anche se in realtà era stato del tutto preso alla sprovvista . I suoi occhi fermi e decisi, non lasciavano trasparire nessuna emozione, al contrario di quelli di Alec che subito si incupirono diventando lo stesso colore del mare in tempesta.
«Mi hai invocato Magnus» spiegò il demone al centro del pentagramma, rispondendo alla domanda tacita che entrambi i ragazzi ponevano.
«Come è possibile?» chiese sbalordito Alec «Non sei riuscito a completare il rito»
«A quanto pare è bastato» rispose Magnus non smettendo di fissare il padre.
«Pensavo non avessi più voglia di vedere tuo padre» li interruppe il demone.
«L'intenzione era quella» rispose in fretta lo stregone.
«Non ti sbarazzerai di me così facilmente, ne sei a conoscenza, vero, figlio mio? "Ti invoco e me ne assumo la responsabilità" così cita il rito. Avrai sicuramente qualcosa di importante da chiedermi per farmi arrivare qui da Edom.» annunciò il Principe dell'Inferno. Le pareti colorate erano intrise della puzza di zolfo che ogni demone porta con sé dai propri regni demoniaci, ma questa volta l'odore era diverso; era più acre e meno spiacevole, caratterizzato da uno strano aroma.
«Perché hai attaccato Alec?» gli chiese quasi rabbioso. Non aveva pensato a che discorso fare a suo padre, così lasciò tutto ai suoi istinti.
«Non sono stato io ad attaccarlo» si difese lui, con tono tranquillo.
Tecnicamente era vero, Asmodeo non aveva lasciato il suo regno, ma aveva dato ordine di colpire Alec.
«Lo ami davvero tanto vero?» il tono di voce quasi addolcito del demone confuse il figlio. «Insomma ... incrociare il suo sguardo alla festa ti aveva fatto battere il cuore come non succedeva da tanto.» Magnus non capiva il motivo di quelle parole e a cosa voleva arrivare il padre. «Non ti preoccupare, è stato lo stesso anche per lui, appena ti sei avvicinato ha subito notato il tuo viso ed è rimasto incantato dai tuoi occhi così unici e spettacolari al tempo stesso, che io, tuo padre, ti ho donato. Non osava incrociare il tuo sguardo, un bel ragazzo come te non si sarebbe mai interessato a un misero Cacciatore, soprattutto se nella stessa sala era presente anche il suo parabatai.» raccontò il padre dello stregone.
Alec lo guardava inorridito, sentiva proprie quelle parole uscite dalla bocca del demone all'interno del pentagramma, erano pensieri che aveva fatto, quando appena sveglio incrociò per la prima volta che ricordasse lo sguardo di Magnus.
«Restituiscigli i suoi ricordi» ringhiò lo stregone.
«Lo farò» rispose lasciando di stucco i due che aspettavano una risposta negativa. «In cambio ... della tua immortalità» continuò quasi sorridendo.
«D'accordo.» rispose in fretta il figlio, sbalordendo Alec.
«Cosa?» domandò allarmato il Cacciatore «Morirai se lo farai»
«Lo so» rispose l'altro serrando la mascella, poi si voltò e gli rivolse un'occhiata dolce «Preferisco che mi ricordi come quella persona che ti ha conquistato e che hai fatto innamorare perdutamente, che infine si è sacrificata per te, piuttosto che come un pazzo squilibrato che volevi uccidere al tuo risveglio» disse abbozzando un sorriso.
«Non puoi farlo, ci deve essere un altro modo» cercò di convincerlo Alec, ma l'altro scuoteva la testa affranto. «Non c'è nulla da fare Alexander, ho provato di tutto.»
Il Cacciatore sembrava terrorizzato «Non può essere» ripeté più volte «Ci deve essere un modo, un altro modo»
Magnus lo guardava con compassione e tenerezza, era così bello vederlo tanto preoccuparsi per lui, significava tanto.
«Rinuncio ai miei ricordi» azzardò a dire Alec.
Asmodeo lo guardò con aria interessata, come se stesse guardando la parte più avvincente di una telenovela argentina.
Magnus si mosse per replicare, quando lo interruppe suo padre «In effetti» iniziò «ci sarebbe un'altra merce di scambio»
«Cioè...?» chiese subito Alec, che intanto bloccava con una presa decisa il polso dello stregone, così da evitare che si allontanasse.
«Sangue» spiegò il demone.
«Ti darò tutto il mio sangue se necessario» si fece avanti il Cacciatore.
«Non il tuo sciocco. Che me ne farei mai del viscido sangue di un Nephilim?» replicò disgustato.
«E cosa è che vuoi allora, padre?» chiese lo stregone quasi con tono solenne, che solo il figlio di un potente nobile avrebbe potuto usare per rivolgersi al proprio padre.
«Le fate sono creature così belle, meravigliose, oserei dire. Frutto di angeli e demoni, creature così preziosamente belle nella loro diversità.» alluse Asmodeo.
«Pensavo che i demoni odiassero gli angeli e di certo non li considerassero creature dotate di una bellezza folgorante» fece notare il giovane.
«Perché non dovrei? Sono un demone, uno dei più grandi Principi dell'Inferno, certo, ma prima ero un angelo e come tutti loro sono dotato di una bellezza ammaliante, se non in misura maggiore rispetto agli altri.» spiegò «A quanto pare, il gene è ereditario, non trovi?» chiese con un sorriso beffardo, rivolto al figlio.
«A cosa ti occorre il sangue di fata?» fece Magnus, facendosi scivolare addosso quel tentato complimento.
«A niente, purtroppo: è solo un mio capriccio impossibile da esaudire. Se non mi consegnerete il sangue della Regina delle Fate entro l'alba, prenderò la tua immortalità e la sua giovinezza.» disse Asmodeo.
Ormai il sole era prossimo a sorgere: pochi minuti ed entrambi sarebbero stati spacciati. Magnus si avvicinò ad Alec e mettendogli una mano sulla spalla, sussurrò piano delle scuse, non aveva mai avuto intenzione di coinvolgerlo in quanto stava accadendo. Asmodeo desiderava del sangue di fata, una missione davvero impossibile. L'unico modo per ottenerlo sarebbe stato quello di uccidere o aggredire una fata, infrangendo così gli Accordi e finendo in un mare di guai. Questo sarebbe stato l'unico modo, se solo la Regina non avesse concesso loro il proprio sangue.
"Abbiamo molte informazioni su di lui e su ciò che gli è successo, e su quello che può guarirlo, sarebbe davvero sconveniente se queste informazioni rimanessero solo all'interno del popolo fatato". La Regina sapeva che Asmodeo avrebbe chiesto il suo sangue per metterli in difficoltà e che non ci avrebbe potuto fare niente. Colui che cercava di raggirare non era Magnus, ma suo padre. Un ondata di sollievo li pervase, lo stregone cercò di intrattenere il padre mentre il Cacciatore cercava la fialetta contenente il sangue.
«E così ....» sembrò indugiare « Hai detto che se ti consegnassimo il sangue della Regina delle fate tu ridaresti i ricordi ad Alec?»
«E' esattamente ciò che intendo fare. Ma, ahimè, il tempo scorre e non vedo nessuna fata nei dintorni; farle del male non andrebbe contro i vostri amati Accordi?» iniziò a ridere «Arrenditi Magnus, per voi non c'è futuro, sarete miei.»
«Io non ci giurerei troppo» fu Alec a interrompere quella conversazione. Teneva ben salda nel pugno la fialetta offerta dalla Regina in persona, con in viso un'espressione quanto più vicina a sembrare sadica, si avvicinò a Magnus e gli strinse la mano.
Il demone notò la fialetta e rimase alquanto deluso, per la prima volta aveva fallito. I due ragazzi si avvicinarono alla figura disegnata sul pavimento del salone e con estrema cautela offrirono l'oggetto vetrato ad Asmodeo, che lo accettò senza indugiare.
«Un patto è un patto» rispose infine, anche se avvilito, prima di dileguarsi nel nulla, lasciando al suo posto una fitta nube bluetta.
Magnus sorrise compiaciuto di quanto avvenuto ma, non appena si voltò verso il ragazzo, lo vide cadere come un peso morto. Lo fece stendere a terra tentando di fargli aprire gli occhi, ma niente sembrava funzionare. Alec aveva perso i sensi.


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