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La voce del professor Han sembrava così lontana e indefinita. Seguire la lezione era il mio ultimo pensiero dopo quanto accadde poco prima. Sono pazza. L'unica spiegazione plausibile era questa. Non era possibile. Non era umanamente possibile. Una visione del genere sarebbe troppo realistica. Di queste non ne avevo mai vissute fino ad allora, nonostante fossero frequenti. Dal mio settimo compleanno, ombre, luci, figure e sogni strani entrarono a far parte della mia vita. Quasi tutte sono sempre state piccole visioni fulminee, come di passaggio, eccetto una.

La vidi per la prima volta ad otto anni. Era una notte bianca di primavera. Quando non riuscivo a dormire, amavo osservare il manto scuro delle colline sbiadito dai grossi lampioni fuori dalla finestra della mia piccola stanza. Ma ciò che avrei amato di più era riuscire ad ammirare la vasta distesa di stelle che abitano il cielo. Tutte. Proprio da quella finestra. Era un desiderio irraggiungibile a causa dei lampioni, ma cercavo sempre di soddisfarlo a tutti i costi, anche se con scarsi risultati. In effetti credevo che sforzando la vista, prima o poi le stelle sarebbero saltate fuori come per magia. E fu una di quelle volte che le cose andarono diversamente. Proprio davanti a me, ai piedi della finestra, si materializzò una sorta di nebbia grigia che aumentava sempre più il suo spessore, fino ad emanare un odore di muschio. Indietreggiai di scatto, tremante. Accesi la luce, e la vidi per davvero. In pochi attimi aveva riempito la stanza della sua consistenza, era diventata nera come il carbone, densa. Una specie di nuvola. Alla vista di una cosa così terrificante, gridai disperatamente. Quando però osservai che il mio grido era sincronizzato ad una scarica elettrica che colpì il centro della stanza, in qualche modo ipotizzai un collegamento tra me e quella nuvola. Quasi come se rappresentasse le mie emozioni.
Quando mia madre irruppe nella stanza, tutto scomparve. Come se non fosse mai comparso. Per questo motivo lei non lo ha mai saputo. Avevo paura di quello che avrebbe potuto pensare di me.

- Scott? -
Distolto lo sguardo dalla finestra, mi voltai verso la cattedra. - Si può sapere che stai guardando là fuori? - in un attimo, tutti si voltarono verso di me. - Non sto guardando niente, mi scusi. -
- Ah niente? Perché a me pareva proprio che i tuoi occhi fossero incollati agli alberi. Con chi sto parlando secondo te? Con il muro? - Sprizzava rabbia da tutti i pori, mentre gli altri sghignazzavano, ridendo solo come i maiali sanno fare. - Comunque, ti stavo invitando a risolvere questo sistema alla lavagna. Avanti. - No. Diamine. Non può chiedermelo proprio oggi, appena dopo quella tortura. Non saprei dove cominciare. - Non me la sento - fu l'unica scusante che avevo in mente. - Beh che tu te la senta o meno, non mi interessa. Devo avere almeno un voto per ognuno di voi, quindi o mi risolvi questo sistema, o ti schiaffo un due. - Era uno stronzo, lo faceva apposta. Mi alzai dalla sedia. Puoi farlo, Daisy. Hai davanti un semplice sistema di disequazione. Ma solo tre secondi dopo aver preso il gesso per scrivere, scivolò dalla mano e cadde. Sulla lavagna non c'era scritto alcun sistema, non più. Quelle che vedevo erano centinaia di lettere in continuo movimento tra di loro, come se avessero vita propria.
Ma io non ne potevo più. Visioni, rumori, pazzie, e adesso anche questo idiota.
- Se le ho detto che non me la sento, significa che non me la sento! Insomma guardi, ci sono altre ventinove persone che potrebbe interrogare al posto mio oggi. E poi che fretta ha? Ci manca solo un voto, e lei ha tempo fino al prossimo mese. Si rende conto? - al suono di quelle parole, il professore si alzò in piedi. In classe calò il silenzio. Sapevo perfettamente che mi stavo mettendo nei guai, ma la rabbia prese comunque il sopravvento. - Incompetente. Tu pensi che in un solo mese io riesca ad interrogare alla lavagna trenta persone, perdendo un'ora con te oggi?
- Interrogarle no, ma se fissasse una data per un compito in classe avrebbe un voto per tutti in un solo giorno. L'incompetente sarei io? - spiazzato, Han si sedette. - Intanto il due te lo metto. Scott, sappi che devo fare un bel discorso a tua madre. Una maleducazione inaudita. Sei sempre stata un'alunna brillante, non mi capacito di questo losco cambiamento. Lo hai voluto tu. In quanto a voi - si voltò verso il resto della classe - Martedì prossimo c'è il compito in classe. - Suonò la campanella finale. Mi ha messo un due, eppure il compito lo ha fissato. Fui la prima ad uscire da quella classe.
Sicuramente qualcosa stava cambiando.
Qualcosa stava crescendo dentro di me. L'odio, verso tutti. Non mi fidavo di nessuno, e ad ogni piccola cosa tiravo fuori gli artigli.
Mentre tornavo a casa, i miei pensieri furono invasi dalla quella scenata. 

OBSESSION (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora