Through the dark.

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Dopo che western aveva giocato - e perso 2-1 -, quella stessa sera, mi parve di vedere Michael a il western dinuovo, con quella specie di malvivente, uno dei tipi che si bucavano, quello di cui sapevo il nome: Chuck. Dal piccolo balcone della 134, li avevo visti. La testa colorata di Michael era riconoscibile in ogni dove, mentre quel tizio aveva proprio lo stesso viso definito di quel Chuck, ecco perché mi dissi che fosse lui. Discutevano animatamente, questo era certo, gesticolavano e poi vidi la mano di Michael raggiungere il colletto del giubbotto di quel Chuck.
Cominciai a farmi mille domande, tipo "e se si pestano?", volevo fare qualcosa, ma ero assolutamente impotente.
Poi decisi di mandare un messaggio a Michael.

che stai facendo con quel tizio, testa di cazzo.

E allora lo vidi prendere il cellulare dalla tasca, lo si capiva perché la luce che filtrava dal telefonino era forte. Alzò la testa verso i dormitori, e finalmente incontrò i miei occhi. Seppur lontani, potevamo tranquillamente squadrarci per bene.
Allora rispose al mio messaggio, e mi dissi che non sarebbe cambiato mai.

pensa agli affari tuoi, torna in camera.

In camera non ci tornai, ovviamente. Ma per fortuna, vidi quel Chuck andare via.

va a farti fottere, Michael.

Gli inviai ancora. Non ricevetti risposta, così mi misi a dormire.
Mi svegliai il giorno dopo alle sette del mattino, ché la sveglia trillava e faceva tirar giù delle bestemmie a Luke da brividi.

《E calmati cazzo, è solo una sveglia.》gli dissi ritrovandomelo nel letto affianco《non ti ho sentito entrare ieri notte.》

Lui si prese qualche minuto per aprire gli occhi e connettere,《Dormivi come un ghiro, ho cercato di fare meno rumore possibile.》

Annuii《A che ora sei tornato?》

《Forse all'una, non ricordo.》

Luke si alzò, andò in bagno e poi si vestì dinanzi a me, come se fosse una cosa normale. Quel petto che si scontrava con il tessuto della felpa che stava indossando, quei capelli spettinati, ti facevano mozzare il fiato.

《Tu non ti alzi?》

《Non ho voglia di andare a lezione, questa mattina.》

《Forza muovi il culo,》mi disse《vestiti in fretta che andiamo a far colazione.》

Sbuffai, ma infondo non mi andava di ribattere, Luke era scontroso e imponeva la sua volontà: era questa la parte del suo carattere che mi faceva arrabbiare. Mi alzai dal letto comunque, mi lavai velocemente ed indossai il primo jeans che vidi con una felpa nera.

《Non lo fai il corso di ginnastica oggi?》

《Stai scherzando, non è così?》dissi ridendo nervosamente. C'era una specie di conflitto tra me e la ginnastica, a quel tempo la reputavo una cosa inutile. Lui scosse la testa, preparò il suo borsone con le asciugamani ed il cambio ed io stetti a guardarlo.
Presi la mia borsa con i miei sacrosanti quaderni di filosofia e psicologia, e chiudemmo la porta. Roba che tutte le mattine era così, era una routine spaventosa ma che non mi dispiaceva.

Scendemmo ed arrivammo alla caffetteria dove il solito tizio faceva il turno al posto di Luke.

《Due cappuccini e due cornetti.》annunció Luke al barman.

《Un caffè per me.》una voce dietro di noi si fece sentire ed io la conoscevo, la conoscevo benissimo. Lo guardai fisso, l'episodio della sera precedente non me lo sarei mica scordato. Lui mi guardò a sua volta, la faccia di un disgraziato che non aveva chiuso occhio quella notte.

Tra i libri di psicologia. || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora