CAPITOLO 6

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~ Haven, per favore.~ sospirò Victoria abbassando il capo.
~ Si può sapere perché vengo a sapere tutto dopo? Prima il tuo matrimonio, ora questo!~ sbottò la ragazza lanciando nel lavello il contenitore pochi minuti prima pieno di riso.
~ Ti interessa così tanto?~ chiese sua madre con una sfumatura sarcastica nella voce.
~ Diciamo che almeno avrei trovato un buon posto dove nascondermi.~
~ Haven...~
~ Cosa?!~ esclamò.
~ Per favore.~ ripeté quasi supplichevolmente.
L'espressione sul viso di Victoria costrinse la ragazza a voltarsi, chiudere gli occhi e prendere un profondo respiro. Come poteva ignorarla?
Dopotutto Haven sapeva meglio di chiunque quanto fosse difficile la vita di sua madre. Crescere da sola una figlia non era stato uno scherzo, soprattutto per ciò che Haven rappresentava.
Era a conoscenza di quanti sacrifici avesse fatto quella donna unicamente per lei, ma nella sua mente da adolescente c'era comunque quel pizzico di egoismo che la spingeva a fare parecchi pensieri lamentosi nei quali citava sempre il lavoro di sua madre, la solitudine che doveva affrontare ogni volta che tornava a casa e la mancanza di uno di quegli splendidi momenti madre-figlia, per poi pentirsene subito dopo ovvero quando il suo cervello maturo le ricordava quanto avesse veramente fatto per lei.
~ Io...non...~ iniziò a balbettare.
Ogni volta che si trovava in un momento simile con Victoria sembrava perdere il dono della parola. O, almeno, quello di metterle in fila sensatamente.
Appoggiatasi alla lavastoviglie posta sotto il lavello prese a passarsi nervosamente le mani sul viso e tra i capelli.
Strinse con forza le dita attorno al bordo in legno del mobile ed emise un lungo sospiro.
"Tanto non c'è niente da fare." si disse.
"Si sposeranno e quei rompipalle verrano a vivere qui. Non esiste nulla che possa cambiare le cose, quindi tanto vale fare buon viso a cattivo gioco. Che mi costerà una cena? Poi, se Noah è così gentiluomo come lo descrive mamma pagherà lui."
Tornò a voltarsi verso Victoria che intanto aveva atteso impazientemente le parole della figlia e puntò, seppur a fatica, gli occhi sui suoi. Erano identici e la cosa la preoccupava; ogni volta che quelle iridi castane riflettevano tristezza o dolore (piuttosto spesso da quando Haven era diventata un'adolescente) le pareva che anche una parte di lei facesse lo stesso.
Sospirò ancora ed andò a sedersi dov'era prima.
Victoria la fissava quasi senza batter ciglio. Il suo sguardo parlava chiaro; chiedeva alla figlia di non opporsi a quella che sarebbe stata per lei una gioia più che grande.
Haven sapeva benissimo che sua madre non aveva avuto molti motivi per essere felice e non voleva negargliene uno dei migliori ma era a dir poco furiosa per esser stata lasciata fuori da tutto.
Aveva scoperto casualmente che sua madre doveva sposarsi e subito dopo le era stato detto che avrebbe avuto cinque cavolo di fratelli. Se non avesse scoperto da sola delle nozze chissà quando l'avrebbe saputo!
Era arrabbiata con lei per averla messa da parte su una cosa così importante e non poteva negarlo.
~ Quando l'avrei saputo?~ le chiese seria.
~ Appena ci fossimo visti, te l'assicuro.~ rispose subito.
~ So di aver sbagliato, tesoro. Mi dispiace tan...~
~ No, è colpa mia.~ la interruppe Haven. ~ Non mi sono interessata quanto avrei voluto. Trovo che Noah sia una bella persona e spero che tenga a te abbastanza per diventare suo marito. Questo è quello che penso. Dovevamo parlarne prima. Sappi che a me interessava il tuo rapporto con lui ma...~
~ Ma?~
~ Ma non volevo sembrare impicciona. Ho paura che tu possa trovare qualcuno che non ti merita o peggio che ti faccia del male. Per questo ero un po'...sospettosa con Noah. Non voglio che qualcuno ti faccia soffrire ulteriormente. A quello ci penso già io, no?~ disse con un sorriso amaro.
Sapeva di essere una ragazza difficile da gestire. Si sforzava di non darle problemi di tipo scolastico, ma non le riusciva bene. Nonostante questo sentiva come se non fosse del tutto colpa sua. Sua madre lavorava molto e quello era un dato di fatto. Di conseguenza Haven si sentiva piuttosto sola così, seppur incoscientemente, quando rivedeva la madre non poteva fare a meno di essere scortese e arrabbiata per quanto poi se ne pentisse.
~ Haven...~ sbuffò Victoria alzandosi ed abbracciando di slancio la figlia.
~ Mamma!~ protestò lei chiudendo le braccia intorno ai fianchi della madre. ~ Okay, ma'... Ma'...non respiro!~ strillò ridacchiando.
Finalmente Victoria la lasciò, prendendole il viso tra le mani e sorridendole. Era da un po' che non si abbracciavano.
La ragazza si alzò in piedi, prese le mani della madre e le osservò con attenzione.
~ Che c'è?~ chiese la donna preoccupata.
Haven non rispose, bensì continuò a guardare ogni centimetro delle lunghe e curate dita.
~ Ti posso fare io le unghie quando ti sposerai?~ domandò infine Haven rivolgendo lo sguardo a Victoria che tirò un sospiro di sollievo.
~ Certo, tesoro! Anche il trucco se vuoi!~ rispose raggiante.
Ad Haven si sollevò un po' il morale trattenuto prepotente,ente a terra dalla prospettiva di una cena ed una vita con i cinque fratelli.
~ Dunque?~ fece la ragazza.
~ Mmh?~
~ Per la cena. Se mi vesto tutta rosa e fiocchetti rischiano di illudersi che avranno una sorella normale e non andrebbe affatto bene.~ disse seria.
~ Bhe, tu come vuoi vestirti?~
~ L'uniforme non credo sia adatta. Pensavo ai jeans, quelli azzurri e alla t-shirt viola.~
~ Quali jeans?~ chiese Victoria sperando che la figlia non intendesse gli stessi ai quali aveva pensato lei.
~ Dai, ma'... Quelli che ho messo lo scorso weekend... Ti ricordi?~
~ Haven quelli non sono jeans, te l'ho già detto. Sono brandelli di tessuto malamente attaccati.~ la rimproverò incrociando le braccia sulla fine giacca turchese intonata alla gonna.
~ È inutile, mamma. Se speri che mi vesta come tu ti vestivi alla mia età, scordatelo.~
~ Non voglio che tu ti vesta come mi vestivo io, ma non mi sembra di pretendere tanto chiedendoti semplicemente di vestirti!~
~ Tette e culo sarebbero completamente coperti, il che è già tanto considerando gli standard che ha raggiunto il mondo.~ ribatté imitando la madre.
Sembravano due sorelle nel bel mezzo di un infantile litigio. Haven era qualche centimetro più bassa di sua madre, ma fortunatamente il suo portamento preciso le faceva guadagnare un po' di vantaggio.
~ Prima ci sono i miei standard. Poi quelli del mondo.
~ Ma tu sei così...~ protestò lei bloccandosi a metà frase.
Victoria, sentendo volare nell'aria una muta critica insolente, incitò la figlia a parlare rivolgendole una dora occhiata di sfida.
~ ...elegante e...sofisticata...~ balbettò incerta la ragazza. ~ Sono complimenti in genere.~ aggiunse quando l'espressione di sua madre non mutò per nulla.
~ A quale t-shirt ti riferivi?~ sbuffò la donna per cambiare discorso.
~ Cac...volo, ma'! Mi vedi quando mi vesto?!~ esclamò scocciata. ~ Vieni.~ le disse poi avviandosi su per le scale.
Dopo qualche secondo, non udendo passi dietro di sé, Haven si voltò, individuando di sfuggita il profilo di sua madre che entrava nell'ascensore di cui era dotato l'albergo.
Sbuffò roteando gli occhi e aumentò il passo per raggiungere in fretta la sua camera. Lei prendeva sempre le scale per vare esercizio e dopo svariati anni la cosa cominciava a dare i suoi frutti, mentre Victoria era più un tipo da ascensori.
Terminati i gradini, si avviò velocemente verso la stanza adiacente alla sua adibita a cabina armadio.
Sua madre non l'attendeva fuori come aveva sperato, bensì era entrata ed osservava con gli occhi spalancati il disordine in pieno stile Haven che regnava lì dentro.
Due armadi ad angolo, uno di fronte all'altro, occupavano le pareti più lunghe mentre ai lati della finestra vi erano due serie di attaccapanni ai quali la ragazza appendeva giacche, giubbotti e felpe insieme a tutta la serie di sciarpe e foulard.
Né lei né Victoria facevano il cambio dei vestiti durante l'anno perché utilizzavano gli immensi armadi dell'albergo che contenevano a meraviglia tutte le loro cose.
Haven conservava gli abiti estivi e primaverili in un armadio e quelli autunnali ed invernali nell'altro, con i relativi accessori.
Sotto alla finestra stava una piccola scrivania sulla quale teneva tutti i portagioie che aveva accumulato e che eccedevano soprattutto di orecchini, anelli e collane.All'interno della cabina dell'armadio estate-primavera Victoria aveva fatto costruire un tavolino con sedia e specchio dove la ragazza teneva tutta la sua enorme collezione di cosmetici.
In un cassetto, diviso in settori, vi erano le matite per gli occhi, i mascara, gli ombretti, gli eye-liner e diversi fard di varie tonalità che costituivano le scelte di regali più frequenti dei suoi amici; nell'altro, invece, teneva tutti i suoi smalti in ordine di colore insieme ai solventi, ai pennellini ed ai vari accessori per una manicure perfetta.
Sopra al mobile, pronto ad ogni evenienza, c'erano le creme con le quali copriva i rari ma comunque terribilmente fastidiosi brufoli rossi che usavano spuntarle sul naso e sulla fronte come allarmi programmati per avvisare Carson di ogni sgarro alla dieta, l'eye-liner ed il mascara nero ed infine il rossetto color mirtillo di turno.

Brotherly Love - Cinque fratelli di troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora