7. Liar

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Liar

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"Scarlett, non hai altra scelta," scuote il capo mia madre e si siede nel divano bianco della sua camera, "non ti ho offerto una proposta ma ti ho imposto un obbligo."

Alzo gli occhi al cielo e sbatto il palmo della mano destra sulla superficie fredda del legno scuro del tavolino. "E se io non volessi?"

"Abituati."

"Non voglio essere costretta al fidanzamento soltanto per un'alleanza." Replico e mi posiziono in modo scomposto nella poltrona.

"Non sei tu a scegliere."

"Potevate avvisarmi almeno una settimana fa." Scatto.

"Non credo tu debba sapere tutto subito."

"Riguarda il mio futuro e tu lo sai." Ringhio verso di lei. La donna ormai di mezza età, reprime un sorriso di nervosismo e si alza nuovamente dal divanetto con eleganza, devo ammettere. Lei è il mio opposto. Ama essere perfetta e ci riesce. Io in confronto a lei sono disordinata e scomposta.

"Devi essere lì entro le dieci." Alza un sopracciglio e mi osserva con le mani unite dietro la schiena. Deglutisce pesantemente e cammina verso la grande finestra, osservando ciò che ha di fronte: L'incantevole vista del nostro giardino ed i bellissimi alberi secolari. Io, invece, la guardo con disprezzo mentre in meno di un secondo, torno in una posizione eretta e mi piazzo vicino a lei.

"Posso sapere almeno il suo nome?" Presso le labbra l'una contro l'altra e sento la porta aprirsi. Entrambe giriamo il volto verso di essa e non sono sorpresa nel vedere Luke. Mia madre lo scruta attentamente e sorride soddisfatta, notandolo già pronto.

"Louis William Tomlinson." Dice.

Annuisco e corrugo la fronte. "Quindi anche mio fratello sapeva di tutto ciò prima di me?" Domando con voce fredda e distaccata.

Annuisce. "Si ma--"

"Delusa." Mormoro, uscendo dalla stanza più arrabbiata che mai. Luke afferra il mio polso e sussurra un "mi dispiace" dolce mentre io mi libero subito dalla presa e corro verso la mia stanza.
Vogliono la guerra e che guerra sia.

Indosso svogliatamente un vestito nero e non mi faccio nemmeno i capelli: credo possano andare più che bene per questo insignificante incontro. Vorrei presentarmi anche in pantofole ma non sono così cattiva, così scelgo delle bamboline basse e nere. Non mi trucco nemmeno un po' ed esco. Gli occhi colmi di rabbia di mia madre atterrano su di me e stringe i pugni come per trattenersi dallo scoppiare. Si avvicina e fa scorrere il suo sguardo duro per tutta la mia figura. Apre la bocca tinta più volte come per pensare bene a cosa dire. Resto in attesa delle sue parole e sono devastanti quando arrivano. Mi colpiscono un po' come i proiettili.

"Ti tolgo il pianoforte."

Quattro parole.

Quattro parole ma abbastanza per farmi tornare dentro a sistemarmi in modo eccellente. Passo più volte la matita nera intorno ad i miei occhi rendendoli più grandi e quasi felini. Afferro delle scarpe alte e le indosso ed infine scelgo un vestito di colore viola.

Uscendo, noto subito mia madre. Mi stava aspettando, probabilmente. Sorride soddisfatta e la ignoro, iniziando a camminare rigida.

"Sistema meglio quel ciuffo." Mi avvisa.

"Va bene." Roteo gli occhi e scendo le scale dato che l'ascensore è occupato e non ho voglia di aspettare.

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