Angie non riusciva a credere a se stessa. Non poteva aver appena compiuto il più codardo e più vile gesto che potesse compiere, non poteva. Non era possibile che fosse davvero appena corsa via dall'aula del tribunale, ignorando Louis, lasciandolo a braccia conserte e con un'espressione confusa sul volto. Avrebbe potuto almeno ringraziarlo, dirgli che era stata contenta che si fosse presentato, dopo tutto, scusarsi delle acide risposte che gli aveva dato nei messaggi, non sapeva neanche lei cosa avrebbe potuto fare. Ma il punto era che non l'aveva fatto. Era soltanto uscita dall'aula a passo spedito, sentendo su di sé lo sguardo del ragazzo come fosse fuoco che la bruciava. E poi aveva cominciato a correre sul serio, ignorando anche la difficoltà che le scarpe col tacco le stavano creando, fino a vedere l'uscita del tribunale, guardandola come la porta verso la salvezza, rallentando appena solo quando si trovò all'aperto, sul gradino più alto delle scale. Prese fiato, poggiò la borsa sul corrimano, poi la rimise in spalla e riprese il suo percorso, fino al taxi nero, libero, che miracolosamente si fermò davanti a lei al primo colpo.
Angie salì, ma non riuscì a chiudere la porta: qualcosa, o meglio qualcuno, la stava bloccando, seppure l'espressione sconcertata e l'esclamazione del tassista fossero inequivocabili.
"Sono con lei signore, è tutto a posto. Ci porti dall'altra parte della città per favore, dove vuole, l'importante è che la corsa sia lunga" Sostenne Louis, passando sul piattino del tassista una banconota da cento sterline, sotto gli occhi spalancati dell'uomo, che in poco tempo si riprese, prese i soldi e annuì a Louis, chiudendo la piccola porticina che separava il sedile anteriore da quelli posteriori e lasciando ai due quanta più privacy possibile.
"Si può sapere che hai adesso? Ti ha fatto tanto schifo stanotte che ora sono diventato una... una specie di lebbroso?" Domandò Louis a bassa voce, cercando senza successo gli occhi di Angie, che scosse la testa ma rimase muta. Come poteva aver fatto schifo la notte precedente.
"Questa è bella - rise sarcastico Louis - proprio cercando un confronto, ho zittito l'avvocato Angelica Lowe"
Si buttò sul sedile, pronto al prossimo attacco, mentre la ragazza accanto a lui spostava testardamente gli occhi dai piedi al finestrino opposto. Le prese la mano, poi delicatamente con quella libera prese il viso di lei, voltandolo verso di lui, seppure gli occhi di lei fossero ostinatamente abbassati.
"Guardami Angie, per favore. Me ne devi anche uno, dato che sono venuto al processo"
"Ti avevo detto di non venire, non mi hai fatto un favore, hai solo fatto di testa tua" Mormorò Angie, guardando la sua mano in quella di lui, leggermente più grande.
"Bene, ora che hai parlato mi vuoi dire cosa ho fatto per meritarmi questo magnifico trattamento?" Insistette Louis, indeciso se sfogare la rabbia crescente o tentare in tutti i modi di rimanere calmo. Era difficile, perché se da una parte voleva urlare in faccia ad Angie di reagire, parlargli, guardarlo, dall'altra gli sarebbe andato benissimo anche baciarla fino a sciogliere la negatività che percepiva in lei.
"Vuoi sapere che succede? Succede che non so più cosa pensare. Non so se te lo meriti questo trattamento e non so nemmeno perché mi comporto così - Spiegò Angie, continuando a schivare il volto di Louis - il fatto è che chi mi può garantire che tuo padre non abbia visto giusto Louis?"
Louis rimase impercettibilmente scioccato dalle parole di Angie, costruendo sulla sua faccia un'espressione sconvolta ma altrimenti indifferente.
"Cioè pensi che io stia facendo quello che faccio per dispetto a mio padre?"
"Sì. No. Non lo so, ti ho detto che non so cosa pensare!" Sbraitò Angie, costringendo Louis a imporle di abbassare la voce. Mancava solo il segno di cinque dita sulla guancia di Louis, tanto bruciava quello che Angie aveva appena detto.
"Siamo sempre lì Angie, continui a credermi un idiota di cui non ci si può fidare" Mormorò a occhi bassi; Angie accusò il colpo, aprendo gli occhi, poi allungò le braccia su Louis, che, non appena entrarono in contatto, si scansò, alzando lo sguardo su Angie.
"Non venire a raccontarmela adesso - Louis interruppe Angie prima ancora che cominciasse a parlare - tanto non è che io abbia litigato due ore con mio padre per il tuo cazzo di processo, no, basta che un uomo in preda alla rabbia butti lì due o tre frasi idiote e senza senso né fondamenti e tutto cambia. Fatti portare dove vuoi dal tassista, tanto la corsa è pagata"
Detto ciò, Louis batté due volte sul vetro del tassista, chiedendogli poi di fermarsi non appena possibile. Erano dalle parti di Regent's Park, da quel che vedeva, ma non sarebbe stato un problema per lui tornare a casa da lì. L'autista si fermò, fece un segno per ringraziare Louis, poi si voltò verso Angie, che fissava il ragazzo quasi impietrita, prima di riscuotersi e prendere il braccio di Louis perché la aspettasse prima di chiudere la porta.
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Trouble - Louis Tomlinson
FanfictionTutti, nell'area aristocratica di Londra conoscono i Tomlinson. Conoscono il prestigio e la ricchezza di questa famiglia, sanno che le proprietà di East London hanno tutte la stessa firma. Tutti a Londra conoscono l'erede ribelle, la pecora nera di...