4 ; Hood

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«Di cosa stai parlando mamma?» sbarrai gli occhi.
«Tesoro, stai tranquilla, ti troverai molto bene con loro.» mi rassicurò accarezzandomi il braccio.

«Perché dovrei andare a stare là? me lo vuoi dire sì o no?» urlai esasperata.
«Perché io e papà dobbiamo andare a vivere all'estero per sbrigare affari importanti.» disse scambiandosi uno sguardo d'intesa con lui.

«Però non vedo perché dobbiate lasciarmi qui; sarebbe un modo per cambiare vita, quindi forse potrei essere felice se mi portaste con voi.» sorrisi.

«Non insistere Emma, non possiamo fare altrimenti. Tu non devi assolutamente cambiare vita e noi invece al contrario abbiamo bisogno di andarcene.» puntualizzò.

Non capivo proprio perché non volessero portarmi con loro, cosa avrei potuto fare di tanto ingombrante?

«La discussione è finita qui, vai a preparare i bagagli.» concluse mio padre con una voce ferma che non aveva mai usato con me.

«In questo momento? Cioè mi dite all'improvviso che non ci vedremo più e non mi spiegate bene neanche il perché, e pretendete anche che io vada a prepararmi i bagagli?» il tono della mia voce usciva spezzato e incredulo.

Mi alzai, presi il giubbotto appoggiato all'attaccapanni e uscii di casa chiudendomi la porta alle spalle.
Non avevo mai fatto una cosa così, come prendere e uscire senza avvisare o senza sapere dove andare.
Non litigavo con i miei genitori, non mi arrabbiavo mai.
Eppure mi stavo sentendo come tradita, come se per loro io non valessi niente.
Se ne sarebbero andati senza dirmi perché e non dando neanche tanto peso al fatto che non ci saremmo più visti.
Se fossi stata lucida in quel momento avrei pensato che lo stavano facendo per il mio bene. Ma non era vero.

Volevo parlarne con Giselle ma a quell'ora era alle prove delle cheerleader. Non potevo parlarne a Michael, probabilmente gli stavo antipatica e non volevo vederlo.

«Hey Em?» sentii qualcuno chiamarmi dalla strada e mi voltai notando Calum sulla sua auto. Mi avvicinai al finestrino.
«Cal, che ci fai qui?» replicai.

«Ci abito.» sorrise lievemente.
«Abiti qui?» domandai guardandomi intorno.
«Non proprio, nella via dopo. Come mai sei venuta fino a qui a piedi?» aggrottò le sopracciglia.

«Sono un po depressa oggi, ti dispiace se vengo a casa tua per parlartene?» la mia richiesta sorprese anche me, non ero la tipica persona che racconta le proprie esperienze e situazioni agli altri.

«Salta su.» aprì lo sportello per permettermi di entrare.
Il tempo di imbucarci nella via vicina e arrivammo.

Casa sua sembrava come la mia o poco più grande, o almeno da dentro, perché da fuori erano tutte uguali le villette a schiera del quartiere.
Entrammo in camera sua, e ci sedemmo sul comodo letto.

«Dimmi.» mi invitò a parlare.
Prima mi dondolai un po sul letto dato il mio nervosismo poi però mi decisi a raccontargli.

«Non vedrò più i miei genitori. E loro me lo hanno detto così, senza tante spiegazioni né tante preoccupazioni. E insomma mi sento come se non mi volessero bene per niente.» spiegai.

«Si, lo so. Devi venire a vivere qui, vero? Mia madre me lo ha accennato.» scosse la testa in segno di comprensione.

«Ma il punto non è venire qui, è la noncuranza con cui mi hanno esposto il problema. Per me è uno shock.» singhiozzai.
Il moro stava per dire qualcosa quando il campanello lo interruppe; chiunque era fuori dalla porta doveva essere un gran maleducato perché stava continuando a suonare senza interrompersi così che Hood dovette precipitarsi al piano sotterraneo per aprire.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 25, 2015 ⏰

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