Sospetto

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Non appena Mike fermó la macchina, Clarisse emise un sonoro sbuffo.
Aveva sperato che suo padre cambiasse idea, anche dopo la sua stupida uscita, ma niente.
Rose Street Avenue, 208.
Casa di Doll. Clarisse sbuffò di nuovo.

-Clarisse comportati bene
-Sì papà...
-So che può essere stressante, ma prova a vederla con un occhio positivo.
"Ma sentilo, occhio positivo!" si diceva lei puntando gli occhi al cielo "sembra quasi che non ci sia stato sposato sette anni!"

La ragazza suonó il campanello e subito il portoncino si aprì.
Salì le scale trascinandosi e finalmente arrivó sù.
-Oww entra cara, sei ogni giorno più bella!
Clarisse voleva sputarle addosso tutto il veleno che aveva in corpo quando la guardava, ma siccome era un ragazza educata, taque.
-Che dici? Compriamo qualche leggins?
Chiese la donna sedendosi sul divano.
-Auf... Ma fa un pó come ti pare...
Disse la ragazza annoiata, mettendosi le cuffie alle orecchie.

Girarono per sette negozi di scarpe diversi. Pausa pranzo al ristorante fast food con per niente necessaria pausa selfie. E un'altra ora e mezza di girovagare per negozi d'alta moda.

Clarisse uscì finalmente da quello che sembrava il millesimo negozio, con le braccia cariche di buste con tanti acquisti costosi.
"Non ne posso più..." Pensó la quindicenne guardandosi attorno per cercare un posto dove andare.
Notó una costruzione che sembrava abbandonata dall'altra parte della strada.

L'edificio si stagliava su un campo di erba secca e che si perdeva in lontananza diviso dall'autostrada, la zona era il limitare della città residenziale e della zona industriale, perciò poteva darsi che fosse una fabbrica, o un negozio all'ingrosso.

Fatto sta che Clarisse lasció tutte le buste sull'uscio del negozio e si diede alla fuga, attraversando senza nemmeno guardarsi, alla disperata ricerca del marciapiede dall'altro lato della strada.
Quando finalmente vi mise piede, affannata e desiderosa di aria, esultó.
Niente più Doll, almeno per un quarto d'ora.

Una volta recuperato il fiato, si avvicinó alla porta del posto, non sembrava essere particolarmente confortlevole l'interno, anzi ne proveniva anche un vago odore di carcasse.
Almeno lei si immaginava che le carcasse puzzassero così.

Fece qualche passo, anche se il luogo era sporco e pieno di immondizia.
Non si sarebbe sognata di chiedere "C'è qualcuno?" Non era mica in un film horror!
Continuó a camminare finchè vide un corridoio pieno di disegni.
Era possibile scartare l'ipotesi della fabbrica e della vendita all'ingrosso, forse era più un asilo o il set scadente di un video rap amatoriale.
"Che accidenti è questo posto?"
Si chiese passando la mano sul muro e sollevando una nuvola di polvere densa.
Si guardó in giro e notó una specie di attaccapanni con quelli che sembravano pezzi di qualche mascotte da parco di divertimenti sopra.
Vi si avvicinó e li scrutó attentamente.
Le sembró di avere un deja-vu ma nulla di particolare. Le capitava spesso.

Si avvicinó poi alla scrivania, tolse un pó di polvere e poi vide una macchia viola
"Viola o rossa?... Accidenti al mio daltonismo!"
Quando era piccola aveva sentito parlare di una maledizione in proposito ma sapeva benissimo che le maledizioni sono solo leggende, nient'altro che pura fantasia nata per screditare qualcuno è spaventare qualcun'altro, perció non ci aveva mai dato tanto peso.
Decise di passare oltre, e si avvicinó alla vetrata, e guardó.
Le sembró di scorgere una figura che si stava avvicinando, sicuramente non umana....
-CRISTO SANTISSIMO!
Gridó cadendo all'indietro.
Forse era stata la polvere, o il caldo di quel giorno di inizio estate, ma aveva il fiatone e le mani sudate e la vista offuscata e decise che era ora di darsela a gambe.
Si sentì anche un po' stupida ad andarsene così solo perché qualcosa che magari non esisteva nenache ed era stata una sua impressione, ma la sua adrenalina era più forte.
Corse, corse e corse finchè non sbattè contro qualcosa o meglio, qualcuno.

-Ahia... Clarisse? Che ci fai qui?
La ragazza alzó lo sguardo e vide suo padre, con una divisa da guardiano e una cravatta perfettamente appuntata sul collo.
-Papá...
-Che cosa fai qua?
Clarisse non aveva idea di cosa rispondere, in parte perché era completamente bloccata dallo stupore e in parte perché se la sarebbe passata brutta per una bravata come quella che aveva fatto.
-Sono... Scappata...
Ammise aspettando una risposta del padre.
-Cosa?... E Doll?
-Non lo so...
-Ascolta torna indietro, vattene da qui e non tornare. Intesi?
La ragazza annuì, pensando che forse gliela avrebbe lasciata passare anche quella situazione era surreale.
-Perfetto. A dopo.
Mike schioccó un bacio sulla fronte della figlia per liquidarla velocemente accompagnandola verso la porta e poi allontanarsi.

Clarisse tornó indietro, attraversó correndo senza farsi investire e si avvicinó di nuovo al negozio. Le buste erano ancora lì e Doll stava ancora chiaccherando con la commessa.
"Uff... Non sa fare altro questa..."
Pensó guardando il cielo grigio.

Ad un tratto si sentì mancare.
Crolló seduta sul gradino e si tenne la testa, ebbe l'impressione che questa fosse carica di sensazioni e parole, grida e scene che non riusciva a distinguere, tutto intorno a lei girava troppo velocemente e non riusciva a gestirlo.
Strinse i denti e premette le mani sulla testa.

Clarisse...

"Basta..."

Clarisse...

"HO DETTO BASTA!"
-Clarisse?
Tutto piano piano si diradó come quanto una mano scuote l'aria occupata da una nuvola di fumo e questa sparisce.
Scosse la testa e prese un bel respiro.
-Tutto bene tesoruccio?
Chiese Doll con la sua insopportabile voce squillante. La mora si sentì di non dire ció che era appena successo.
-Uh... Un calo di zuccheri...
Disse Clarisse sforzando un sorriso.
-Calo di zuccheri uh? Andiamo in pasticceria!
Clarisse cercò di riordinare la sua mente, non trovando una spiegazione logica ad un fenomeno così bizzarro e terrificante, alla fine però si disse che sicuramente aveva davvero bisogno di mangiare e continuò a camminare.
E arrivate in pasticceria, via all'indecisione su che prendere, la sfilata di selfie con i dolci, la ricognizione di ogni più piccolo e remoto angolo del negozio, e poi, per la gioia di Clarisse, finalmente mangiarono.

Arrivata a casa, la ragazza salutó il padre, andó sù e si stese sul letto posandosi una mano sulle tempie.
-Tutto troppo strano...
Disse ripensando a quel che aveva visto e al mancamento avuto circa un'ora prima.
La ragazza prese al volo il telefono, compose un numero e premette il tasto di chiamata.
-Jamie?
Disse lei non appena si aprì la chiamata
- D-dimmi Clar...
Balbettó Jamie dall'altra parte del telefono.
-Dì a James che domani abbiamo appuntamento al parco alle 10
-Ma Clar i-
-Niente. Ma. Questione urgente.
Disse lei con tono lapidario, suscitando l'inquietudine del cuginetto.
-Oh... Signorsì Capitano.
-Perfetto.
Clarisse chiuse la chiamata, e annusó l'aria.

Pane tostato, prosciutto e formaggio fuso.

Era ora di cena.

PURPLE - Cursed DaughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora