Prologo- Un greve affar d'onore

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"Mi meraviglio come posso resistere
che non le manifesti il mio talento:
quand'io veggo madonna e la miro,
- i suoi begli occhi le stanno così bene! -
a stento mi tengo dal correre a lei.
Così farei, non fosse per timore,
ché mai vidi corpo meglio modellato e colorito
agli uffici d'amore così tardo e lento.
Sola vorrei trovarla
che dormisse o fingesse di dormire,
per involarle un dolce bacio,
poiché non ho tanto ardire da chiederglielo.
Per Dio, donna, poco profittiamo d'amore:
fugge il tempo, e noi ne perdiamo la miglior parte.
Intenderci dovremmo a segni copertamente,
e poiché ardir non ci vale, ci valga scaltrezza"

Erano tempi duri, si usava dire.
Tempi in cui le campagne brulicavano di briganti, e le coste di pirati.
Tempi in cui l'autorità era al più forte, e la giustizia era ormai sparita.

Ma erano proprio i tempi che correvano a permettere, a quelli come lui, di divertirsi.
E lui si divertiva, altro che se si divertiva.

Derek James Hale, secondogenito di una ricca famiglia feudataria tedesca.
Ricco, certo, ma in quanto cadetto erede di un bel nulla.

Anzi, la famiglia aveva spinto tanto sulla sua vocazione, pregando a lungo per avere una mitria scarlatta (e chissà, magari anche il titolo a Roma) nel loro albero genealogico, e convincendosi che il loro Derek sarebbe stata sicuramente la giusta anima pia che avrebbe potuto ricoprire questo compito.

Seduto al bancone di un'osteria un po' malandata, con un boccale in mano, scoppiò quasi a ridere al pensiero.
E l'idea di se stesso Vescovo, se non Papa, gli parve ancor ridicolo, al pensiero della pastorella che aveva lasciato stesa nel fienile poche ore prima.

Raggiunta la maggior età si era fatto cavaliere di ventura.
Ottima scusa per farsi lasciare qualche quattrino dal fratello Peter, che si era preso tutto il ben di Dio di famiglia, e per fare un po' quello che voleva, in giro per l'Europa, giurando fedeltà ad un Imperatore che non aveva neanche mai capito bene se esistesse ancora o no.

Quel che voleva, semplicemente, prendeva, che fossero territori, tesori o fanciulle (una vocina nella sua testa ripeteva "anche fanciulli", ma preferiva farla tacere), e qualche volta prendeva parte a qualche spedizione inutile quale "conquistiamo la terra Vattelapesca per il signore non ricordo il nome, giurando sulla Croce", tanto per rendere orgogliosa la famiglia, e far sganciare ancor più quattrini.

Era accasciato su di uno sgabello, la testa appoggiata sul bancone, in attesa del vecchio amico che aveva chiesto di vederlo.

Scott McCall, con il suo passo molle ed i capelli fluenti al vento, entrò nell'osteria.

Si guardò intorno due o tre volte, prima di individuare l'oggetto del suo interesse, e dirigersi con passo altrettanto molle verso di lui.

A Derek, McCall, stava simpatico come il letame del suo cavallo calpestato dagli stivali appena lucidati, ma dovea comunque chiamarlo amico.
Una volta, in una campagna contro un insediamento saraceno, sulle coste provenzali, gli aveva salvato la vita, recuperando il suo corpo ferito da una freccia e, alla bell'e meglio, curandolo.
Ora, al centro della schiena v'era ancora un bel buco, che facea memoria dell'oltraggio e della vigliaccheria del nemico, e sebben non fosse proprio il massimo ripetea a se stesso che fosse migliore lo peggior buco sulla schiena che un bellissimo buco per terra, con tanto di lastra che riportasse il suo nome; quindi McCall doveva essere per forza amico suo, nonostante lo ritenesse un giovane ben poco cavalleresco, con poco coraggio e sicuramente troppo sentimentalismo.

Io dico che anche il nostro è amor corteseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora