"Guarda lì Adi, quella nuvola non ti sembra un bel gelato?"
Scoppiai a ridere. Faceva così quando aveva fame, lo conosco troppo bene.Nonostante avessi ancora la mente persa tra quelle disordinate forme geometriche sopra di me, sapevo che mi stava implorando con lo sguardo di entrare in cucina e portargli un bel gelato fresco.
Nonostante non avessi la minima voglia di alzarmi, era troppo caldo per resistere alla tentazione di una coppa fior di latte.
"Oh sì papà, un bellissimo gelato, così fresco...pensa che goduria ora come ora..."
Non riuscii a terminare la frase che fece un urlo di disperazione. Risi ancora più forte. Quell'uomo era il mio sorriso."Okay, okay. Vado a prenderti la tua dannata coppa al cioccolato."
Gli tappai la bocca, fingendo un broncio, non sopportando più le sue lamentele da neonato.
Mi rivolse un sorriso soddisfatto, come un bambino appena riesce a convincere la mamma a comprargli le caramelle.Non volendo dargliela del tutto vinta aggiunsi: "Anche se un po' di movimento non ti farebbe male, ti stai rammollendo papà!"
"Adeline Gray, con me la psicologia inversa non funziona."
Finse un tono autoritario, ma poi tornò ad ammirare il cielo con aria soddisfatta e un gran sorriso sulle labbra.Scossi la testa in segno di disapprovazione e mi diressi verso la vetrata che portava alla cucina.
Quella casa, così bella, accogliente e soprattutto piena di ricordi.Mi misi a preparare il gelato sull'isolotto in marmo, fischiettando una canzoncina sentita la sera prima in radio. Sorrisi al solo ricordo della mamma che mentre ci preparava la cena, su quello stesso isolotto, intonava le sue canzoni preferite.
Io e il papà fingevamo fosse stonata, tappandoci così le orecchie. Ma non potevamo negare la sua bravura. La mamma a volte rideva, altre si fingeva arrabbiata e ci minacciava di mandarci a letto senza cena.Mi ritrovai con il solito vuoto nello stomaco. Quel peso nel cuore non sembrava lasciarmi un secondo in pace. Le lacrime la stavano avendo vinta. Mi sforzai di abbracciare con orgoglio quei ricordi di mia madre e di tornare composta.
Una volta preparato il gelato lo portai fuori da papà, ma qualcosa mi distrasse poco prima di oltrepassare la porta-finestra. La suoneria di un telefono riecheggiava nella stanza. Controllai, non era il mio.
Cercai un po' in giro quando finalmente trovai il cellulare di mio padre su una mensola.
"Papà ti squilla il telefono, mi dispiace ma devi alzarti! Ho le mani occupate." Stavo urlando. "Papààà!" Nessuna risposta. Lo portavo sempre in giro sul suo udito, dicendo che non ci sentiva più. Anche se ovviamente scherzavo, dati i suoi 40 anni. Ormai però le prese in giro in questa casa erano alle basi di ogni rapporto. Finivamo sempre con lo scoppiare a ridere.Poggiai, sbuffando, il gelato sul tavolo in legno e risposi al posto suo.
"Si, pronto?"
"Signor Charles Gray? Si, la chiamavamo per confermarle la disponibilità della casa a Los Angeles."
Una voce femminile, quasi meccanica, pronunciò quelle parole. Spalancai gli occhi, senza fiato. Cosa?!
"Come scusi? Sicura di non aver sbagliato numero?" Che stupida, ovvio che era sicura, sapeva il nome di mio padre.
Cercai di risultare cortese, ma la mia voce lasciava trasparire chiaramente il mio sgomento."Lei non è il signor Gray, posso sapere se è in casa?"
"È mio p-padre..cosa vuole?"
Continuavo a fare domande stupide, me l'aveva già detto cosa voleva. «casa a Los Angeles» quelle parole risuonavano nella mia testa e mi stavano tormentando.
Quasi non mi accorsi quando si schiarì la voce, chiaramente disturbata e mi disse: "Signorina, suo padre stava cercando casa a Los Angeles, ma è chiaro che ora non sia lì. Chiamerò più tardi."Mi attaccò il telefono in faccia, o meglio mi feci attaccare il telefono in faccia. Mi aveva salutata in un modo o nell'altro ma ero troppo scioccata per rispondere.
Mio padre voleva trasferirsi a Los Angeles e non dirmi niente?
O forse voleva scappare da me e da questa casa piena di ricordi?No, no stai calma Adeline. Non l'avrebbe mai fatto. Il nostro legame era più forte di qualsiasi perdita.
Ma... Questo significava che ci saremmo dovuti trasferire.
Un senso di rabbia mista a dolore mi invase, aveva tradito la mia fiducia.Corsi di fuori e tirai la coppa di gelato a mio padre. Quasi si spaventò, ma fu chiaramente sconvolto quando vide la mia espressione. Ero sull'orlo di un pianto isterico.
"Quando pensavi di dirmelo, papà?"
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Unreal ||H.S.||
FanfictionNuova città, nuova vita, nuove persone. Adeline non era pronta a tutto questo. Non era pronta a lasciare una casa piena di ricordi della donna che l'aveva cresciuta, ma per il bene del padre, e per il suo, decise che forse era meglio così. Decise c...