Capitolo 4

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Martedì, ore 10.00

Dopo l'episodio dell'altra settimana al ristorante, non sono più uscita con Christopher. Ho sempre cercato scuse per stare il meno possibile da sola con lui, perché è come se fosse in grado di spogliarmi l'anima ed io non voglio che veda anche il lato fragile di me che esce, quasi incredibilmente, solo quando sto con lui. Sto aspettando un pacco dal corriere, ma, dato che Christopher oggi mi ha obbligato a fare 2 ore di straordinari, non so se sarò a casa per riceverlo. Controllo sulla mail dal computer aziendale, per vedere se riesco a tracciare il pacco. Arriva domani. Perfetto, cercherò di essere in casa alle 14. Nel frattempo, mi si avvicina Lucas — Lucas Wilson — un mio collega e mi avvisa che dobbiamo lavorare insieme al caso di un cliente. Prendo su tutto ciò che mi serve e mi dirigo, con lui, alla sua scrivania. Non ho un debole per i lavori di coppia, perché mi piace fare le cose a modo mio e non sempre questo va bene all'altra persona. Anzi, a dir la verità, quasi mai. Però devo ammettere che con Lucas mi trovo bene, lavoriamo in modo fluido e ci compensiamo a vicenda. Tra una risata e l'altra, sta procedendo tutto per il meglio, quando sento una mano che si appoggia alla mia spalla destra. Sussulto e mi ritrovo dietro Christopher.

"Allora, come sta andando?" mentre parla, non smette di massaggiarmi la spalla

"Bene, lavorare con Violet è perfetto. Dovremmo fare più spesso coppia."

Okay, non allargarti troppo, ragazzo.

"Beh, immagino che lui volesse dirti che abbiamo quasi finito, ma ha scelto le parole sbagliate"

Vedo che Lucas sbianca, ma deve semplicemente imparare a misurare le parole con me e a usare quelle giuste.

"Ottimo, così va meglio"

Chris ci sta spiegando di una riunione extra che ha stasera con altri dirigenti, quando gli suona il telefono. Interrompe immediatamente il discorso, risponde e si allontana di passo. E sorride.

Ore 17.30

Busso alla porta del suo ufficio.

"Avanti"

Sorride quando mi vede con in mano una tazza di caffè

"E' sorprendente come tu faccia a sapere quando mi farebbe piacere un caffè."

"Beh, non è difficile da immaginare dato che è dalle 7 del mattino che stai lavorando senza sosta. La caffeina aiuta in questi casi" gli dico sorridendo

"Già, ottima idea. Grazie di nuovo"

Fa per chiedermi dello zucchero. L'ho capito dalle rughe che gli si sono formate in mezzo alla fronte quando ha preso in mano il cucchiaino e non ha trovato la bustina di zucchero, allora lo precedo.

"C'è già. Mezza bustina"

"Non solo osservi, hai anche un'ottima memoria!"

"Sì, ma non abituarti troppo al caffè a metà pomeriggio, capo"

Gli faccio l'occhiolino ed esco.

Mercoledì, ore 13.00

Sto lavorando al computer per finire le ultime cose del cliente McCooper con Wilson e sono pronta per andare a casa: mi aspetta il corriere.

"Montgomery, nel mio ufficio"

Sbuffo. Ci mancava questa.

"Burns, dica" vuoi giocare? Giochiamo.

"Ieri mattina ho notato, da buon osservatore quale sono diventato grazie ad un'ottima maestra, che era in stretta confidenza con Wilson. Come mi spiega questo fatto?"

"Non è con l'aggettivo "ottima" che mi calmerà, Burns. A parte questo, non vedo il motivo per cui dovrei darle una spiegazione, dato che quando le è suonato il telefono ha iniziato a sorridere come un quindicenne con gli ormoni in subbuglio, abbandonando due suoi dipendenti nel bel mezzo di una conversazione di lavoro"

"Abbandonando? Addirittura? Non è che in lei si è scatenata un po' di gelosia?"

"Con me non funzionano questi giochetti. Non le devo nessuna spiegazione, perché abbiamo terminato il lavoro anche in anticipo e mi sembra che non abbiamo nemmeno mancato di rispetto alla serietà che va osservata nell'orario di lavoro. E comunque, tengo a precisare che la risposta è no"

"Nemmeno io ti devo spiegazioni, se la mettiamo così."

"Non la voglio infatti. Sei stato tu a chiederle a me, non io a te"

Fa un passo verso di me.

"Ottima oratrice, sai anche usare le parole nel modo giusto e al momento giusto. Sono sempre più felice di averti assunto"

Faccio un passo verso di lui.

"Non ci provare, con me non funziona così e lo sai."

Fa un altro passo verso di me.

"Lo so, ma mi diverto a provocarti"

Rimango dove sono perché se mi muovessi di un solo millimetro gli finirei addosso.

"Attento, Chris, col fuoco devi saperci a che fare, altrimenti ti bruci"

"Mi sembra che ho imparato in due settimane a conoscere il tuo fuoco, non credi? Sai, è stato adorabile vedere tingere le tue guance di rosa quando ti ho massaggiato la spalla, ieri"

"Ah, davvero mi hai massaggiato la spalla? Non me ne sono nemmeno accorta"

"Non pareva, in realtà. Il tuo corpo mi sembrava che lo sapesse eccome"

Non so più cosa dire, davvero. Una delle prime volte in vita mia sono stata zitta. Svuotata dalle parole e con le gote rosse, scommetto.

"Montgomery, andiamo a pranzare"

"Io sto andando a casa, devo arrivarci per le 14.00, mangio là"

"Dai, non farti pregare"

"No, davvero, non posso. Sto aspettando il corriere"

"Da brava Donna quale sei, fallo aspettare. Come fate con gli uomini, no?"

Rido. Quando se ne esce con queste frasi non posso farne a meno.

"Dico sul serio, fallo aspettare. Andiamo a pranzo, io e te"

Non rispondo perché non so cosa dire. E' una lotta continua tra mente e cuore.

"Va bene, la verità è che ho voglia di stare un po' con te. E' da due settimane che non mangiamo insieme. Ci stai?"

Chiudo gli occhi e sbuffo. Li apro e trovo i suoi azzurri a guardarmi divertiti.

"Andiamo"

Mi infilo il giubbotto e, nel frattempo, lui accosta il viso al mio orecchio.

"Ah, comunque, ieri mattina ero al telefono con mia sorella, che vive a Pechino. Viene in città per il suo compleanno. Ecco perché sorridevo"

"Burns, se dici un'altra parola, oggi pranzi da solo"


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