Blame It On The Alcohol (Hiddlesworth)

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Il cellulare squillò.

-Pronto? Chris! Si, sto uscendo di casa adesso...-

Tom diede un'occhiata al suo costoso orologio da polso.

Quella sera era praticamente euforico.

Lui e Chris si erano organizzati per passare una bella serata tra soli uomini, giusto per festeggiare le imminenti riprese del terzo film di Thor.

E lui non vedeva l'ora.

Sostava sulla soglia del suo appartamento, con il telefono in bilico tra la spalla e l'orecchio, guardandosi in giro agitato alla ricerca delle sue dannate chiavi della macchina.

-Cosa? No, non ho perso di nuovo le chiavi dell'auto...- arrossì.

Incredibile come il suo collega riuscisse sempre a sapere cosa stesse facendo.

A volte era anche inquietante...

Gli occhi dell'inglese vagarono persi per il corridoio, fino a che non scorsero un paio di chiavi luccicanti adagiate su un tavolinetto.

Tom sorrise, le prese, uscì da casa e terminò la telefonata con Chris alla svelta.



A quanto pare, era in ritardo. Di nuovo.

Il biondo attore ripose il telefono in una delle tasche dei suoi jeans, alzandosi appena dal sedile.

Era in macchina, parcheggiato davanti al locale, con la radio connessa su una delle sue stazioni rock preferite.

Il motore dell'auto era acceso; lui abbassò un finestrino e si tolse di dosso quell'antipatica giacca che si era messo,sospirando.

Non poteva mettersene una più leggera?

Faceva veramente caldo.

Attendeva Tom mentre guardava fuori dal finestrino, intrepido di rivederlo.

Non era passato molto dall'ultima volta che si erano incontrati, ma lui sentiva come un'inspiegabile voglia di corrergli incontro e di abbracciarlo.

Sorrise tra sé e sé, convincendosi che quella sera non sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero visti poiché, con le riprese di Thor 3 che avrebbero avuto inizio nelle prossime settimane, di certo non si sarebbe liberato di Tom molto facilmente.

Lo conosceva, non era uno che spariva senza avvertire.

Poggiò la giacca sul sedile vuoto accanto a lui, posando poi un gomito sulla fessura del finestrino e sistemando lo specchietto retrovisore, mezzo stortignaccolo.

Fu proprio in quel preciso istante che il riflesso di un'auto familiare che entrava nel parcheggio del locale lo fece sorridere.

Tom.

In fretta e furia spense la radio, raccolse la giacca, rimise a posto il finestrino e spense il motore.

Scese dall'auto con una certa eleganza naturale, chiudendo la portiera dietro di sé e pigiando il pulsantino sulla chiave della macchina per chiuderla. Poi la ripose in tasca.

Si girò ed osservò Tom intento nell'intraprendere varie manovre per parcheggiare.

Dio, quant'era impedito.

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