XIII-In fuga dall'amore

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Andrew

Andrew non sapeva perché l'aveva fatto.
Perché rischiare la vita per salvarla ad una persona a lui sconosciuta? Perché farsi nemico uno degli déi più forti di Asgarðr per colui che non poteva vedere?
Una freccia. Era bastata una freccia lanciata con la sua precisione d'arciere esperto per rovinargli la vita per sempre. Se Thor fosse rimasto ferito lui sarebbe finito chissà dove, magari accanto a suo padre incatenato per l'eternità tra dolori atroci. Gli déi potevano dare l'immortalità a chi volevano, perché non darla a lui per farlo soffrire in eterno?
"In fondo nessuno mi avrebbe mai accettato." pensò "Sono figlio di Loki, chi mi vorrebbe?".
Un lampo apparve tra la freccia ed il dio, poi si sentì un clangore metallico e il dardo cadde a terra inerte. Un scudo tondo di legno e ferro tipicamente vichingo nascondeva una figura esile femminile.Teneva la protezione sul bracco sinistro, mentre nella mano destra impugnava una spada argentea come il martello di Thor.
« NON TI PERMETTERÒ DI FERIRLO!» esclamò la voce facendo tremare Andrew. Era adulta e matura, ma sopratutto era una voce che conosceva troppo bene. La ragazza scostò lo scudo mostrando i suoi adirati occhi verdi e i capelli rossi mossi dal vento« ANCHE SE QUESTO VUOL DIRE COMBATTERE CONTRO DI TE, ANDREW!».
« Verena.» balbettò colto alla sprovvista. Non poteva farle del male, non voleva farle del male.
« Ti avevo detto che anche lui sosteneva che eri mio figlio.» disse Loki« Ora decidi cosa vuoi fare: combattere o tornare a casa e raggiungere una Völva? Meglio se ti sbrighi, lei mi sembra non troppo pacifica.».
Appena finita la frase, infatti, Verena si lanciò su Andrew e lo scaraventò a terra colpendolo sul petto con lo scudo. Gli rotolò addosso e si alzò in una frazione di secondo. Il ragazzo si riprese in tempo per parare la spada con l'arco, ma lei lo aveva bloccato a terra.
« Perché?» domandò guardandola negli occhi.
« Non ti permetterò di fare del male a mio padre!» rispose seria, ma non sembrava convinta della rabbia che provava« Non ti permetterò di ferirlo, in nessun modo. Anche se questo vuol dire perderti per sempre.».
Alzò la spada e Andrew rotolò via prima che gli perforasse la testa.
«Ma io non voglio combattere contro di te!» esclamò.
« Allora difenditi! Io attaccherò finché avrò forze e anche quando le avrò finite continuerò a lottare! Continuerò a combatterti fin quanto sarà necessario.» si fermò un attimo« Fuggi prima che la rabbia prenda il sopravvento su di me e ti annienti.».
« Ma...» cercò di dire Andrew.
« La prossima volta che c'incontreremo cercherò di ucciderti.» lo avvertì minacciosa.
« Verena...» disse lui.
« VA VIA!» Andrew si scansò prima che la spada della ragazza lo tagliasse a metà. Il ragazzo la guardò e, notando gli occhi supplicanti di lei, mise l'arco in spalla e corse via. Corse più veloce che poté per evitare che le lacrime gli scendessero sul viso.
Corse per evitare ripensamenti. Non avrebbe mai combattuto contro Verena, non avrebbe mai provato a ferirla. Anche se lei avesse provato ad ucciderlo, lui si sarebbe solo difeso senza attaccarla. Sarebbe morto piuttosto che farla soffrire. Pur di scegliere tra l'ucciderla e l'essere ucciso dal suo ferro.
Arrivò a casa verso le due di notte ansante e madido di sudore. Le luci alle finestre erano accese e l'ombra femminile che faceva avanti e indietro dietro alle tende gli fece capire che sua madre era ancora sveglia. Probabilmente era ancora preoccupata per il suo arresto, oppure sapeva che Loki era venuto a prenderlo e temeva si fossero uccisi a vicenda. Come se il ragazzo avesse mai avuto speranze contro un dio.
Andrew prese le chiavi dalla tasca dei pantaloni ed entrò. Appena Frida lo vide gli corse incontro e lo abbraccio forte, poi lo guardò angosciata. Aveva i capelli castani lisci legati in una coda strettissima che sicuramente le faceva male, mentre gli occhi verdi brillavano come smeraldi.
« Tutto bene? Dov'è tuo padre?» domandò« Spero non sia successo nulla di grave.».
« Io tutto bene, ma lui sta combattendo contro Thor.» rispose Andrewserio, quai infastidito dal fatto che la donna fosse interessata alla salute di chi l'aveva abbandonata« Ha detto che devo partire subito.».
« Mi aveva avvisato, purtroppo.» unì le sottili mani pallide in preghiera, un gesto che non presagiva nulla di buono, ma che sottolineava anche la saggezza di tale scelta« Io sono tua madre e devo accettare il destino che ti attende.».
« Il destino che mi attende?» la sua testa atea faceva fatica a pensare al "destino" come a qualcosa di già scritto.
« Non so nemmeno io i dettagli.» sospirò dispiaciuta per quella mancanza« A dire la verità nessuno li sa. La Völva e solo lei può raccontarti cosa farai e cosa ti succederà, io sono solo una Druida e non ho il potere di vedere nel futuro.».
« Una Druida? Cioè una di quelle che fanno strane pozioni in Francia?» Asterix ed Obelix non erano proprio quello a cui voleva pensare in quel momento.
« Più o meno, non propriamente francese.» guardò fuori dalla finestra con sguardo sognante e triste, lo sguardo che aveva quando guardava la foto di Loki« Se vuoi aspettare le prime ore del mattino per partire posso raccontarti un po' di cose. Poi se ti va puoi raccontarmi quello che è successo a te.».
Andrew seguì lo sguardo della madre, poi annuì e si sedettero al tavolo della cucina. Non era una grande casa: due camere, un bagno e una cucina abbastanza grande per contenere un tavolo quadrato non allungabile. Non avevano mai potuto invitare nessuno a cena, ma non gli importava granché: era così bello stare da soli loro due. Cosìrilassante parlare di cosa era successo durante la giornata,isolandosi dal resto del mondo. Andrew era cresciuto così, con suamadre come unica persona che lo capiva e che non si scandalizzava perquella specie di aura che lo circondava quasi sempre.
Frida spiegò al figlio ciò che sapeva: che era Druida Irlandese e che sicuramente anche lui aveva ereditato qualcosa di speciale, che suo padre di fatto non li aveva mai abbandonati e che non era cattivo come molti lo descrivevano. Gli spiegò che temeva il giorno della loro separazione da quando era nato, ma che era giusto così. Gli regalò un fagotto con oggetti druidici che teneva da parte per quel giorno che Loki le aveva predetto qualche anno prima in sogno. Mentre parlava provava ad essere fiduciosa, ma dalla sua voce trapelava paura per ciò che attendeva il figlio. Si era slegata e riallacciata la coda dei capelli in segno di nervosismo facendola ogni volta più larga. Alla fine era arrivata a legarseli in fondo come le mamme dei cartoni animati giapponesi.
Andrew parlò quando sua madre ebbe finito, girandosi tra le dita il fagotto da Druido come a voler studiare quella sua natura appena scoperta. Le raccontò di tutto quello che era successo quel giorni: la gita, il caos nel parco, l'arresto, l'arrivo di Loki con l'arco e le frecce, il suo istinto di protezione verso di lui e l'attacco di Thor. Quando arrivò a Verena dovette respirare diverse volte tra una parola e l'altra per evitare di piangere. Non poteva permettersi sentimentalismi davanti a sua madre, c'era troppo poco tempo. Già sarebbe stato straziante allontanarsi dalla prima donna che avesse mai amato, farle pesare anche il dolore che provava per l'addio alla seconda era insopportabile.
Finito di parlare prepararono assieme uno zaino con una bandiera norvegese stampata davanti che aveva usato per un campo estivo all'estero con ragazzi di nazionalità differenti. Doveva essere un modo per socializzare, ma non aveva cambiato la sua situazione.
Sacco a pelo, oggetti da bagno, cambio, oggetti druidici e libri di sua madre sull'argomento. Mancava solo la forza di dirle addio, ma aveva imparato a prendersi le sua responsabilità ed a capire quand'era il momento di abbandonare il cuore ed usare solo il cervello. O almeno quella piccola parte non caotica che si salvava.
« Dovrai imparare molte cose, portati questi.» disse Frida dandogli un quaderno e una penna a sfera a scatto. Frida era fissata con la memoria scritta e lui non le dava torto, senza contare che lo scrivere a mano gli era sempre piaciuto. Era elegante, sinuoso, puro,ma sopratutto era unico. Nessuno aveva la scrittura identica a quella di un altro e ciò la rendeva quasi magica. Vedere i suo compagni che prendevano appunti sui tablet senza dare un briciolo di personalità alle informazioni gli dava quasi ribrezzo. Forse era anche per quello che gli piaceva Verena, una delle poche ad usare ancora carta e penna« Prendi appunti su tutto quello che ti capita e su chi incontri, ogni informazione ti sarà utile.».
« Mi consigli fino all'ultimo di essere aperto a tutto.» notò Andrew infilando gli oggetti nello zaino.
« Sapere è potere e il sapere che avrai raccolto magari ti servirà un giorno.» Frida sorrise e guardò l'orologio che stava per puntar sulle cinque del mattino« A quanto pare devi andare: bussola?».
« Ce l'ho.».
« Mappa?».
« C'è.».
« Appunti sulle varie Religioni del Mondo?».
« Sì.».
« Armi?».
« Sì.».
« Line?» la serpentina, che era sempre rimasta raggomitolata su un cuscino aspettando che Andrew partisse, scivolò sulla spalla del ragazzo.
« Sì.».
« Felpa se fa freddo?».
« Mamma!».
« Sono pur sempre tua madre.» risero di quella battuta cliché, poi si abbracciarono. Andrew sperò che quel momento non finisse più, ma sapeva che non era possibile« Buona fortuna.».
« Anche a te.».
Aprì la porta ed uscì salutandola mentre si allontanava. Guardò il cielo notturno e strinse ancora di più la mano sull'arco. Era riuscito ad incastrare la faretra sulla spalla destra i modo che non gli sbilanciasse lo zaino, ma l'arco era stretto nella sua mano pronto a scoccare i suoi micidiali dardi del caos. Aveva detto addio a tutto quello che amava, non si sarebbe mai fatto uccidere facilmente.
« Bene, Line.» disse grattandole la testolina« Tutto a Ovest, andiamo a incontrare il mio destino.».

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