IV-Il figlio della discordia

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Tommaso e Lucrezia

Sentiva la schiena calda di suo padre e i passi felpati di sua sorella sull'erba. Aprì piano gli occhi e cercò di capire cosa stesse succedendo. Il buio ricopriva tutto con il suo oscuro manto, ma era sempre riuscito ad orientarsi bene, inoltre sentiva la presenza di Aíbell(Evil) e Cailte(Kilty), precisamente il suo corvo e la cornacchia grigia di sua sorella, sulle loro teste.
« Cosa sta succedendo?» domandò Lucrezia. Sembrava arrabbiata e stanca allo stesso tempo.
« Non è il momento delle spiegazioni. Prima vi porto al sicuro meglio è.» disse il padre guardando Tommaso« Coraggio campione! Tra poco saremo all'asciutto e al caldo.».
« Perché quelle persone volevano ucciderci? Perché ti hanno chiamato Faraone? Perché avevano quegli strani poteri?» insistette Lucrezia.
« Loro... non sono persone normali. Hanno dei doni, ma li usano male. Vi spiegherò meglio quando saremo al sicuro.» un rombo assordante li raggiunse, come se fossero vicini a un treno in corsa« A terra, presto!».
Rotolarono sulla destra e qualcosa sfreccio proprio dov'erano loro.
« Accidenti! Avrei dovuto immaginare che non fossero solo quei tre!» esclamò Aurelio, poi posò Tommaso a terra« Voi state qui, io penserò a distrarli.».
« Ma papà...» provò a ribattere Lucrezia.
« Niente ma. State lì e aspettate.» fece apparire dal nulla un flagello egizio di legno e cuoio« A noi due, Jonatan!».
Tommaso aprì gli occhi e si mise a sedere. La testa gli girava e sentiva ancora l'acqua nel naso. Alla sua vista apparve l'ambasciatore inglese Jonatan MacPrince che combatteva contro suo padre. Lo aveva visto molteplici volte a cene eleganti o all'ambasciata per riunioni importanti. Aveva i capelli di uno strano castano rossiccio e gli occhi color ghiaccio dietro agli occhiali da accademico. Non si ricordava di averlo mai visto sorridere e non sembrava uno da combattimenti. Snello e mingherlino, il tipico topo di biblioteca, insomma. Vederlo con una spada rosso sangue tra le mani che cercava di colpire Aurelio era veramente insolito. Non sembrava che lo volesse uccidere, piuttosto che lo volesse ferire o tramortire con quell'arma così insolita.
« Vedo che hai trovato tuo padre! Sono felice per te!» disse l'ambasciatore italiano parando un colpo con il flagello, benché di legno resisteva a qualsiasi colpi. Tommaso pensò che avesse un'anima di acciaio temperato apposta per evitare che si rompesse.
« Padre? No,sarebbe troppo facile! Io sono stato adottato da Thantos, ti suona familiare per caso?» rispose l'ambasciatore inglese tentando un affondo.
« Purtroppo sì,posso dire che hai fatto male ad accettare? Andiamo, potevi scegliere di meglio!» arrotolò il cuoio del flagello attorno alla lama e tirò MacPrince a se.
« Una delle tue Divinità mezze nude e animalesche? No grazie.» si preparò pensando di colpirlo, ma Aurelio ruotò su se stesso e lo spinse dalla parte opposta.
« Lo so benissimo, ma per dire una bella divinità gallese? Ti vedevo bene con Gwenaby come madre adottiva.» si spiegò affaticato dalle ferite, ma si rialzò subito pronto a difendersi.
« Perché puntare al Galles quando posso puntare all'Irlanda? Secondo te perché mi sono messo dalla parte dei Greci? Perché ora sono qui a combattere contro di te?» incurvò le labbra in un sorriso calcolatore« Non gli permetterò di trovarlo!».
Aurelio si bloccò,poi si voltò verso Lucrezia e Tommaso, il terrore negli occhi. Provò a dire "Scappate!", ma Aíbell fu più veloce e gracchiò la parola nell'orecchio del bambino. Era sempre riuscito a capire i versi di quei tipi di uccelli.
« Dobbiamo muoverci!» esclamò alla sorella.
« Cosa?» rispose Lucrezia interrogativa.
« Dobbiamo andarcene.» ripeté deciso.
« Riesci a muoverti?» domandò e lui si alzò il più velocemente possibile.
« Ora sì, andiamo! Aíbell e Cailte ci faranno strada!» guardò i due volatili pronti a partire.
« Cosa? Oh...vero...» sembrava sempre scocciata quando lui parlava con il corvo e la cornacchia grigia, come se fosse solo una stupida follia di Tommaso.
« Andiamo!» la prese per la mano e la trascinò seguendo i due uccelli.
« E papà?» domandò guardandosi indietro in tempo per vederlo parare un nuovo colpo.
« Se la caverà. Hanno detto che non vogliono ucciderlo, giusto? Basterà raggiungere mamma, lei ci aiuterà!» sorrise e continuò a trascinare la sorella che lo guardò preoccupata. Erano anni che parlava di mamma come se potesse tornare da un momento all'altro, come se non se ne fosse veramente mai andata.
"Mamma me lo ha promesso!" diceva "Un giorno tornerà e potremo stare assieme!". Sembrava un'ossessione, ma anche Aurelio sembrava fiducioso e gli dava ragione.
Lucrezia no. Ormai aveva perso la speranza di avere una famiglia unita e le sembrava una forzatura inopportuna sostenere le idee di un bambino così piccolo. Tommaso non capiva la sorella: la mamma gliel'aveva promesso e non smetteva di ripeterglielo ogni sera. Un giorno sarebbe tornata e nessuno li avrebbe più separati, mai più.
Camminarono per una decina di minuti senza parlare. La notte era illuminata solo dalle stelle e dalla luna mentre Aíbell e Cailte volavano davanti a loro delineando un percorso tra le vie della città addentrandosi verso il centro. La nebbia iniziò ad alzarsi poco prima di superare una cancellata che sembrava aperta solo per loro. Lucrezia ebbe un brivido, ma Tommaso era fiducioso. A lui piaceva la nebbia.
« Forza, sorellona, siamo quasi arrivati.» disse il bambino in mezzo alla coltre bianca attraverso cui vedeva benissimo. Si voltò il tempo necessario per notare la sorella che, spaesata, andava a sbattere contro una lapide.
« Ouch! Tommy, tutto bene? Non si vede niente con questa nebbia!» esclamò tastandola roccia ed iniziando ad impallidire« Non è possibile?!».
« Cosa, sorellona?» le si avvicinò e notò il nome sulla lapide: Émer(Ever) O'Cruinn. Non c'era una foto, ma dagli occhi lucidi di Lucrezia capì che era una donna che conosceva.
« Lo so, non è proprio un bel posto dove trovasi, ma Émer ha voluto che venisse nascosta qui ed era l'unico modo per fartela avere.» disse qualcuno dietro di loro e la nebbia si schiarì lievemente. Quando si voltarono videro una donna dai capelli neri lisci lunghi striati di grigio e gli occhi neri profondi come quelli di un uccello. Portava un abito lungo fino ai piedi sfrangiato come anche le maniche larghe che le coprivano le braccia pallide. Stava seduta sulla lapide opposta e guardava i due fratelli in modo strano. Non si capiva se fosse felice o triste, ma a Tommaso non importava: gli s'illuminarono gli occhi al vederla e le corse incontro dicendo:« Mamma!».
« Piccolo mio!» sorrise scendendo e prendendolo in braccio« Che bello poterti tenere di nuovo tra le mie braccia!».
Tommaso non l'aveva mai abbracciata davvero e gli sembrò la sensazione più bella che avesse mai provato. Sembrava di abbracciare Lucrezia, un tocco caldo e rincuorante, capace di spezzare la paura e portare l'armonia.
« Aspetta!? Tu sei Kathreen!?» esclamò Lucrezia.
« Tu mi hai conosciuto sotto quel nome, ma in realtà mi chiamo Badb.» spiegò la donna guardando la ragazza con dolcezza.
« Oh, perfetto! Sei sparita nel nulla, hai lasciato un figlio in più a mio padre senza spiegazioni e ora ti presenti al Cimitero Glasnevin dicendo che non ti chiami come ti abbiamo sempre conosciuto in mezzo a un banco di nebbia!?» la ragazza era arrabbiata, così Tommaso si voltò a guardarla e sorrise cercando di tranquillizzarla.
« Lei non poteva venire.» spiegò il bambino« Me lo ha detto tante volte che non poteva e le dispiaceva.».
« E cosa glielo impediva, sentiamo?» sbottò Lucrezia.
« La guerra.» spiegò la donna accarezzando la testa di Tommaso« Una guerra non voluta da noi e per cui dovremo prendere una scelta a breve.» fece un sospiro« Gli déi Greci e gli déi Egizi avevano iniziato a combattere già da molto tempo e, riscontrando una parità di potere, chiesero agli altri déi del Mondo di allearsi o da una parte o dall'altra. I Romani andarono subito con gli Egizi, ma noi Irlandesi ci ritrovammo con Núada e Lúg che avevano pareri diversi. Cinque anni fa venni richiamata al gran consiglio per la votazione, ma non servì a niente: stiamo ancora discutendo.».
« Frena, frena, frena! Di cosa stai parlando?! Esiste un solo Dio onnipotente ed eterno a questo mondo!» la bloccò Lucrezia.
« Se credi così sì, ma visto che hai in te sangue Egizio e Irlandese potresti avere la mente un po' più aperta, non trovi?» puntualizzò la dea.
Lucrezia fece un respiro profondo:« Bene. Allora esistono tante Culture a questo Mondo, cosa risaputa, e due di queste, che tecnicamente dovrebbero essere estinte, hanno iniziato a litigare mettendo in mezzo tutti in una guerra interculturale?» riassunse la ragazza.
« Precisamente.» sorrise Badb.
« E tu non sei potuta restare con noi perché sei...» incalzò aspettando la risposta della donna.
« Una delle tre Divinità della guerra e della discordia chiamate Morrígan, precisamente Badb.» concluse.
« Ecco perché parlo con cornacchie, corvi e avvoltoi!» esclamò Tommaso illuminato da quella informazione.
« Comunque ora dovete andare, non è ancora giunto il tempo che io resti con voi.» fece scendere il bambino e aspettò che una cornacchia grigia le si posasse sulla mano con uno zaino tricolore« Grazie cara.» la grattò sotto la testa e prese lo zaino per poi porgerlo ai due fratelli« Qui c'è tutto quello di cui avrete bisogno, o quasi.».
« E per cosa?» domandò Lucrezia prendendo la sacca e mettendosela in spalla.
« Voi due siete destinati a grandi cose, ma prima dovrete viaggiare e, sopratutto, fuggire da chi vi vuole fermare.» allungò la testa come a voler guardare dietro la ragazza« Lucrezia, potresti guardare dietro la lapide di tua madre? Dovrebbe esserci un cilindretto di metallo che sembra un tronchetto marcio.».
La ragazza alzò le spalle e fece come le era stato detto, mentre Tommaso la guardava incuriosito.
« Sì, c'è!» esclamò.
« Estrailo dal terreno.» ordinò« L'avrei fatto io prima che arrivaste, ma non posso proprio toccarla.».
« Toccare cos...ma quanto è lungo!?» estrasse una specie di pertica affusolata ad un'estremità con una punta di metallo alla fine« Una lancia vecchia come il mondo?».
« È la lancia di Lúg, il dio della luce. Non siamo in buoni rapporti, infatti io propongo di allearci con gli Egizi e lui preferisce i Greci, ma a parte questo. Ne io ne Tommaso possiamo toccarla, solo tu hai il diritto di tenerla in mano.» scosse la mano e fece apparire una spada dentro ad un fodero di metallo decorato e legato ad una catena tra le sue dita« Questa, invece, è la spada di Núada. Essendo dalla vostra parte me l'ha data per consegnarla a te, piccolo mio.».
« Che forte! Ho la spada del dio condottiero!» esclamò il bambino stringendo l'elsa ed estraendo l'arma. Era in legno con tre smeraldi incastonati e finemente decorata da simboli irlandesi dell'elsa che ricordava la forma di un osso. La lama era in acciaio temperato, lunga ed affilata« Grazie, però non so usarla.».
« Sei figlio di Badb, una delle dee della guerra, credo che la saprai farne buon uso. Un'ultima cosa che mi ha chiesto Aurelio: dovresti darmi il tuo cellulare, Lucrezia.» disse Badb.
« Perché?» domandò la ragazza.
« Il telefono di vostro padre sarà sempre sotto controllo per sapere dove siete, inoltre potrebbero trovarvi tramite il tuo numero. La guerra è subdola e spietata, cerca le informazioni di cui ha bisogno nei modi più silenziosi e legali possibili.» sospirò amareggiata«Sopratutto adesso che vi si può trovare in qualunque posto e in qualunque momento. Oserei dire che oggi come oggi la guerra è diventata noiosa: i nemici sono sempre rintracciabili e lo scontro si stringe ad un piccolo attacco a sorpresa.» prese l'apparecchio che Lucrezia le passava ed allargò le braccia« Ora andate, la strada è lunga e dovrete attraversare i vecchi sentieri sacri.».
« Aspetta! Se queste armi sono Leggende Irlandesi, noi come facciamo ad usarle che siamo Egizi, come hai detto tu?» domandò giustamente Lucrezia.
« Siete sia l'uno che l'altro, sono secoli che le culture si mescolano. Come ti ho già detto, tu sei sangue di Wicca, è per questo che tua madre è stata uccisa.» rispose.
« Cosa? Non è stato un incidente?» Tommaso notò lo sguardo sorpreso della sorella. Non sapeva molto di prima della sua nascita, ma forse la madre di Lucrezia non era semplicemente "dovuta andare via" come Badb.
« Andate, ci vedremo quando incontrerete il Druido che parla con la Völva.» si trasformò in cornacchia grigia e volò via.
I due fratelli studiarono per un po' le nuove armi, poi Tommaso disse:« Aíbell e Cailte c'indicheranno la strada.».
« È pur sempre un inizio.» rispose Lucrezia, poi s'inginocchiò sulla tomba di Émere e disse toccando il nome con le dita« Scoprirò chi ti ha ucciso, mamma.».
« Tutto bene?» chiese Tommaso. Capiva che la sorella era molto turbata, però era curioso di sapere cos'era successo. Nello stesso tempo si rendeva conto che non era il momento più opportuno per parlarne.
« Ora sì. Forza, Figlio della Discordia, andiamo a seguire il nostro destino!» rispose, nei suoi occhi riluceva un bagliore diverso, in bagliore più determinato. Aveva già visto solo due volte quel bagliore nello sguardo della sorella ed era sempre stato un segno positivo.
Tommaso annuì sorridente ed iniziarono a seguire Aíbell e Cailte verso quella che si prospettava un'avventura tra boschi e valli incontaminate.




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