CAPITOLO 7

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SYRIA'S POV

L'imbranato qua davanti si chiama Sebastian e dopotutto non é cosí imbranato come sembra.

Lo é molto di piú.

É il Beta del branco ed é piuttosto scarso nel combattimento, in compenso le sue strategie sono le migliori (almeno stando a ció che dice).

Devo ammettere che non mi risulta difficile crederlo; nonostante la tensione iniziale, si é rivelato piuttosto bravo con le parole e per tutta la durata della nostra breve conversazione ha cercato di stare dalla parte opposta della stanza rispetto alla mia.

Mi teme, si vede. Per questo riesco a sopportare la sua inutile presenza.

Il nostro scambio di battute é stato breve ma intenso: mi ha rivelato il suo nome, la sua età, il suo ruolo nel branco, eccetera, ma ha stranamente glissato sull'argomento "origini/famiglia".

Non ha voluto sapere niente su di me e questo é andato a suo favore. Non mi piacciono le persone eccessivamente propense al pettegolezzo.

Poi ha passato una buona mezz'ora a fissare le sue interessantissime scarpe, mentre io pensavo a come metterlo fuori gioco e scappare, senza peró causare un'eccessiva quantità di sangue ed ossa rotte.

Mentre ero vicina a raggiungere una conclusione, un bussare insistente sulla grande porta di legno mi aveva distratto.

Ora un Erik tranquillo e sornione mi fissa con una faccia da schiaffi ed un sorriso da pugni.

Questo cretino mi ha lasciato con quell'incompetente del suo Beta, dopo aver piazzato delle guardie fuori dalla stanza!

Giuro che me la paga.

<Sebastian, ora puoi andare.> dice, rivolto all'imbecille che si trova accanto alla vetrata.

Quest'ultimo rivolge il suo sguardo a me, come per chiedere il permesso di lasciare la stanza definitivamente. Glielo concedo con un cenno del capo, mentre Erik guarda la scena allibito.

<Cosa hai fatto a Sebastian?!> esclama, non appena il Beta é scomparso dietro la porta.

Lo guardo stranita, per poi alzare con noncuranza le spalle.

<É un idiota. Ed é terrorizzato.>

Mi guarda con un'espressione indecifrabile e un mezzo sorriso sul volto.

Si lancia sul letto, atterrando di schiena e poi incrocia le braccia sotto la testa.

<Sei ancora meglio di quel che mi aspettavo.> afferma, divertito e compiaciuto.

ASPETTA. COSA?

<Che vuoi dire?> chiedo titubante.

<Che oltre ad essere splendida ed intelligente, sei riuscita a sottomettere una delle persone piú egocentriche del mondo, ovvero Sebastian. I miei complimenti.>

Un sorriso mi nasce spontaneo e sento un leggero rossore colorirmi le guance.

<Grazie...>

<Figurati! Solo evita di pensare che sia un buono a nulla; capisco che, a primo impatto, sembri un perfetto deficiente ma, che tu ci creda o no, è un ottimo Beta.>

<Farò del mio meglio per non considerarlo un "perfetto deficiente".>

Erik ride leggermente, mettendo in mostra i denti dritti e candidi. 

<Perfetto.> dice, continuando a sorridere.

<Perfetto.> rispondo, sorridendo a mia volta.

Devo ammettere che, quando non è occupato ad evitare le mie domande, non mi dispiace per niente.

Scuoto la testa, quasi a volermi disincantare. 

Insomma, mi ha pur sempre rinchiusa in camera con un deficiente! Deve pagare.

E io so come.

Stai pensando a quello che penso io, capo?

Credo proprio di si, lupa.

E sia, facciamolo soffrire, capo!

Non aspetto altro, cara lupa.

Sadica al punto giusto, capo! I miei complimenti!

Grazie, tutto merito di un istinto innato ed anni di pratica.

Comunque. 

Mi avvicino lentamente al malcapitato, senza distogliere gli occhi dai suoi. Questo, mi guarda stranito, per poi sorridere leggermente.

Ridi, ridi.

Intanto io ti faccio pentire di essere nato maschio. 

Pochi centimetri ci separano ora, posso facilmente percepire il suo respiro farsi accelerato, mentre, lentamente, accorcio la distanza fra noi.

Appoggio entrambe le mani sul suo petto, i muscoli rigidi si rilassano al mio tocco, mentre faccio scorrere le dita per tutta la lunghezza del torace, con delicatezza.

Poi, con una lentezza disarmante, prendo il suo viso fra le mani, iniziando a disegnare con i pollici piccoli centri concentrici sulle guance calde.

Lui sospira e distende il viso, chiudendo gli occhi, e facendo così nascere istantaneamente un piccolo sorriso sul mio volto.

Cercando di non distrarmi, avvicino le mie labbra al suo orecchio, per poi mordicchiargli leggermente il lobo.

Sbaglio, o ha appena ringhiato?

<Occhio alle fusa.> sussurro dolcemente al suo orecchio, per poi lasciargli una serie di piccoli baci partendo dalla spalla, per poi risalire lungo il collo ed infine seguire la linea della mascella.

Quando arrivo vicino alle labbra, schiocco un ultimo bacio all'angolo della sua bocca, per poi staccarmi bruscamente ed allontanarmi.

Mentre mi accomodo sul letto gli lancio un'eloquente occhiata, che lo fa uscire finalmente dallo stato di semi-coscienza in cui versava pochi attimi fa.

Mi fissa sconcertato, per poi raggiungermi e sdraiarsi di fianco a me.

Mi giro su un fianco, in modo da dargli le spalle; ciò mi porta ad avere la grande vetrata proprio di fronte a me.

Ormai il sole è calato e le tenebre coprono la foresta attorno a noi con una coltre impenetrabile, tingendo di nero il cielo e facendo risaltare maggiormente la luna pallida, che troneggia al centro della finestra, protagonista indiscussa del quadro che mi trovo casualmente e fortunatamente ad ammirare.

Uno sospirare sconsolato, mi distrae dai miei pensieri, portandomi a rivolgere l'attenzione all'essere che si trova dalla parte opposta del letto e che ancora non ha spiaccicato parola.

Inizio a sentirmi un po' in colpa, il silenzio si fa più pesante e la tensione è tangibile.

La situazione è quasi insostenibile, fino a quando un braccio muscoloso mi circonda la vita, avvicinandomi ad un petto ben conosciuto.

Lo sento sorridere dietro di me quando, al posto di respingere quel contatto, lo assecondo, avvicinandomi maggiormente e facendo incrociare le nostre gambe.

Il suo profumo di sottobosco mi avvolge e cerco di fare respiri più lunghi e profondi, in modo da godermelo appieno.

<Tranquilla, piccola, non scappo mica.> esclama, con un tono divertito e compiaciuto.

Sorrido a mia volta, per poi rilassarmi alla sua affermazione.

Dopo pochi minuti cado fra le braccia di Morfeo, godendomi il calore e la sicurezza emanati dal corpo di Erik.






















Chi ha rapito l'Alpha?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora