Parte 3

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"Mamma, mamma andiamo su veloce dai."
"Arrivo tesoro, con calma arriviamo."
Luci, suoni, urla, movimento: il luna park.
"Mamma autoscontri perfavore"
"Certo piccola jessy."
Divertimento, urla, sbattimenti, gioia: gli autoscontri.
"Andiamo dai tesoro, papà ci aspetta a casa é tardi" "Va bene mami"
Buio, ronzii, ombre, spari, sangue, la mamma a terra, lacrime, urla, sirene, papà, silenzio.

Oh dio mio. Di nuovo questo fottuti incubi. Vengo scossa da mio padre. Probabilmente stavo urlando. Sono sudata, le coperte a terra e mio padre preoccupato che tranquillizza me.
Nonostante tutto, nonostante gli psicologi e la mia famiglia, gli incubi non sono passati, come nemmeno la paura. Anzi mi hanno fatta diventare fredda, acida, distaccata.
Io e mio padre andiamo in cucina a prendere dell'acqua ma non diciamo niente. Non servono parole in questo momenti. Solo sguardi, carezze e vicinanza. Non servono persone estranee, non capirebbero il dolore e la sofferenza che si prova in determinati casi e momenti.
Andiamo in sala e accendiamo della musica, e tra le braccia di mio padre e quelle di morfeo cado in un sonno profondo, non é tormentato pero ce sicurezza.
La sveglia. Dio, perche esiste. Mi alzo senza voglia e mi vesto semplice con blue jeans stretti e una felpa enorme gialla dei minions, mascara e via. Tolgo le lenzuola del letto, sono fradici quindi meglio toglierle.
Scendo in cucina e trovo mio padre che cucina dei pancake, o almeno ci prova. No ma aspetta mio padre che cucina??
"Buongiorno, come mai tutta questa voglia di fare stamattina?" dissi io mentre assaggio la sua creazione che non é neanche tanto male. "Stamattina dovró concludere un importante contratto, e ho bisogno di energie; e come meglio ottenerle se non con una bella colazione, la tua meravigliosa figlia e un suo sorriso?"
La sua era una richiesta; non sorrido spontaneamente e per davvero con lui da tanto, troppo tempo, e mi dispiace che sia cosi pero non posso nemmeno obbligarmi.
"E se finirà bene questo contratto cosa succederà?" dissi io ignorando il resto delle opzioni. A mio padre gli piace che si chieda del suo lavoro. É come se lo elogio.
" Se finiremo positivamente il tutto diventeremo soci in affari e stasera andremo a casa loro a festeggiare e ci sarà anche suo figlio. Penso venga a scuola con te."
"A va bene. Bello." ero sovrappensiero, stavo ponsando a stanotte, all'incubo, e a come si é comportato mio padre. Di solito non fa cosi.
"Cosa succede?" mi disse mio padre ansioso e preoccupato.
"Niente devo andare, sono in ritardo, Ciao." Il che era vero, almeno in parte.
Arrivo a scuola e contro chi mi imbatto? In chi non voglio vedere.
"Buongiorno bocconcino" disse con una voce tremendamente rauca da far male.
"Primo non mi chiamare bocconcino, secodo buongiorno un corno, io ti odio." dissi acida e me ne andai via ignorando cosa stesse bofonchiando.
Entro in classe e tutti ridono di sottofondo; non voglio neanche sapere perche cosi striscio fino al mio banco.
Oggi ho educazione fisica, e finalmente arrivano quelle due bellissime ore. Mi sento libera durante questo tempo. Mi cambio, metto un pantaloncino da calcio, maglia larga e nike ai piedi. Iniziamo con un riscaldamento di dieci minuti di corsa ritmata e poi un po di rilassamento muscolare. Il prof ci obbliga a fare step prima di gioco libero. Odio ballare o tutto cio che implica movimento dei fianchi. Pero faccio passare questi venti minuti e finalmente giochiamo a calcio. Questo si che é uno sport, un movimento e vita. E indivinate, sono l'unica ragazza a giocarci, ma la cosa non scandalizza ne me ne i miei compagni di classe. Purtroppo passano veloci queste due ore, e torno in spogliatoio a cambiarmi. Sono l'ultima ad entrare e per questo é quasi mezzo vuoto e mi va bene cosí.
Esco e la campanella é suonata da circa tre minuti. Mentre vado in stazione incontro di nuovo la ragazza del locale, la quale mi sporcó tutta. La fermo tirandola per il braccio e lei mi guarda con timore quasi. "Tranquilla non voglio farti niente, volevo chiederti scusa per l'altra volta e presentarmi."
"Ah.. Ehm.. Si.. Scusa.. Cioe grazie" disse lei timida; mi fece tenerezza.
"Piacere Jess, in realtà Jessica, ma chiamami con il mio nomignolo." "oh, ehm, bel nome.." " e tu sei...?" "oh io si, sono Alessia, piacere" "Piacere mio. Che ne dici di andare a pranzo insieme? Magari non mi versi il cibo in testa ahaha" lei arrossisce e la cosa mi fa sorridere.
Non so perche ma mi rilassa stare con lei, mi sento a mio agio, a casa. Andiamo al MC, una cosa semplice e veloce, più o meno. Parliamo molto, circa due ore. Ci conosciamo e mi rendo conto uno che non abbiamo nulla in comune, due che non ho mai parlato cosi con nessuno. Mi rifiutavo di aprirmi. Ovviamente non ho detto molto, solo le cose rilevanti che sanno tutti, pero per la prima volta le ho dette io invece che farle scoprire a lei. Ho scoperto che nonostante lei sia timida, ha una parlantina di quelle esuberanti, che ti tengono occupata, felice e ti distraggono dalla realtà. All'inizio stavo attenta ma poi mi sono persa. Assomiglia molto a qualcuno, ma non mi ricordo, non riesco a collegare. É solo un anno piu piccola di me.
A svegliarmi dai miei pensieri ce lei " E' tardi, mio fratello mi ucciderà. Mi dai il tuo numero cosí ci manteniamo in contatto?"
"Ehm si certo". Gli do il mio numero titubante, non credo mi scriverà spesso peró non si sa mai.
Torno a casa e papà é già a casa. Come mai? "Ciao papi, come mai sei già a casa? É successo qualcosa?" " Oh ciao tesoro. Niente, ti sei già dimenticata di stasera? Siamo a cena da ospiti." Cazzo. "A beh si si, pensavo solo saresti arrivato dopo.." "Va bene. Dai vai a vedere il vestito che ti ho preso per stasera"
Dio no. Ti prego no. Un vestito no. É la mia rovina mi vuole morta. E i tacchi poi. Addio.
"Ehm si papà pensavo.." "No, non pensare. Dovrai indossare un abito e non ti fare tante paranoie starai benissimo." mi interrompe il mio caro padre che in questo momento odio.
Non rispondo. Vado in camera e vedo l'abito. É celeste, un poco piu sopra del ginocchio, completamente aderente, con lo scollo a cuore e un velo leggero di tulle sopra la gonna dello stesso colore dell'abito; abbinate ci sono delle loboutine rigorosamente dodici centimetri nere. Non é orribile ma no non mettero nulla di tutto ció. A meno che.. Non trovo un compromesso. Ci penso e.. Si. Corro da mio padre nel suo studio, e appena arrivo é preoccupato. Beh lo sarei anche io se mi guardassi ora allo specchio. "Papà non lo mettero mai quel vestito.." "Jessy.." "Pero scendo a un compromesso. Mi metteró quelle scarpe con un jeans e qualcosa di carino e sofisticato sopra che sceglierai tu. Ma niente abito." lo intrometto subito io prima che dica altro. "E va bene, mi sembra giusto"

*DOPO TRE ORE*

"Jessy, su scendi ti prego siamo in ritardo"
Nel mentre mio padre mi richiama sto scendendo le scale lentamente senza tentare un suicidio con queste dannate scarpe. Alla fine ho messo un jeans chiaro leggermente largo e strappato in vari punti senza sembrare volgare, una maglietta bordeaux a maniche corte con una giacchetta sottile di qualche tonalità piu chiara. Oltre alle scarpe ho indossato una collana nera, che sembra una cascata di gemme scure, e un anello regalatomi da mio padre.
Arrivo e mio padre é senza parole. Meno Male, cosi non litigheremo se mi sono vestita male o bene e bla bla bla.
"Sei stupenda, identica a lei."
Non dico niente, esco solamente.
Ci dirigiamo verso la bmw, l'amore di mio padre ma subito mi ferma. "Non volevo essere.. Come dire.." "Tranquillo papà, é tutto okay"
Non dice niente. Non si rilassa ma comunque non é rigido.
Dopo circa venti minuti di macchina scendiamo e andiamo in contro a una stupenda villa in campagna. Attraversiamo il giardino tappezzato di pietre che ci portano verso la casa.
Suono il campanello. Si apre la porta e mi pietrifico davanti ad essa.

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