Capitolo 7

339 18 2
                                        

Frugò nella tasca dei pantaloni per trovare quelle maledette chiavi, che come al solito non trovava. La giornata era stata estenuante, le lezioni all'università di una pesantezza unica, ma solo l'idea di potersi buttare nel letto appena varcata la porta riusciva a dargli la forza. Esultò quando toccò il metallo freddo, e aprì velocemente la porta. Appoggiò lo zaino per terra, accanto alla scarpiera.
«Sono tornato.» disse appendendo il giacchetto alla porta.
Non udì risposta.
Era molto strano. Poteva capitare che la madre si assentasse a volte, ma il fratello minore era sempre a casa.
Incuriosito dallo strano silenzio, Michael andò in cucina. Nessuno. Nemmeno in bagno, o in camera. Lasciò la felpa appoggiata al letto.
«Mamma? Fortuné?»
Cos'era successo?
In quel momento notò un foglio di carta appoggiato sul cuscino.
"Siamo in ospedale, raggiungici appena puoi" recitavano le poche parole evidentemente scritte dalla madre.
Cosa ci facevano in ospedale?
Iniziò di nuovo a cercare quelle dannatissime chiavi, per poter uscire. Non erano sul comodino, nè attaccate alla porta, nemmeno in tasca.
«Ragiona, Michael» si disse ad alta voce «dove le hai lasciate?»
Andò a prendersi un bicchiere d'acqua per rinfrescarsi corpo e memoria.
Tornando verso il salotto appoggiò il piede scalzo su qualcosa di freddo, appuntito, e soprattutto doloroso.
«Cazzo.»
Aveva trovato le chiavi.
Si rivestì, imprecando sottovoce.
Le scarpe sotto al divano, la giacca sulla porta... e la felpa? Dov'era la felpa?!
«È tardi, sbrigati!
Perché sto parlando da solo?
Non è una cosa norma-» non finì la frase che inciampò nei lacci sciolti delle scarpe, finendo con la faccia nel divano.
«Ci mancava solo.» si rialzò sputacchiando.
«Non importa, creperò di freddo.» Uscì. Chiuse la porta alle spalle, e scese gli scalini a due a due, sperando di non inciampare in quei pali della luce che aveva al posto delle gambe.
Dopo una estenuante ora alla ricerca malriuscita di mezzi pubblici che potessero portarlo il più vicino possibile all'ospedale, Michael ringraziò l'ennesimo autista incazzato col mondo, che richiuse velocemente la porta del taxi.
«Perché non li ho scoperti prima, questi taxi? Perché costano un trauma. Semplice, no?
E intanto continuo a parlare da solo.»
Entrò nell'ospedale, guardandosi intorno.
Un'infermiera lo accolse, con un caldo sorriso.
«Dimmi caro»
«Sono qui per la mia famiglia.»
«Cognome?»
«Holbrook.»
«Nessun Holbrook, mi dispiace. Avrai sbagliato ospedale.»
«Penniman?»
«Non puoi fingerti qualcun'altro per vedere chissà chi! È sbagliato. Ora và via, o ti denuncio.»
Finto. Si corresse Michael nel pensiero
Un caldo sorriso finto.
«Perché nessuno calcola l'ipotesi di un doppio cognome?»
Uscì dall'ospedale, abbattuto.
«Se avessi sbagliato davvero ospedale?
No... È di certo questo.
E continuo a parlare da solo.»
Lo zio era stato ricoverato più volte in quell'ospedale, per vari problemi fisici legati al fumo.
Michael odiava il fumo, le sigarette, le canne. Tutto ciò che poteva essere aspirato e che provocava tumori.
Insomma, secondo lui le avevano chiamate sigarette perché "suicidio lento e doloroso" era troppo lungo.
Forse era successo qualcosa allo zio. Di nuovo.
«Devo entrare.»
Aspettò che l'infermiera se ne andasse dall'ingresso, per poi intrufolarsi dalla porta principale.
«Che stai facendo!»
«Vado... ehm, vado in bagno.»
«Ultima porta a destra.»
Si avvicinò alle scale, come per andare in bagno, ma girò a sinistra all'ultimo, e salì.
Arrivato al primo piano chiese all'altra infermiera, che sembrava di certo più simpatica dell'altra.
«Hey, mi scusi, Penniman, c'è un Penniman su questo cavolo di piano?»
«Hai incontrato l'infermiera Rosa scommetto. Non ha mai voglia di lavorare quella. Si, stanza 117.»
«Le devo un favore»
«Cerca solo di uscire dal retro, dopo.»
Andò alla stanza, bussando quattro volte. Due piano e due più forti. Ci si riconosceva così, in famiglia.
«Entra Mik»
«Ciao! Cos'è succ-»
«Lo zio è morto. Il tumore l'ha sovrastato stanotte.»
Michael non riuscì a rispondere. Si guardò intorno. La madre era seduta sul letto, fissando davanti a sé, il fratello appoggiato al muro che si torturava i capelli con le mani, il corpo inerme dello zio sdraiato sul lettino, come se stesse dormendo.
«Cosa? Ma... come!?»
«Lo sai bene figliolo...» in quel momento centinaia di ricordi gli bollivano nella testa. Lo zio era come un secondo padre, lo veniva sempre a prendere a scuola, compravano le caramelle e i fumetti insieme. Gli era stato veramente vicino.
Gli venì un groppo in gola.
Si sentì come implodere, ad un tratto nulla aveva più senso, o forse tutto aveva acquistato un significato nuovo.
Chiuse gli occhi e si premette le tempie con le dita sottili, fino a quando non iniziarono a pulsare, segno che forse stava esagerando.
All'ora riaprì gli occhi, aspettando che la danza ipnotica dei puntini neri che lo accecavano sparisse, prima di aprire la bocca. E poi richiuderla. Fece come per dire qualcosa cinque volte, prima di chiuderla definitivamente ed appoggiarsi alla sedia, il groppo nella gola che si faceva strada, raggiungendo il cervello... e dando via ad un pianto liberatorio che lo fece probabilmente sembrare un bambino disperato.
Ma non gli importava, era morto, non era più lì, a guardarlo, a parlargli, a consolarlo, non c'era più... e non poteva farci niente.
Si sedette al posto della madre, che ora camminava avanti e indietro. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e la testa sulle mani, singhiozzando senza ritegno.
Fortunè si avvicinò a lui. «Mik... so benissimo quanto ci tenevi a lui... ma perfavore, non piangere... Non servirà a nulla.»
«È morto.»
«Si.»
Michael si alzò, sprofondando tra le braccia del fratello, che reggeva a stento il suo peso, ma che era comunque lì per lui, in quel momento. E questo bastava.
Si scompigliò i capelli, tirando su col naso.
«Hai ragione... non posso farci niente.»
Come se quel cuore pulsante nella sua testa non bastasse, arrivò l'infermiera.
«Cosa ci fai tu qui! Esci fuori!»
«Mi chiamo Michael Holbrook Penniman junior. E mio zio è appena morto, signorina Rosa.»
La donna strinse le mani a pugno, e replicò infuriata «tutti fuori. Dobbiamo portarlo via.»

[...]

Tre giorni dopo il funerale fu devastante. La bara era pesante, di legno laccato nero, e giaceva aperta davanti all'altare della piccola chiesa gremita di gente. Fuori pioveva, e il nodo della cravatta scura gli stringeva il collo, provocando la stessa situazione di pianto trattenuto che ormai lo dominava da giorni.
Quando scesero le scale con la bara sulle spalle, alla fine della cerimonia, Michael iniziò a pensare a quanto era stupido lo zio, a quando era idiota la stessa madre, quanto erano inetti tutti coloro che dipendevano da un involucro pieno di sostanze letali.
Dopo averlo sepolto, tornarono a casa, e Michael si slegò la cravatta, lanciandola sul tavolo. Accanto ad... un pacchetto di sigarette quasi vuoto.
«Ma perché piace a tutti?»
La accese dal fornelletto in cucina, osservandola mentre si bruciava lentamente.
La avvicinò alle labbra, indeciso su cosa fare.
Iniziò a inspirare. Le sensazioni successive furono brevi e orribili. «Ma come cazzo fanno!» pensò, con gli occhi che lacrimavano.
Poi gettò la sigaretta per terra, schiacciandola col piede. Aprì la finestra, gettando con violenza la cicca sul marciapiede lì davanti.
Mai più, si disse, appoggiando le mani sul davanzale e respirando a pieni polmoni. Ogni volta che una sigaretta avrebbe invaso il suo campo visivo, sarebbe letteralmente impazzito e avrebbe cercato in ogni modo di farla sparire, anche se comportava vari rischi. Perché nessuno meritava di morire così. Neanche un lurido verme. Anche se chi si faceva così del male, probabilmente lo era, un lurido verme.

**angolo autrice**

Heeeeeeeeeeeeeeey gente.
Finally, I'm here!
Ce l'ho fatta. Sono stata puntuale (più o meno) e sono di nuovo qui con un luuuuunghissimo nuovo capitolo (un papiro insomma).
Devo ringraziare LoganWay taaaanto tanto. Senza di lei il capitolo non ci sarebbe (forse non ci sarebbe la storia.)
Thank you my friend! <3
Se vi è piaciuta la storia lasciate una stellina ed un commento, se avete critiche fatele, peeerfavore :3 Ve se ama.
Kisses,
M.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 20, 2016 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Billy Brown - MidezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora