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È così che rimani vivo. Quando soffri tanto da non riuscire a respirare, è così che sopravvivi: ricordando che un giorno, chissà come, inspiegabilmente, non ti sentirai più così, non soffrirà più così tanto.

Dopo pochi giorni io e Derek tornammo ufficialmente insieme e iniziammo a fare degli interventi insieme. Sì, avevo iniziato la specializzazione in neurochirurgia. Stavamo benissimo insieme, ci amavamo, eravamo felici...con il passare dei mesi iniziammo però a litigare, non riuscivamo a vederci nella stessa sala operatoria ed eravamo continuamente stressati. Ecco, questo fu il momento della mia vita in cui ebbi la prima ricaduta. Forse prima non ne avevo parlato...neanche Derek lo sapeva...prima della specializzazione in chirurgia a casa mia le cose non erano tranquille. Mio padre era alcolizzato, mia mamma si era suicidata e io dovevo badare a due fratellini che ora vivono in California. Con il tempo questa cosa iniziò a farsi sempre più pesante e mio papà non tornò più a casa. Iniziai a drogarmi.

Ora, dopo tanti anni, stingevo in mano una bustina di cocaina.
Non sapevo se usarla, non volevo riprovare nell'abisso della dipendenza dalla droga ma nello stesso tempo sentivo di non poter sopportare tutto...non ci sarei riuscita.

Mi trovavo davanti alla roulotte di Derek, continuavo a camminare avanti e indietro, nella mia testa si affollavano tantissimi pensieri e ricordi. Improvvisamente mi fermai: perché ero lì? perché davanti ai miei occhi c'era la musera roulotte del mio ex? Perché non ero a casa mia?
Non riuscendo a trovare una risposta soddisfacente decisi di andare via, ma fatti pochi passi sentii una mano afferrarmi un braccio. Mi voltai di scatto e davanti ai miei occhi bagnati dalle lacrime si materializzo' un bellissimo ragazzo dagli occhi azzurri e la pelle scura. Lo avevi visto qualche volta in ospedale ma non lo conoscevo. Cercai di liberarmi dalla sua presa ma lui non mi mollo' e disse: "sono Jackson Avery, ti ho visto al Grey Sloan qualche volta. Abito nei paraggi vorresti venire da me a bere qualche cosa?"
"Ciao, sono Callie, sto bene...grazieper l'invito...ma riesco a controllare tutto, non preoccuparti, sto bene" dissi cercando di convincere anche me stessa.
"È questo il problema! Non devi controllare sempre tutto, a volte è bene lasciarsi andare siamo esseri umani, siamo fatti per crollare e rialzarci e continueremo sempre a farlo. Dammi la bustina, supererai anche questo!" Insistette lui.

Gli consegnai la bustina a caldi in ginocchio piangendo e gridando dal dolore. Lui mi abbracciò e restammo per qualche ora su quel parto.
Quando mi fui sfogata e dopo avergli raccontato tutta la mia storia, gli chiesi se il suo invito era ancora valido. Il suo sorriso mi diede la risposta che cercavo.
Feci in tempo a dire: "Grazie Jackson, grazie di tutto" e mi prese in braccio portandomi fino a casa sua.

Life's AnatomyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora