Rimango paralizzata davanti alla figura che mi si presenta. Lui non é da meno; non se lo aspettava nemmeno lui, si vede dalla sua faccia completamente bianca e gli occhi sbarrati.
Mio padre ci guarda straniti facendo vagare gli occhi da me e al ragazzo. A salvare la situazione penso sia il padre, nonché l'uomo con il quale mio padre ha stabilito un contratto.
"Ma chi si vede. Ciao Mario, e tu devi essere la sua bellissima compagna."
Dovrei sentirmi offesa per esser stata paragonata a una quarantenne o ringraziarlo per avermi assomigliata a una donna pari a mio padre?"Oh no Filippo, lei é mia figlia, Jessica." "salve signor Cadetti" "Solo Filippo, cara. Essere chiamato per nome mi fa sentire vecchio." Feci un sorriso finto ed entrai. Andrea era rimasto li fermo e impalato per qualche minuto eterno. Poi si sveglió dal suo stato di trance e chiuse la porta.
Ad attirare la mia attenzione ce un movimento proveniente dalle scale. Aspetta, ma lei é Alessia. "Ti presento mia figlia.." "Ciao Alessia" interrompo l'uomo ancora pria di iniziare le presentazioni. "Oh, ehm ciao Jess" evidentemente lei sapeva che sarei stata qui stasera mentre io no.
Mi sento la schiena bruciare dagli occhi di Andrea, ma non mi giro, non voglio.
Ci dirigiamo verso la sala da pranzo accompagnati dalle conversazioni dei nostri genitori. Non mi interessano molto queste cene, o comunque qualsiasi cosa che sia legato al lavoro di mio padre. E' stressante vederlo fare figuriamoci applicarsi.Arriviamo al tavolo e noto con mia sorpresa che non è allestita in modo esuberante anzi tutto il contrario.
Seduti ci sono la moglie di Filippo, Lisa, e sua figlia minore credo, con un sorriso enorme stampato in viso.
"Ciao Mario, da quanto tempo." si avvicina la donna a mio padre e lo abbraccia calorosamente, il che mi spaventa. Se lo facesse con me morirei all'istante; non sono la tipa che dimostra ciò che sente.
"E tu devi essere la sua adorabile figlia.. Mmh.. Jessica giusto?" "Ehm si piacere, solo Jess." "Almeno tu non l'hai scambiata per sua moglie.." mormora suo marito e poi scoppia in una risata che mi fa spuntare un sorriso flebile anche a me. Deve essere una caratteristica di questa famiglia; ti fanno ridere anche se non vuoi.
Ci sediamo a tavola e Alessia, che è sempre stata al mio fianco, mi presenta sua sorella, o almeno ci prova. Penso si chiami Martina, ho capito solo quello dalla sua parlantina. E' una bambina particolare questa Martina; sento che abbiamo qualcosa in comunque, che ce qualcosa che ci lega, ma non riesco ad identificare bene cose. E' davvero stupenda, e non come aspetto, ma come sorriso, ti trasmette la voglia di vivere, è come un motivo valido per cui sopravvivere. Ha un libro in mano, e no, non ci posso credere, è "Il Gabbiano". E' stato il primo di una lunga fila di libri che ho letto. Da allora sono diventati il mio mondo, il mio passatempo e il luogo in cui mi perdo ore, giorni e settimane. Mi concentro così tanto in questa attività perché è come uno sfogo per non pensare alla realtà, a quella che sono; ho bisogno di diventare qualcun'altra e questo me lo permette.
Vedere quel libro in mano a una bambina di si e no 5 anni mi incuriosisce. E' pieno di significati di vita e della realtà messi già in un modo nudo e crudo difficile da comprendere.
"Hei jess. Uh Uh ci sei?!?!" " Oh si, scusa stavo pensando" Alessia interrompe il mio monologo interiore scioccandomi le dita davanti agli occhi. "Cosa dicevi?" "Lei è mia sorella, appunto Martina. Ha quattro anni ed è una bambina molto speciale: è muta. Questo però la rende mooolto più intelligente di Andrea." ride ma smette nello stesso momento in cui il fratello la carica in spalla e salgono e le scale scomparendo dalla nostra visuale. La piccolina allora mi prende la mano tutta sorridente e mi accompagna al mio posto affianco al suo.
Mentre i nostri genitori parlano, ovviamente del lavoro, ritornano Alessia e Andrea; la prima sembra arrabbiata e si siede di fronte a me, l'altro invece è infastidito e si siede a fianco a me. Mi sussurra un flebile <Sei bellissima> prima di sedersi ma io faccio finta di niente e i camerieri, sotto ordine di Lisa, portano il cibo. OH. MIO. DIO. C'è di tutto e di più. Mi lecco le labbra e contemporaneamente mio padre mi smonta "No Jessy, ti prego non fare ciò che pensavi. Comportati civilmente per una volta con il cibo." divento un peperone. Perché deve farmi fare queste figure, non ho detto nulla, solo pensato di strafogarmi e rotolarmi nel cibo; ma sappiamo tutti che non lo farei per davvero.. o almeno non con tutti.. annuisco senza rispondere a mio padre e iniziamo la cena.
Il tempo tra chiacchiere e conoscimenti passa. I momenti imbarazzanti finiscono. O almeno per gli altri dato che per me evidentemente non è finita. Andrea ha la sua mano sul mio ginocchio e la cosa mi infastidisce molto; gliela sposto riluttante e lui non controbatte fortunatamente, ma è sua madre a fare la prossima mossa.
"Sei identica a tua madre sai Jessica. Io e lei eravamo molto amiche, poi purtroppo ci siamo separate a causa della distanza, ma ora che sei qui mi ricordi un sacco lei." mi irrigidisco. L'argomento mamma per me è molto delicato, per questo mio padre risponde al posto mio "Si è identica a lei. E' la mia gioia. Mi ricorda molto lei e a volte non riesco nemmeno a starle vicino per quanto sono simili. non è negativa la cosa però.. Mi manca sai.." devo allontanarmi da qui. Non ce la faccio. " Dovrei andare in bagno.. sapreste dirmi dov'è..?" "Certo vieni che ti accompagno" Ci mancava solo quel deficiente ad "accompagnarmi" in bagno, ma mi accontento. Tutto, pur di scappare dalla situazione. Mentre saliamo sento mio padre parlare " Ho esagerato, cazzo.. Lei è così.. così.. difficile da capire e da trattare.. ma la amo, non la ferirei mai.. non voglio che tutto quello che ha fatto in questi anni sia lavoro buttato all'aria.. devo chiederle scusa subito appena esce..."
Non sento molto altro dato che sembro essere arrivata al bagno. "Eccoci bocconcino. Ti aspetto fuori" alzo gli occhi al cielo ed entro. Chiudo la porta, non a chiave dopo l'esperienza di quando ero piccola. Mi guardo allo specchio. Non è il mio ambiente. Ho bisogno di staccare, di fuggire da qua. Trovo un libricino sulla mensola; lo osservo e noto che è "Il Piccolo Principe". La piccola Martina mi stupisce ancora. Lo afferro e scivolo a terra. Inizio a leggere, a scorrere le pagine e trovo affermazioni tipo - Ma gli occhi sono ciechi, bisogna cercare con il cuore - solo i bambini sanno quelle che cercano - l'essenziale è invisibile agli occhi- è il tempo che diamo alle persone che le rendono preziose-.
Mi ritrovo tremante, scombussolata e davanti a me un Andrea preoccupato.