One.

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In quei tempi nel Porto, capolista del campionato portoghese, giocava un giovane colombiano piuttosto talentuoso.
Il suo nome era James Davíd Rodriguez Rubio e, pian piano, stava conquistando i cuori dei tifosi portoghesi con le sue giocate e i suoi goal incredibili.

Quella sera si giocava Porto - Sporting Lisbona, James era agitato e molto carico. Era una partita cruciale.
Il colombiano era diventato inoltre un leader anche nello spogliatoio;
Caricava i suoi compagni e, quando serviva, asciugava le lacrime a tutti.
Un ragazzo d'oro, insomma.

Si ispirava tanto ad un calciatore portoghese, poco più grande di lui, e diciamocelo, sarebbe stato un suo degno erede.
Era ormai arrivato il momento del fischio di inizio. James fece un paio di salti, poi fece sbattere le punte dei suoi scarpini sull'erba verdissima.
Il suono del fischietto fece infuocare l'estadio do dragão, così come il cuore di James.

Intanto, in tribuna, un ragazzo dal sorriso magnetico parlava con un uomo di mezz'età, indicando i giocatori.
Quel ragazzo poteva permettersi di fare riflessioni sulle scelte dei singoli giocatori, certo. Lui poteva, lui aveva vinto - quasi - tutto quello che un calciatore desidera più di tutto. Era andato a guardare la squadra a cui teneva tanto, in cui era arrivato bambino e che ha lasciato diciottenne.

Quella partita fu un vero disastro per il porto. I giocatori erano persi, non riuscivano a creare un'occasione concreta; solo uno però si era salvato.

"Jorge, chi è quello?" Chiese il ragazzo a quello che doveva essere sicuramente il suo agente. Era complicato attirare l'occhio di Cristiano Ronaldo, parlando di calcio s'intende.
"Oh, quello è il mio ragazzo." Così amava chiamare Jorge Mendes il suo cliente più giovane. Disse quelle parole con un tale orgoglio in petto, sorrise. Voleva davvero bene a James.
Poi continuò. "Si chiama James Rodriguez."
Quel nome iniziò a ronzare nella testa di Cristiano, lo disse cento poi mille volte, e non riusciva a smettere di guardarlo.
Era l'unico che riusciva a dare spettacolo anche quando la squadra era stata piegata dell'avversario.

La partita finì 3-1 per lo Sporting. Cristiano sembrava felice della vittoria della sua squadra, ma in cuor suo si sentiva triste per quel ragazzo così talentuoso e così...bello.
James entrò nello spogliatoio furioso, non parlò nemmeno con i suoi amici, si spogliò velocemente ed entrò in doccia. Voleva piangere, era una persona molto sensibile.
Si coprì la faccia con le mani, e si appoggiò alle piastrelle bianche e fredde con la schiena.

Aveva appuntamento con Jorge Mendes alle 19:00 in un ristorante in centro, doveva parlargli di qualcosa di importante, così aveva detto l'uomo; si vestì velocemente e per un'ultima volta si diede una sistemata ai capelli neri.

Arrivò in orario, il che era strano. Di solito James faceva ritardo perché, dopo ogni partita, ritornava subito a casa dalla moglie Daniela Ospina. L'amava davvero, quella ragazza.
Insieme a Jorge c'era anche Cristiano, lasciato da solo per l'ennesima volta dalla bellissima modella russa Irina Shayk.
Lei era troppo impegnata con gli scatti per Sports Illustrated, e lui era spesso da solo.
Nessuno sarebbe rimasto stupito se talvolta avesse baciato una ragazza.

Cristiano inoltre aveva un figlio, un bambino bellissimo, di due anni o poco più. Aveva lo stesso nome del padre, e non solo questa era la cosa che avevano in comune. Quel bimbo era la sua fotocopia,ma aveva la pelle solo un po' più scura del padre. Quella sera Junior non aveva voglia di viaggiare, così rimase a casa con la nonna Dolores.

Irina non era sua madre, no. Non era altro che la matrigna di un principe azzurro.

Appena James entrò nel ristorante - un locale scuro, con musica soffusa. Si riusciva a capire di che canzone si trattasse, she will be loved dei Maroon 5.
Appena il portoghese girò la testa verso di lui, la musica nella testa di James cessò. Non sentiva alcun rumore, solo i battiti del suo cuore.
Cristiano sorrise: si alzò e si avvicinò al colombiano.
"Piacere, Cristiano Ronaldo." Esordì Cristiano, dando la mano a James.
Non riusciva a crederci.
"James Rodriguez." La sua mano tremava, ma gliela diede lo stesso. Era rimasto stupefatto dalla presenza del portoghese, sua più grande ispirazione.
Jorge venne chiamato dalla figlia che si sentì male, così scappò via.
I due ragazzi rimasero soli, iniziarono a conoscersi.
"Sei molto bravo, mi piace il modo in cui giochi." Disse sinceramente Cristiano, avvicinandosi alla piccola lucerna che li divideva.
La luce riusciva a far notare la minoranza del verde nei suoi occhi marroni, e James non ci mise molto a perdersi.

"G-grazie mille, mi ispiro a lei." Balbettò James, mordicchiandosi il labbro inferiore. Cristiano si fermò a guardare quelle labbra, si leccò le sue.
Non sapeva quel che stava facendo in realtà.
"È un onore essere la tue ispirazione, ma per favore, dammi del tu."
Poi ci fu silenzio per qualche minuto.
James voleva avere una foto con lui, voleva ricordarsi di questo momento. Fu sorpreso alla richiesta di Cristiano. "Che ne dici se ci facciamo una foto?" Chiese sorridendo il portoghese, e un sorriso nacque sulle labbra di James. Annuì sicuro, così si alzarono e Cristiano prese la sua polaroid.
Un ragazzo scattò la foto. La scattò due volte, come chiesto da Cristiano.
"Perché due volte?" James era divertito e non voleva che la serata finisse lì.
"La terrò sempre con me."
James si sentì le guance in fuoco.
"Anch'io." Replicò.

Spazio autrice:
ECCOLO QUIII.
Questo è il primo capitolo, cosa ne pensate?
Spero vi piaccia.
Xx, Den.



»Photograph ||Crismes.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora