La mattina seguente mi alzai molto presto, non riuscivo a dormire.
Pensavo costantemente a Davide e a ciò che mi aveva detto: "stesso posto, stessa ora".
Avevo fame, così andai in cucina per prepararmi una tazza di latte e trovai mia madre.
≪Chris≫
≪'giorno, ma'≫
≪Mi prepari il caffè?≫
≪Va bene≫
≪Senti, io e Mauro pensiamo che tu e Paola dovreste iniziare a frequentarvi≫
≪Eh?≫
≪So che non ti sta molto simpatica, ma l'hai vista soltanto una volta≫
≪Quindi?≫
≪Stasera verrà a dormire qui≫
"Davide. No. No. No."
≪Questa sera non posso≫
≪Chris, lei dormirà qui. Fine della storia≫
≪La smetti di trattarmi così male?≫
≪Sono tua madre, so quello che faccio≫
≪Ah sì? Posso farti una domanda?≫
≪Va bene≫
≪Spero che non ti spaventi≫
≪Non credo che all'età di quindici anni tu possa farmi una domanda che riesca a spaventarmi≫
≪Non è che mi tratti così male perché io ti ricordo papà?≫
Abbassò lo sguardo.
≪Rispondi, ma'≫
Non rispose e si alzò da tavola.
≪Metti apposto≫ fu l'unica cosa che mi disse.
Pensai a ciò che mi aveva detto Davide la sera prima: lui aveva voglia di cambiare, voleva cambiare. Perché non potevo farlo anche io?
Ero giovane, certo, ma volevo fare qualcosa nella mia vita, qualcosa di cui andassi veramente fiera.
Non volevo marcire in questo posto, non volevo finire in strada a drogarmi o a chiedere l'elemosina, non volevo che gli altri mi mantenessero.
"Agisci" pensai.
Dovevo chiedere aiuto a Davide, lui era l'unico che avrebbe potuto capirmi, perché io non ho altri amici.
Tutte le ragazze qui sono delle mini Paola ed è già tanto che ne sopporto una sola.
"Oddio, Paola" questa sera sarebbe venuta a dormire da me, di conseguenza, non avrei potuto incontrare Davide.
"E se entrasse nel palazzo, non mi vedesse e ci rimanesse male?"
Perché a me?
Perché proprio io?
Non sopportavo Paola, eravamo l'una l'opposto dell'altra.
Lei era il bianco.
Io il nero.
Lei era il giorno.
Io la notte.
Ormai mia madre mi trattava come se fossi una serva, non come se fossi sua figlia.
Ogni volta ci rimanevo malissimo: sembravo forte, ma non lo ero affatto.
La partenza di papà mi aveva distrutta.
Completamente distrutta.
Smisi di pensare a mio padre quando mia madre mi chiamò.
≪Chris≫
≪Sì?≫
≪Vieni nella mia stanza≫
Andai e la trovai distesa sul letto con alcune fotografie in mano.
Erano le fotografie dei miei primi sette compleanni.
≪Le ho appena trovate. Ti va di vederle insieme?≫
Feci cenno di sì con la testa e mi coricai accanto a lei.
I commenti erano: "Oddio, ti ricordi questo momento?" "Oddio Chris, quanto ero magra qui!"
Presi le foto dalle sue mani e le gettai a terra.
≪Ma'≫
Mi guardò.
≪Io Paola non posso accettarla≫
≪Me ne sono accorta, sai? Anche Alfredo se ne è accorto..e lui non c'è mai≫
Un'espressione triste le calò sul volto.
≪Appunto, lo sai. Allora perché mi costringi a frequentarla?≫
≪Per far piacere a Mauro≫
≪E non pensi al bene di tua figlia?!≫
Si mise a ridere, ma subito dopo si accorse che ero seria.
≪Chris, non voglio perdere Mauro per alcune liti fra te e Paola≫
≪Io con lei non ci parlerò, non ci dormirò e non farò nulla. Fine della storia≫
≪Adesso sei tu che non pensi al mio bene≫
≪Dopo tutto quello che sto facendo? Io pulisco, cucino, faccio la spesa, spesso bado anche ad Andrea. Tu invece che cosa fai? Mezza giornata stai al supermercato e il resto della giornata stai sul divano a guardare la televisione o a non fare un cazzo≫
Non sapeva che cosa rispondere.
≪Io non sono come te. Non lo sarò mai. Io voglio combinare qualcosa nella mia vita. Le cose le voglio ottenere, non voglio che sia qualche altro a portarmele. Non sono come te, non sono te, ricordalo≫
Le scese una piccola lacrima, ma non me ne importò nulla.
Uscii correndo dalla sua stanza, da casa e dal palazzo.
Volevo stare da sola.
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Ciò che non siamo mai stati
General Fiction1977. Erano gli anni di piombo, Christine aveva quindici anni e viveva in un palazzo comunale insieme a sua madre e suo fratello Alfredo. Le sue giornate erano sempre molto monotone, fino alla sera in cui incontrò Davide: un vicino che non aveva ma...