Capitolo 3: Lacrime

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Alla fine accetto. Forse perché volevo tornare a casa il più presto, forse perché si era offerto in quel modo malizioso che volevo sapere cos'aveva in mente, sta di fatto che HO ACCETTO. Il tragitto è veloce e tranquillo. Bhé se per tranquillo intendete: sfrecciare per le strade come pazzi, superare gente che ti manda a quel paese ogni 2 secondi e una frenata che quasi ci fa catapultare; allora è un viaggio MOOOOOLTO tranquillo.

Arriviamo davanti a casa mia (gli avevo detto la via prima di partire), si ferma, spegne il motore, scende poi mi porge la mano e mi aiuta a scendere.
- Riportata a casa sana e salva - dice fiero con un sorriso che emana felicità.
-Perchè?-gli chiedo
-Cosa?- dice perplesso.
-Perchè ti sei offerto a riportarmi a casa?
-Eri una damigella in pericolo, avevo il dovere di aiutarti.
-Certo come tutte quelle che.......- chiudo immediatamente la bocca, 'cazzo cos'ho per la testa.'
-Come?- chiede già con la mascella serrata.
Ha capito.
-Pensi che ti avrei portata a letto?-era incazzato.
-No, cioè...ho sbagliato -cerco di giustificarmi.
-FIGURATI!-quasi urla -Non porterei mai a letto una poveraccia come te!- la sua bocca ormai inizia a sputare veleno da tutte le parti -MA GUARDATI! Con quei capelli che sembrano usciti da una lavatrice, ma cosa dico... Ma te li lavi?- mi chiede sarcastico -Poi il tuo corpo... Dai fa proprio schifo, e fattelo dire fai pena..- dice aggiungendo quel pizzico di disprezzo che non riesco a reggere.
-MA VAFFANCULO!!!- gli urlo contro, con le lacrime che stanno per bagnarmi il volto -Come ti permetti! CHE PROBLEMI HAI!-e in preda all'ira gli tiro un sonoro schiaffo, mi giro e le lacrime hanno già iniziato a scendere. Percorro velocemente il vialetto e entro in casa. Vado su per le scale, entro nella mia camera e mi butto sul letto. Inizio il mio pianto liberatorio, perché così che succede tutte le volte che qualcuno mi urla contro, non riesco proprio a reagire qualche volta. Mi ricordo di LUI. Mio padre. Così mi addormento nelle mio lago di lacrime personale.

*La Mattina Seguente*

Mi sveglio, stranamente, presto. Faccio tutto. Mi lavo, metto dentro lo zaino il necessario, mi vesto e scendo giù. Non ho fame, così esco senza fare colazione. Arrivo a scuola prima, visto che comunque ho una caviglia mezza slogata, così mi appoggio sul muretto vicino alla seconda entrata frequentata meno. OVVIAMENTE con le mie inseparate cuffiette. Sto qui sul muretto cullandomi sulle parole di Stitches... La mia canzone preferita, quando arriva Adelaide. Mi tolgo una cuffietta per salutarla, perchè ormai le cuffiette per me sono diventate come i cappelli...lo togli solo quando incontri qualcuno a cui porti rispetto.
- Hei!- mi saluta, poco entusiasta... ci credo! Oggi alla prima ora abbiamo MATEMATICA!
Gli faccio un cenno con la mano.
- Allora ieri sera com'è andata!- mi fa l'occhiolino - Cos'è successo? Cosa ti ha detto? PARLAAAA!!!!-
- Okeeey!! Ma sciallati!-dico in tono esasperato, sarà anche timida con gli altri, ma con me non si prende la briga di esserlo. Anzi! Ogni tanto sembra un vulcano in eruzione...
- Allora.. Gli ho dato uno schiaffo. - dico indifferente, ma sotto sotto sono altro che indifferente. Sto di merda, ma non perchè me l'ha detto lui, ma perchè TUTTO quello che ha detto è vero.
-Cheeeeeee?- e la sua faccia è un misto tra shock e incredulità - Mi prendi in giro??-
-No-dico tranquillamente.
-COME? QUANDO? PERCHÈ? DOVE? COS'HA FATTO?- vi ricordate il vulcano in eruzione...? Eccolo.
- Ho pensato perché era così gentile. Gli ho chiesto perché lo stava facendo e lui mi ha risposto "Eri una damigella in pericolo, avevo il dovere di aiutarti". Allora io stavo per dire come tutte quelle che ti porti nel letto ogni giorno dicendo: "Come quelle...." e lui ha capito. Ha iniziato a urlarmi che faccio schifo, che non porterebbe a letto una poveraccia come me, che faccio pena.... Allora io non ce l'ho fatta... Sai quello che succede quando qualcuno mi urla addosso. Così l'ho mandato e gli ho tirato uno bello schiaffo. Spero che se lo ricorderà. - spero di essere convincente, di non far trapelare emozioni, ma a cosa servono le migliori amiche...
- Che stronzo.. Oddio stai bene? So come ti stai sentendo! Non serve che fai finta. -

Per fortuna la campanella suona. Adi va verso l'entrata, ma io rimango sul muretto. si gira e mi chiede:
- Non entri?
- Sto cinque minuti fuori e arrivo.
-Ok a dopo...- gli faccio un mezzo sorriso.

Ho bisogno che ancora per un po' il suono della musica superi quello dei pensieri.

Ripenso a mio padre. Alcoolizzato del cazzo. Nessuno sa del mio passato. Che mi sono trasferita qui a Seattle dall'Italia perché volevo fuggire da mio padre. Arrivava a casa tutti i giorni ubriaco. Per fortuna che c'era la nonna a proteggermi e ogni tanto la zia. Quando tornava da Roma. Mia madre si era separata da lui quando avevo 4 anni. Era venuta qui a Seattle per lavoro. A 2 anni non avevo una madre con cui giocare, ridere e piangere.
Troppi ricordi tutti in una volta. BASTA. Non mi troverà mai. Una lacrima sta per fare capolinea sulla mia guancia ma io la ricaccio dentro. Non posso mostrarmi debole. Per tutti sono la ragazza modello, che ride e scherza, da consigli a tutti, offre sempre la sua spalla per piangere, il cupido della situazione, l'amica che ti tira su. Per tutti sono la solita ragazza solare e spensierata. Invece sono tutto il contrario più buia di un cielo senza stelle.



#Spazio autrice:

Scusatemi tanto!! Sono inattiva lo so. Vi avviso che non avrò un momento preciso per pubblicare, in base all'ispirazione. Scusate ancora. Allora che ne pensate del capitoletto? Commentate vi prego. Lasciate una stellina quà sotto se vi è piaciuto.
Grazie! Un Bacione...
Valeriaxxx....

#primapubblicazione: 09 febbraio 2016
#correzione: 27 febbraio 2016

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