CAPITOLO 7

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1

~ Cos'è questa confusione?!~ esclamò Victoria atterrita, spostando lo sguardo dalle maglie buttate sulla scrivania ai jeans poggiati sull'anta di un armadio alle scarpe sparse in un angolo.
~ È la mia camera armadio.~ rispose Haven senza batter ciglio.
~ Dimmi che hai adottato di nascosto uno scimpanzé che ha fatto questo casino. Lo preferirei.~
~ Ce l'hai davanti lo scimpanzé. Ora aiutami a vestirlo.~ ribatté la ragazza gettandosi in mezzo alla montagna di vestiti stipati in quella camera e trascinandosi dietro la madre. ~ Allora...~ iniziò frugando nei cassetti.
Tirò fuori una decina di magliette che posò sul cassettone ed estrasse la t-shirt viola della quale parlava prima, per poi rimettere tutto in ordine.
Nel suo concetto di ordine, ovvio.
~ Pensavo a questa e...~
~ Ma è così...~ la interruppe Victoria fermandosi quando Haven la interruppe a sua volta con un gesto.
~ Aspetta, non ho finito.~ disse tirando giù i jeans celesti dall'anta dell'armadio.
Li sbatté un po' per stirarli e li stese davanti agli occhi della madre che scuoteva la testa con rassegnazione.
~ Davvero non vuoi che te li butti? Tesoro, sono in uno stato pietoso!~ protestò la donna il cui senso dello stile stava subendo un serio affronto.
~ No. Scordatelo. Non hanno nemmeno due anni e sono esattamente com'erano quando li ho comprati.~
~ Appunto! Hai speso dei soldi per quest'orrore. Io non l'avrei mai fatto.~
~ Senti, non tutti amano le gonne vintage come te. E, se permetti, è già tanto che vada a quella cena quindi mi vesto come voglio.~ ribatté facendosi seria di colpo.
Victoria capì che con lei non poteva sperare di ragionare su niente. Doveva dargliela vinta.
~ Va bene, fai come vuoi. Tanto anche se ti facessi vestire diversamente porteresti questa roba al ristorante per cambiarti in bagno.~ mormorò premendosi le tempie con le dita.
~ Ottimo. È bello che tra madre e figlia ci si conosca così bene.~ fece la ragazza allargando il sorriso. ~ Vuoi decidere le scarpe?~ le chiese infine, come una piccola concessione.
Senza dire una parola la donna si diresse verso il mucchio di calzature sparse sul pavimento e prese ad esaminarle con attenzione.
~ Tacchi.~ disse dopo qualche secondo. ~ Non voglio che ti senta troppo bassa.~
Haven roteò gli occhi ammettendo, nella sua testa, che era la stessa cosa pensata da lei.
~ Queste.~ fece Victoria sollevando un paio di scarpe col tacco circa di dieci centimetri, aperte e di pelle nera con un cinturino sottile che andava avvolto intorno alle caviglie.
Nemmeno Haven riuscì a fare la difficile. Era una scelta più che perfetta.
~ Okay. Ci stanno.~ disse prendendole.
~ Perfetto.~
Entrambe si diressero nella stanza della ragazza dove lei posò vestiti e scarpe.
~ A che ora è la cena?~ chiese.
~ Alle otto. In quel posto dopo l'incrocio di quel centro commerciale a circa un chilometro da qui.~
~ Quel ristorante con il tappeto rosso all'ingresso?~
~ Sì, esatto.~
~ Cavolo...~ mormorò lei.
~ Cosa?~
~ Ha gusto il tipo.~ commentò.
Victoria si lasciò andare in una sottile risata, di quelle che si sentono fare da chi è così sentimentalmente coinvolto da essere imbarazzato e al contempo felice delle considerazioni altrui.
Haven osservava con attenzione la madre, comprendendo quanto forte fosse l'amore che provava per Noah. Lei di amore non ne sapeva molto. Aveva passato tutta la vita con i suoi amici e raramente ne aveva aggiunti altri alla lista.
Era come se tutta la gente che conosceva fosse distribuita in caste, e non era possibile passare dall'una all'altra. O almeno si trattava di un'impresa parecchio difficile.
Ma negli occhi di Victoria vedeva qualcosa di bello, che la faceva stare bene. Ed era esattamente ciò che voleva per lei.
Sua madre meritava di stare bene. Magari non sarebbe stato nemmeno terribile. Avrebbe dato una possibilità a Noah, e forse mezza possibilità ai figli. Mezza per tutti, non a testa.
Ma alla cena avrebbe deciso tutto. Era stata decisamente precipitosa e lo sapeva, dunque doveva analizzare al meglio possibile quei ragazzi.

2

Il tempo non era mai passato così in fretta; più di due ore volate, spazzate via ritmicamente dal ticchettare dell'orologio senza che nessuno se ne rendesse conto.
Dopo una breve chiacchierata con la madre Haven si era fatta un bagno profumato con contorno di musica ad alto volume e tante, tante bollicine, ognuna delle quali racchiudeva in sé ansie e paure, insicurezze e agitazioni della ragazza. Scoppiandole, Haven immaginava di farle sparire alleggerendo quel peso sul suo petto.
Dopo aver passato quarantacinque paradisiaci minuti a mollo si era asciugata, ritoccata la ceretta e sistemata i capelli lunghi.
Victoria le diceva spesso che aveva dei capelli splendidi; lunghi, lievemente mossi e  fluenti. Avevano il medesimo colore degli occhi ma ogni tanto, specialmente in estate, spuntava fuori qualche ciocca più chiara o magari rossiccia.
Per quanto amasse i suoi capelli Haven odiava lavarli per il semplice motivo che spesso e volentieri impiegava quasi delle ore intere unicamente per asciugarli. Quel giorno però il sole splendeva alto nel cielo, solitario data l'assenza di nuvole e quindi si era potuta permettere di lasciarli giusto un po' bagnati in fondo alle punte.
Non avendo nulla da fare, esclusi i compiti dalle opzioni, si era vestita e truccata. Mancavano solo gli accessori.
La pelle dell'addome era abbronzata dalle ore di allenamento all'aperto e contrastava bene con il viola ametista della corta t-shirt il cui bordo arrivava poco sopra l'ombelico e la sfumatura grigiastra dei jeans era riflessa dalla scritta metallizzata in caratteri cubitali sul seno della ragazza, "MYSELF", chiusa in un rettangolo anch'esso metallizzato.
Indossò una collana dalla lunga catena il cui ciondolo -la caricatura di un angioletto- svolazzava sotto alla scritta.
Non avendo voglia di togliersi gli orecchini stabilì che andavano benissimo quelli che aveva già e allacciò al polso sinistro un braccialetto d'argento collegato con tre sottilissime catenine a tre anelli anch'essi in argento, infilati nel pollice, nel medio e nel mignolo.
Ammirato il proprio riflesso allo specchio, stabilì di essere pronta e perfetta dunque prese a scendere le scale con saltelli aggraziati.



Brotherly Love - Cinque fratelli di troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora