Capitolo 9.

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La base di 'Love Story' di Taylor Swift risuonò ancora una volta nell'aria circostante. Per l'ennesima volta Robyn non prese la nota. Gridò qualcosa di incomprensibile, passandosi con rabbia le mani tra i capelli. Spensi lo stereo un secondo prima che lei potesse distruggerlo con le sue stesse mani.
Mi avvicinai cautamente a lei, porgendole timidamente la bottiglietta d'acqua. Mi gridò contro bruscamente, lanciando in un punto non definito della stanza il telecomando dello stereo. Si sedette per terra, abbracciandosi le gambe. Iniziò a fissare il vuoto.
Eravamo in sala prove da un ora. Una lunghissima ora. Robyn stava provando la canzone per la seconda audizione, che sarebbe stata il giorno seguente, con scarsi risultati.
Non riusciva a prendere le note come avrebbe voluto e gridava arrabbiata ogni volta che sbagliava. Iniziavo ad avere sinceramente paura di lei. E la cosa peggiore stava nel fatto che non ascoltava minimamente i miei consigli. Provavo da un ora a suggerirle come poteva prendere le note, ma lei non mi ascoltava. Anzi, mi gridava contro come una pazza in un manicomio. Come se la responsabile dei suoi errori fossi io!
Il suo orgoglio stava decisamente avendo la meglio sulla situazione, data la sua testardaggine nel non ascoltare i miei consigli. E stava lentamente perdendo anche il suo autocontrollo.
Poggiai la bottiglietta d'acqua nella scrivania accanto allo stereo e mi sedetti su quest'ultima. Iniziai ad osservare Robyn, rannicchiata per terra. Le guancie erano tinte di rosso. I capelli erano arruffati. La fronte era leggermente sudata. Era visibilmente stanca.
"Robyn... forse dovresti riposarti" le sussurrai con dolcezza.
Sollevò di scatto il viso. I suoi occhi erano totalmente assenti e fissavano i miei in modo vuoto. Si alzò lentamente, barcollando sulle sue deboli gambe. Scosse debolmente la testa, stropicciandosi gli occhi.
"Deve essere perfetta...!" balbettò iniziando a fissare l'asta con il microfono davanti a lei.
Sospirai. Scesi dalla scrivania e presi la mia borsa e i miei spartiti. Se voleva ridursi come uno straccio lo avrebbe fatto senza di me. Non avrei sopportato di vederla in quelle condizioni un secondo di più. E non ero decisamente in vena di beccarmi qualche altro insulto o di ascoltarla mentre imprecava per un'altra ora.
"Forse è meglio che io vada a farmi un giro..." sussurrai, sorridendole debolmente.
Speravo che quel mio gesto servisse a tranquillizzarla quanto bastava per farla ragionare.
Annuì debolmente, intuendo le mie intenzioni. Le regalai un altro sorriso e mi avviai verso la porta. Uscii velocemente e chiusi la stanza, accompagnando la porta con delicatezza. Un attimo prima di chiudere definitivamente riuscii a vedere Robyn che si sedeva per terra ancora una volta, portandosi le mani al viso.
Iniziai a passeggiare per i corridoi dello studio con la mia solita allegria, canticchiando 'Over Again'. Esplorare i corridoi di quell'edificio era sempre una cosa divertente da fare: c'era sempre gente in preda ad attacchi di isterismo. Si sentivano continuamente grida e discussioni. Era come essere all'interno di un manicomio. Ed era una cosa dannatamente divertente.
In realtà avrei dovuto impiegare il mio tempo in modo migliore. Dovevo provare anche io per l'audizione del giorno seguente. L'inconveniente era che io e Robyn avevamo prenotato una sola sala prove per entrambe con l'accordo che la utilizzassimo equamente. Ma alla fine le cose non erano andate come speravamo entrambe ed io non stavo provando affatto.
Ma non mi importava. In fin dei conti lei era molto insicura e aveva bisogno di provare molto di più di me. Mi sarei arrangiata in qualche modo.
Il solo pensiero che il giorno dopo mi sarei dovuta esibire davanti ai membri di una band famosa mi metteva tremendamente a disagio. Isobel ed Amelia me li avevano descritti brevemente secondo il loro punto di vista. Niall era quello allegro. Louis quello divertente. Liam quello dolce. Zayn quello misterioso. E poi c'era Harry, la testa di cazzo.
Da come me ne avevano parlato li immaginavo come dei cretini che venivano pagati senza far nulla. Ma avrei aspettato prima di giudicarli veramente così. Volevo prima conoscerli. Magari mi avrebbero sorpresa. O magari delusa.
Svoltai l'angolo del corridoio e notai un fascio di luce rossa, proveniente da una porta aperta. Dalla stanza provenivano dei rumori e il suono fastidioso di passi. C'era qualcuno. Ma non si trattava di una sola persona.
I miei pensieri e le mie constatazioni vennero interrotte dal suono di una voce.
"Sei sicuro, Harry?" sussurrò con dolcezza un ragazzo all'interno della stanza.
Mi avvicinai ancora per poi appoggiarmi al muro accanto alla porta della stanza. Non volevo farmi vedere. E contemporaneamente volevo ascoltare la loro conversazione. Qualcosa dentro di me mi diceva che era importante. Il mio cuore, che batteva alla velocità della luce, mi diceva che era importante.
Mi sporsi leggermente per vedere chi ci fosse all'interno della stanza. Riuscii a vedere cinque ragazzi messi in cerchio che parlavano. Non riuscii ad identificare il viso di questi ultimi perché dovetti ritornare alla mia posizione per non farmi vedere.
"Liam, per favore. Ne ho bisogno." implorò l'altro ragazzo.
Sussultai sentendo il suono di quella voce. Quella voce roca. L'avevo già sentita da qualche parte, ma non riuscivo a ricordare né dove né quando. E nonostante mi sforzassi non riuscivo a collegarla a nessun ricordo in mio possesso.
"Io continuo a pensare che sia una cattiva idea, Harry." replicò la prima voce. Liam.
"Io non ricordo nemmeno le parole." aggiunse una nuova voce.
Iniziai a chiedere a me stessa che senso avesse ascoltare la loro conversazione. Avrei fatto meglio a non origliare la conversazione di alcuni estranei. Avrei fatto meglio a girare l'angolo e a continuare la mia passeggiata in giro per i corridoi, ma le mie gambe erano totalmente incollate al pavimento. La mia attenzione era rivolta a quelle voci.
Forse era semplicemente la mia curiosità a guidarmi. La mia curiosità di sapere di che cosa stessero parlando. La mia curiosità di sapere di che cosa avesse bisogno il ragazzo dalla voce familiare. Harry.
"Niall, ricordi le parole meglio di me! Ragazzi fatemi questo favore! Ho bisogno di cantarla ancora una volta!" ribatté Harry.
Liam. Niall. Harry. Avevo già sentito quei nomi da qualche parte. Erano i nomi di alcuni dei membri dei One Direction! La mia curiosità crebbe in un secondo.
Si sentirono dei sospiri e poi ci fu solo silenzio. Trattenni il fiato per non emettere il minimo suono finchè uno di loro non parlò nuovamente.
"Ragazzi, non ha chiesto nulla di male! Accontentiamolo e chiudiamola qui!" disse una voce nuova. Andando per esclusione doveva essere o Zayn o Louis.
Dopo quella frase iniziò un susseguirsi di rumori e di sussurri. Come se stessero preparando qualcosa. Riuscii a distinguere delle note suonate con una chitarra. Il rumore fastidioso di una sedia che veniva trascinata a sul pavimento. E qualcuno che sfogliava continuamente dei fogli.
Qualche attimo più tardi il suonò di una chitarra riempì l'aria circostante.
"Said I'd never leave her cause her hands fit like my t-shirt, tongue tied over three words, cursed.
Running over thoughts that make my feet hurt,
Bodies intertwined with her lips" cantò dolcemente uno di loro.
Spalancai letteralmente gli occhi. Le mani iniziarono a tremarmi. Il cuore inizio a battermi all'impazzata. Non riuscivo a credere alle mie orecchie! Quella era 'Over again'! Quella era la mia canzone! Come facevano a conoscerla?! Perché la cantavano?! Ero con il fiato sospeso.
"Now she's feeling so low since she went solo
Hole in the middle of my heart like a polo
And it's no joke to me
So we can we do it all over again" continuà un'altra voce.
La mia confusione mentale aumentò. Il cuore mi stava letteralmente esplodendo nel petto.
"If you're pretending from the start like this,
With a tight grip, then my kiss
Can mend your broken heart
I might miss everything you said to me
And I can lend you broken parts
That might fit like this
And I will give you all my heart
So we can start it all over again" cantarono tutti e cinque.
Avevo la sensazione che non fosse la prima volta che sentivo quella canzone cantata da loro. Le loro voci insieme erano dannatamente familiari. Le loro voci insieme mi fecero venire i brividi. Mi trasportarono lentamente lontano dalla realtà che mi circondava. Verso un posto che sembrava essere il paradiso. Chiusi gli occhi mentre mi beavo di quella melodia così dolce, mimando le parole della canzone con le labbra.
"Can we take the same road two days in the same clothes
And I know just what she'll say if i make all this pain go..." intonò un'altra voce.
E mi lasciai trasportare a tal punto che non fui più in grado di controllare le mie azioni. La voglia irrefrenabile di osservarli mentre cantavano quella canzone prese il sopravvento su di me, facendomi uscire allo scoperto. Mi appoggiai allo stipite della porta e da lì li osservai: erano messi in cerchio, tutti in piedi ad eccezione dell'unico biondo del gruppo, che era seduto in una sedia con la chitarra in mano. Non riuscii a vederli in viso solo perché mi davano le spalle.
"...Can we stop this for a minute
You know, I can tell that your heart isn't in it or with it" terminò la strofa il riccio del gruppo. Incapace di contenermi cantai insieme a lui.
E nel momento in cui la mia voce risuonò nell'aria circostante insieme a quella del riccio, il biondo smise di suonare e sollevò di scatto la testa. I suoi occhi azzurro mare si spalancarono, mentre mi osservava da capo a piedi. Gli altri quattro si voltarono verso di me qualche secondo più tardi. I loro occhi si spalancarono così come quelli del biondo.
Li osservai ad uno ad uno. Le mie guancie si tinsero di rosso, mentre loro continuavano a fissarmi senza proferire parola. Volevo correre via. Volevo sparire. Non era stata decisamente una buona idea intromettermi nelle loro prove. Speravo solo di non passare dei guai.
Il ragazzo dai capelli ricci e gli occhi smeraldo fece un passo avanti verso di me. Indietreggiai istintivamente mentre lui mi osservava attentamente. Era come se temesse di spaventarmi. Era come se avesse paura che da un momento all'altro potessi scomparire. Fuggire via. A dire la verità sembrava essere più spaventato di me.
Dopo aver preso un po di coraggio iniziai a fissare il riccio dritto negli occhi. Ricordai di essermi scontrata con lui nel corridoio, ma sentivo di averlo visto anche da qualche parte. Aveva un aria dannatamente familiare. Ma non solo lui, tutti i ragazzi in quella stanza.
E nel momento in cui provai a ricordare dove li avevo visti prima di allora la testa iniziò a pulsarmi, mentre mi perdevo lentamente nelle iridi verdi del riccio davanti a me. Dei brividi attraversarono il mio corpo. La vista iniziò ad appannarsi. L'orecchio sinistro iniziò a fischiare. Il mio corpo venne scosso da convulsioni.
Iniziai ad ansimare e mi dovetti appoggiare allo stipite della porta saldamente per evitare di cadere. Il riccio fece un altro passo avanti. Il suo sguardo era due volte più spaventato di qualche attimo prima. Avevo bisogno di aiuto, ma non volevo che degli estranei mi dessero una mano.
"Elizabeth...!" disse spaventato il ragazzo castano dagli occhi azzurri.
Mi voltai a fissarlo con gli occhi spalancati, boccheggiando. Come conosceva il mio nome?! Non ebbi il tempo di rispondere a quella domanda che il fischio all'orecchio aumentò impedendomi addirittura di pensare. Gemetti per il dolore, mentre loro continuavano a fissarmi.
Il riccio fece un altro passo, allungando una mano verso di me per aiutarmi. Indietreggiai spaventata da quel dolore insopportabile e mi afferrai la testa tra le mani. Iniziai a correre per il corridoio buio alla ricerca disperata di un luogo dove accasciarmi. Sentii delle grida provenire dalle mie spalle, ma il mio cervello non era abbastanza lucido per elaborare le parole o per capire a chi appartenessero le voci in questione. Barcollavo pericolosamente sulle mie gambe, gemendo per il dolore lancinante che attraversava il mio corpo.
Perché stava succedendo di nuovo? Che cosa c'era che non andava in me? Non riuscivo a ragionare. E non avevo la più pallida idea di come mettere fine a quella dolorosa tortura.
Rallentai la corsa, troppo stanca per poter proseguire. E in quell'esatto momento qualcuno mi cinse i fianchi con delicatezza, come se avesse paura di farmi del male. Come se avesse paura che io potessi rompermi. O sparire come se fossi solo un illusione ottica.
Sollevai lo sguardo e cercai di mettere a fuoco il viso della persona che avevo davanti. Senza riuscirci. Il dolore, che aumentò di colpo, mi impedì di fare qualsiasi cosa. Gridai, afferrandomi nuovamente la testa tra le mani. Un paio di lacrime mi rigarono il viso.
Scostai le mani che mi cingevano i fianchi bruscamente, gemendo. Per poi barcollare pericolosamente in avanti.
"Non toccarmi...!" gridai.
Mi appoggiai al muro alla mia sinistra. Iniziai a fissare il pavimento, tentando disperatamente di mettere a fuoco l'immagine. E quando ci riuscii il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. L'immagine davanti ai miei occhi scomparve e in quel momento mi resi conto che stavo per avere un flash-back. Chiesi a me stessa se fosse quella la ragione del tanto dolore a cui ero sottoposta.
L'immagine che mi apparve davanti era sfocata. Riuscii a distinguere una giovane me appoggiata allo stipite di una porta. Osservava qualcuno all'interno di quella stanza con un sorriso in viso. Provai a capire chi ci fosse all'interno, ma riuscivo a vedere solo qualcuno muoversi.
Ed ogni volta che mi sforzavo di mettere a fuoco l'immagine la testa iniziava a pulsarmi.
Le immagini davanti a me iniziarono a distorcersi senza che io potessi fare nulla. Era come se non fossi, in un certo senso, pronta per vedere quel ricordo. Ma perché?
Ansimai quando mi accorsi di essere tornata alla realtà. Sorrisi debolmente, contenta del fatto che quel dolore tremendo avesse smesso di torturarmi, ma mi sentivo debole. Ero uno straccio. Feci qualche passo in avanti, usando come supporto il muro.
Sentii le forze lentamente abbandonarmi. Le gambe cedettero al peso del mio corpo. Chiusi gli occhi e lasciai che la stanchezza avesse la meglio su di me, ma non caddi a terra. Qualcuno mi prese un secondo prima che potessi cadere definitivamente. Qualcuno che non feci in tempo a vedere.

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