Capitolo 11

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"Denise, Denise! Ehi! Sveglia!" Sento una voce maschile che già conosco: è mio padre. Apro un occhio e con la voce roca e assonnata gli chiedo:"Che c'è papà?" E lui:"Siamo arrivati tesoro!" Balzo dal sedile tolgo la cintura e mi metto a camminare verso l'uscita.
Dentro l'aereo non c'era nessuno,  solo noi. Scendiamo. Grattacieli, solo grattacieli. In lontananza vedo il palazzo della regina. Papà ha un sorriso a 32 denti sul volto. Ci dirigiamo verso l'ufficio in cui papà avrebbe lavorato. Prendiamo un taxi. Io mi siedo davanti e papà dietro. Non so perché questa scelta, di solito lui si siede sempre ai posti davanti. Boh boh, oggi è proprio strano... Mi giro per salutare il tassista, e vedo al volante il mio scopamico Marco. Ho un'espressione schifata in volto. "Cazzo"dico tra i denti. Avevamo litigato, perché lui, ogni volta che lo facevamo, mi faceva un gran male, e anche se io gli dicevo basta con le spinte, lui continuava, e anche più forte, allora un giorno mi sono stufata e gli ho detto BASTA, e lui, che non aveva mai sentito un no da parte mia, per quanto riguarda il scopare, mi ha stuprata. Mi aveva legato al letto e pur io continuassi ad allontanarlo, lui continuava e continuava. Da quel giorno non l'ho visto più. Mi scriveva tantissimi messaggi, però. Io non gli rispondevo mai, così si è arreso scrivendomi:"Allora vaffanculo se non rispondi". A quella risposta non ero triste, tutt'altro!
Comunque, appena lo vedo, lui mi fa un sorriso, uno di quei sorrisi a né familiari, che faceva quando era soddisfatto di come aveva scopato.
Papà gli dice la destinazione, e io mi giro a guardare dal finestrino. Non voglio incontrare il suo sguardo da maniaco sessuale. No, non ancora. Non voglio rivivere quegli orribili momenti. Guardo per tutto il tempo fuori. Sono in un mondo tutto mio, non sento niente e vedo solo il bel paesaggio che ha Londra, non considerando tutti i rifiuti... Mi risveglio dal mio mondo immaginario quando la macchina frena di botto. Siamo arrivati. Marco apre la sua portina e scende per aprire la mia. Ma prima apre quella di mio padre e io allora me la apro da sola. Papà lo paga e lui mi fa l'occhiolino, una seconda volta! Stronzo.... Mi fa schifo...
Io faccio finta di non notarlo, come ho già detto prima, non voglio incontrare i suoi occhi cristallini, da maniaco sessuale.
Davanti a noi abbiamo l'edificio di lavoro per papà. Io una volta ero andata con lui a lavoro, ero piccola, ero figlia unica e la mamma stava male, perciò mi portò con lui.
I due edifici si assomigliano tantissimo: stessa targa, stesso aspetto fisico, anche se questo che abbiamo davanti è cento volte più grande di quello in cui papà lavorava. Stiamo entrando.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 10, 2016 ⏰

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