Oltre alla vecchia signora, c'era un altro parente le cui visite mi disturbavano molto: si trattava dello «zio Robson», il fratello della signora Bloomfield; un tipo alto, pieno di sé, i capelli scuri e la carnagione pallida come la sorella, un naso che sembrava avere a sdegno la terra intera, e occhietti grigi, spesso semichiusi, il cui sguardo era un misto di autentica stupidaggine e ostentato disprezzo per tutto quanto lo circondasse. Era un uomo robusto, pesante, ma in qualche modo riusciva a farsi una vita di vespa; il che, insieme alla rigidezza innaturale del corpo, rivelava che l'altero, virile signor Robson, spregiatore del sesso femminile, non disdegnava di portare il busto.
Non si degnava quasi mai di notarmi; se lo faceva, aveva una certa alterigia insolente nella voce e nei modi da cui capivo che non era un gentiluomo, sebbene egli si proponesse l'effetto contrario. Ma non era per questo che le sue visite mi erano sgradite, bensì per il male che faceva ai bambini: incoraggiando le loro cattive inclinazioni e distruggendo in qualche minuto il poco bene che mi aveva richiesto mesi di fatica.
Di Fanny e della piccola Harriet raramente aveva la condiscendenza di occuparsi, ma Mary Ann era una sua prediletta. Incoraggiava continuamente la sua tendenza a una leziosa vanità (che io avevo fatto del mio meglio per soffocare), parlando del suo bel visino e riempiendole la testa di idee presuntuose relative al suo aspetto (che io le avevo insegnato a considerare come polvere paragonato al perfezionamento della sua mente e dei suoi modi); e non ho mai visto una bambina sensibile alla lusinga come Mary Ann. Tutto quello che in lei o suo fratello era sbagliato, lo zio lo incoraggiava, ridendone, se non proprio lodandolo: la gente non sa quanto male faccia ai bambini ridendo delle loro mancanze e scherzando su quello che i loro veri amici hanno cercato di insegnargli a aborrire.
Senza essere un vero ubriacone, il signor Robson ingollava vino in quantità e ogni tanto beveva con molto piacere un bicchiere di brandy e acqua. Cercava con grande zelo di insegnare al nipote a imitarlo in questo e a credere che, quanto più vino e alcool riusciva a tenere bene, e quanto più gli piacevano, tanto più dava prova di virilità e coraggio e si innalzava al di sopra delle sorelle. Il signor Bloomfield non aveva grandi obiezioni, perché la sua bevanda preferita era gin e acqua; e ne prendeva una generosa quantità ogni giorno, centellinandola in continuazione: proprio a questo io attribuivo il suo colorito spento e il suo cattivo carattere.
Robson incoraggiava Tom, con la parola e con l'esempio, anche a perseguitare le creature inferiori. Poiché veniva spesso per cacciare sulla proprietà del cognato, portava con sé i cani preferiti; e li trattava con tanta brutalità che, povera com'ero, avrei dato in qualsiasi momento una sovrana perché uno di loro lo mordesse, purché riuscisse a farlo impunemente. A volte, quando era d'umore molto benevolo, andava a caccia di nidi con i bambini, e questo mi irritava e mi dispiaceva enormemente: con sforzi tenaci e continui, mi lusingavo infatti di essere riuscita a fargli in parte comprendere la crudeltà di quello svago, e speravo, con il tempo, di instillare in loro un certo senso di giustizia e umanità; ma dieci minuti a caccia di nidi con lo zio Robson, o soltanto una sua risata al racconto delle loro passate barbarie, bastavano a distruggere di colpo l'effetto di tutti i miei ragionamenti e ammonimenti. Per fortuna quella primavera, con un'unica eccezione, non presero mai altro che nidi vuoti o uova, non avendo la pazienza di aspettare che i piccoli fossero nati; quell'unica volta, Tom, che era stato con lo zio nella proprietà vicina, corse pieno di gioia in giardino tenendo tra le mani una nidiata di uccellini appena nati.
Mary Ann e Fanny, che stavo appunto allora accompagnando fuori, si precipitarono a ammirare la sua preda e a chiedere un uccellino per una.
«No, neanche uno!» gridò Tom. «Sono tutti miei: lo zio Robson li ha dati a me - uno, due, tre, quattro, cinque - non potete toccarne neanche uno! no, neanche uno ve ne faccio toccare!» continuò con aria esultante, appoggiando il nido a terra e standoci sopra a gambe divaricate, le mani nelle tasche dei calzoni, curvo in avanti, il viso contorto nelle smorfie più diverse per l'estrema gioia.
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Agnes Grey (Anne Brönte)
ClásicosIl libro della terza delle sorelle Brönte, che mancava in Wattpad, dopo Cime tempestose e Jane Eyre.