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3 Luglio 2014

Louis c'era rimasto male per il comportamento di Harry del giorno precedente. Non era abituato ad avere persone sgarbate intorno a sé.

Anne si era subito scusata al posto di suo figlio, spiegando che Harry non fosse per niente d'accordo con gli scambi culturali e specialmente con la condivisione della propria camera con degli estranei. Perché effettivamente Louis aveva il suo letto poco distante da quello di Harry -non essendoci altre camere disponibili, purtroppo.

Louis si era dedicato a disfare la sua valigia, a sistemare il suo amato pigiama sotto al cuscino e a parlare con sua madre al telefono -raccontandole che il luogo dove sarebbe stato era davvero bello e che la famiglia era davvero gentilissima, omettendo volutamente la piccola parentesi di Harry.

Poi era sceso da Anne e si erano messi a parlare un po'. A Louis faceva bene dialogare in inglese, l'avrebbe reso forse leggermente più sicuro di sé.

Si era accorto, guardandosi intorno, di una giovane figura femminile presente quasi in ogni foto. Così ne aveva approfittato per chiedere ad Anne chi fosse: la donna, con un sorriso, gli aveva raccontato che fosse sua figlia Gemma, che lavorasse in Australia e che fosse più grande di Harry di pochi anni.

Dopo di che, Anne si era proposta di accompagnare Louis in quella che sarebbe stata la sua nuova scuola. Gli aveva dato indicazioni e lo aveva fatto scendere dalla macchina assicurandogli che lo avrebbe aspettato lì fuori.

Louis era uscito da scuola, sotto gli occhi curiosi di tutti gli studenti, in imbarazzo e con le gote colorate leggermente di rosso. Per lui era stato parecchio complicato intraprendere una discussione con il Preside senza inciampare ad ogni parola: si era dovuto concentrare per capire tutte le frasi e cercare invece di non scambiare fischi per fiaschi. Sarebbe stato un grosso problema per lui e non voleva mettersi in ridicolo già da subito. Il Preside lo aveva poi congedato porgendogli il suo orario scolastico, un cartellino di riconoscimento da appendere al collo, ed informandolo che avrebbe cominciato direttamente il giorno successivo. Louis lo aveva ringraziato ed era uscito dall'ufficio del Preside senza far vedere la sua voglia di scappare da lì dentro.

Poi erano tornati a casa e Louis si era rintanato nella sua stanza per imparare l'orario del giorno successivo. Il Preside gli aveva spiegato che nella sua scuola insegnavano inglese -ovviamente-, matematica, scienze, informatica, storia, geografia, musica, arte, educazione motoria e una lingua straniera a scelta degli studenti; ma aveva aggiunto che Louis, essendo lì solo per quindici giorni, avrebbe potuto scegliere facoltativamente solo una di quelle materie e partecipare poi alle lezioni obbligatorie di inglese tenute da professori madrelingua, scelti in base al suo livello di inglese. Quindi l'indomani avrebbe cominciato alle nove del mattino con un test di ingresso e poi sarebbe andato ad assistere ad alcune lezioni in modo da decidere la materia facoltativa.


Un bussare alla porta lo distolse dai suoi pensieri e si voltò di scatto verso la donna "Hey, la colazione è pronta!" sussurrò.

Quindi Louis annuì, si alzò dal letto, piegò il suo pigiama sotto al cuscino e timidamente seguì la donna al piano inferiore. Era in quella casa da appena due giorni e si era già abituato al buon odore proveniente dalla cucina: che fosse per colazione, pranzo o cena, Anne stava sempre lì per preparare squisitezze.

Louis si riteneva fortunato da questo punto di vista perché alcuni suoi amici, che erano partiti altre volte per l'Inghilterra, gli avevano raccontato con espressioni schifate che gli inglesi non erano affatto bravi con il cibo e che preparavano solo schifezze.

Cultural Exchange • Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora