capitolo 1.

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'le dico che non sono stata io.'
gli sputai in faccia, lurido bastardo, mi ha beccata di nuovo.
'non abbia tutta questa confidenza, signorina, lei ha appena fatto una rapina, con quale coraggio riesce a negare tutto.'
era davvero opprimente quella situazione.
volevo andarmene, fare qualcosa a quel brutto bastardo del poliziotto e scappare.
sarà più o meno la quinta volta che finisco dietro le sbarre.
non finirà mai tutto questo.
***
piacere, mi chiamo Asia e ho 17 anni, molto tatuata, un piercing al sopracciglio e uno smile che si vede solo quando sorrido, quindi mai, e come ho detto prima, per la quinta volta, mi trovo in carcere.
ho appena rubato in una banca, è abbastanza normale, sono piena di debiti, non ho una famiglia, solo uno stupido colleggio, ed un fottuto bisogno di soldi.
da piccola ho assistito ad una rapina in casa, dove sono morti i miei genitori, mio fratello andò in coma, adesso non c'è più, non cel'ha fatta, mentre mia sorella di sette anni, l'ho fatta trasferire da mia zia, dove di sicuro avrà una vita migliore.
non ho nessuno su cui contare, tanto meno nessuno di cui fidarmi, quindi mi sono sempre tenuta tutto dentro.
***
è il terzo giorno in carcere meno male che stavolta è solo un mese.
che destino, mi danno sempre la solita stanza, 194.
solito poliziotto, Justin, sembra un nome da ragazzo giovane eppure ha 50 anni e lavora come poliziotto, ha una pancia quanto tutto sto mondo e continua a mangiare come se non ci fosse un domani, fattacci suoi.
io sono abbastanza magra, e amo ogni singolo tatuaggio che ricopre la mia pelle, sono alcuni colorati, altri no, ma tutti con un significato importante per me.
passarono giorni e arrivò quello della mia "libertà"
tornai in colleggio, tutti gli occhi addosso, ero abbastanza imbarazzata, puzzavo, avevo un'aspetto orribile e due borse sotto agli occhi peggio di una valigia.
camminavo a testa alta verso la mia stanza quando sento 'una doccia ogni tanto ci vuole.'
mi girai infuriata, andai vicino a quel bastardo e gli tirai un pugno dove cacciai la rabbia di tutti quei giorni.
era Jacob, il solito figo della scuola, era un coglione.
e tutte le gatte morte gli andavano dietro.
ricordo quel giorno in cui lo conobbi..

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