Appena scesa dal pullman, cominciai a respirare la monotonia che quella scuola emanava nell'aria con tutta sé stessa.
È molto grande, ma allo stesso tempo è così vuota, deserta, triste, marcia.
Le persone sono vuote, corpi ambulanti, per aver avuto il coraggio di soffocare sé stessi e creare un'immagine diversa. Essere accettati dal resto del gregge, rientra tra le loro principali priorità.
Un ennesimo giorno in quella classe. Avevo il voltastomaco. 270 giorni all'anno in quelle quattro mura crollanti e rovinate, non mi faceva sentire certamente diversa dagli altri.
In classe ero sempre assente, preferivo evitare il contatto con persone di quel genere. Lo facevo senza sforzi, perché per loro era lo stesso. Indirettamente avevano capito che molte cose mi rendevano diversa da loro, ma ce n'era una in particolare. Non riuscivano a capire cosa, ma sicuramente lo percepivano. Sono nella loro stessa situazione. Chi è Daisy Scott? Una pazza visionaria destinata a marcire nella stanza di un manicomio, o una semplice ragazza che deve smettere di guardare troppi film?
La campanella della ricreazione mi riportò alla realtà. In un attimo la classe si era svuotata, e i corridoi riempiti di confusione. Una mandria di bufali. Mi precipitai a chiudere la porta, facendola sbattere. Notando la finestra spalancata nel bel mezzo di un temporale, imprecai. Coglioni. Dovete morire di freddo. Affacciandomi quanto basta per non bagnarmi, intravidi quella che sembrava una coppia felice, in preda alla passione più travolgente. Lui le teneva le guance, e continuava a baciarla come se ogni volta fosse l'ultima. Lei piangeva con il cielo e teneva gli occhi aperti, intenta a guardarlo mentre le baciava i sorrisi. Potevo sentire i loro cuori bussare all'unisono. Che sia stata una mia impressione o meno, era il suono più bello che avessi mai sentito. Non appena la coppia cominciò ad allontanarsi, chiusi la finestra. Quella visione mi aveva stravolta. Infatti, dal riflesso del vetro potevo benissimo notare la mia faccia da ebete. Avevo gli occhi così spalancati che sembravano palle da bowling. Anzi, direi che ero più simile ad un birillo. Colpita in pieno.
L'amore è un sentimento impossibile da capire, specialmente quando si prova. Proprio quando ci siamo dentro non riusciamo a darci spiegazioni, qualsiasi cosa facciamo. Ma quanto potrà mai durare, l'amore? Che senso potrebbe mai avere godersi un attimo di felicità pura, e passare il resto della vita a rimpiangerlo? Dovevo starne alla larga.
Tenendo gli occhi ancora fissi sul mio riflesso, l'immagine non sembrò più la stessa. Sembrava cambiare continuamente. I capelli mogano divennero completamente neri, poi biondi, poi bianchi. Gli occhi verdi cambiarono graduazione fino a diventare completamente neri. Mi allontanai fissando quello spettacolo orribile, e quando arrivai al culmine lanciai un urlo, coprendomi il volto con le mani. Visioni del cazzo. Dopo alcuni secondi tolsi le mani di scatto. I capelli sono di nuovo ramati, gli occhi sono tornati verdi, e io sono ancora io.Decisi di uscire dalla classe prima che la ricreazione finisse, ne avevo abbastanza di vetri e specchi.
Merda. Ma come diavolo è possibile che una porta come questa possa bloccarsi? Sforzai la maniglia più e più volte, ma non servì. A quel punto un rumore assordante riempì la stanza. Un rumore mai sentito prima, il cui impatto fece rovesciare a terra una o due sedie, e spostò i banchi. Forte, pungente, avrebbero potuto sanguinarmi i timpani. Coprire le orecchie non faceva alcun effetto. Non avevo la forza di sopportare un dolore del genere, scoppiai in un pianto soffocante. Le luci della classe si spegnevano e si riaccendevano, riuscii a girarmi verso la lavagna, che improvvisamente aveva una scritta grande e calcatissima: DAISY. Una scritta bianca che compariva e scompariva quando la luce era spenta.- Basta!
Urlai talmente forte che la voce si spezzò. Tutto tacque. La scritta scomparve. E io ero a terra, distrutta.
Suonò la campanella, ma ero talmente sfinita dagli ultrasuoni di prima, che anche quella mi arrecava dolore ai timpani. Due compagne di classe aprirono la porta di scatto, trovandomi in condizioni pessime. A terra, con gli occhi gonfi, le mani sulle orecchie e le lacrime agli occhi.
E adesso? Come glie lo spiego?
- Ti... ti abbiamo sentito urlare qui fuori - volevano mostrarsi preoccupate, ma il loro volto le tradiva. Erano spaventate. Terrorizzate. - Ho lasciato il mio ragazzo - provai a dire. Cazzata. Conoscono meglio di me la noncuranza con cui tratto ogni essere umano di sesso maschile. Ma mi credettero, forse perché volevano evadere dall'argomento. Ci sedemmo, mentre la classe si riempiva nuovamente per affrontare una pallosa ora di matematica. Quello che era appena successo, l'ho vissuto soltanto io. Nessuno di loro era minimamente frastornato. Chi mi crederebbe se ne parlassi? Andrò davvero a finire il resto dei miei giorni in un istituto per igiene mentale?
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OBSESSION (in revisione)
FantasyLei è piccola e fragile, ma è sempre avanti di un passo. Lui è un mostro, la personificazione del male. Lui la odia, vuole ucciderla. Ma lui la ama, come può ucciderla?