Si guardarono. Louis diffidente, con l'aria da viziato e arrogante ragazzino ricco, Mark Tomlinson con il solito sguardo pieno di pregiudizio e professionalità. L'aria era praticamente tesa, che se solo avesse osato alzare un coltello l'avrebbe potuta tagliare ed impiattare. L'aveva portato - ovviamente - in uno dei migliori e costosi ristoranti di Londra, condividendo con lui un bicchiere di vino e delle tartine al salmone. Louis ne andava matto, ma la situazione gli aveva chiuso lo stomaco. Non l'avrebbe mai ammesso a nessuno, ma era per metà eccitato e per metà impaurito. Eccitato perché probabilmente era la prima volta che vedeva suo padre fuori di casa, fuori dal lavoro, dal suo studio; impaurito perché avrebbe potuto sentire da un momento all'altro, di non valere niente per lui, nemmeno un centesimo più sporco che aveva guadagnato in quegli anni di duro lavoro. Ma non si sarebbe lasciato scoraggiare così, non per una cosa del genere. Aveva bisogno di mostrarsi forte, di tirare fuori lo stesso coraggio che aveva avuto in casa, nel suo ufficio, davanti ad Harry. Voleva dimostrargli di non essere un vigliacco per essersi aggrappato alla peggiore delle vendette, per non averlo affrontato con le parole ma agendo alle sue spalle, rischiando anche grosso. "Quindi, perché siamo qui?" fece a quel punto, schiarendosi la voce. L'uomo alzò lo sguardo dal suo calice di vino e lo puntò sugli occhi di Louis, chiari e terribilmente belli come i suoi. Non poteva di certo biasimare le donne che, alla sua giovane età, avrebbero fatto follie per averlo. E le cose non erano cambiate, Louis era la sua copia sputata, solo che non erano più solo le donne a corrergli dietro ma anche uomini senza più paura. "Per cenare" brontolò, asciugandosi i lati della bocca con un fazzoletto morbido e rosso, come le pareti del locale. Louis sbuffò e roteò gli occhi infastidito, perché era certo che quell'uomo non avrebbe mai messo giù quella maschera da uomo d'affari in favore del padre affettuoso che credeva fosse, nel profondo. "Già, lo vedo. Il reale motivo?" sputò, forse con voce fin troppa acuta e acido come un limone. Ma era da Louis costruirsi quella facciata da duro quando in realtà moriva dalla paura. Poteva di sicuro essere il ragazzo più sfrontato e spudorato del mondo, ma quando aveva di fronte l'unica persona che lo intimoriva, diveniva una femminuccia. "Volevo chiarire la situazione" diplomatico e serio come al solito. Il viso di Louis si mosse in una smorfia ma l'uomo non si lasciò intimorire per niente da quel visetto ancora infantile che aveva il figlio. "Ok, parla" fece un cenno con le mani e poi le incrociò al petto in attesa di sentirlo parlare. Era giunto il momento della verità, molto in fretta, non poteva e non voleva tirarsi indietro. Avrebbe ascoltato e scoperto quale sensazione avesse preso il sopravvento sulle altre. "Mi dispiace" pronunciò, e Louis guardò prima il piatto di tartine poi il suo viso, perplesso e scioccato, forse curioso. "Come?" si pose più avanti, porgendogli l'orecchio, invitandolo così a ripetere quelle parole che - poteva giurarlo - non aveva mai sentito uscire dalle sue labbra. "Sono stato dedicato al lavoro per tutta la mia intera vita, ho tirato su da solo il mio impero finanziario; ho cresciuto te al meglio e continuo a mantenere tua madre, vi voglio bene, Louis. Siete la mia famiglia e per quanto abbia sofferto della separazione, non ho mai smesso. E voglio bene anche a te, anche se non te lo dimostro mai" Mark aveva lo sguardo serio e terribilmente sincero, ma Louis non si lasciò piegare da quelle parole confortanti. Non poteva cedere in quel modo, non al primo colpo. Ed i suoi pensieri glielo impedirono fortemente una volta che prese parole e coscienza della situazione, infervorandosi come mai prima. "Vuoi solo che io smetta, che ti lasci in pace, che non porti guai nella tua vita lavorativa. Dici queste cose solo perché sei costretto; hai abbandonato il tuo orgoglio solo per mettermi a tacere, solo per evitare che io faccia ancora quello che faccio la notte; hai messo su la finta faccia da padre solo per ammorbidirmi e farti credere. Ti aspetti che molli il mio lavoro? Che smetta anche di vedere Harry magari? Che ne farai di lui, lo butterai in strada? Cosa?!" e non riuscì ad impedirsi di piazzare un pugno sul tavolo, facendolo tremare e tintinnare i bicchieri, le posate a cozzare. Li guardarono tutti, sconvolti e sconcertanti, perché non era mai successa una cosa del genere in quel ristornate. E Mark intimò il figlio di calmarsi e moderare i toni, non era il caso di farsi buttare fuori. "Non hai più nessun lavoro, non è necessario che tu vada lì stanotte. Volevo dirtelo con calma, ma dato che ci siamo. Frequenterai la scuola, ti diplomerai, sceglierai la tua strada e diventerai un grande uomo, fine della discussione" sputò fuori, indurendo la mascella. Louis si sentì cedere, perché non era possibile. E pensare che gli aveva quasi creduto! Avrebbe voluto Harry al suo fianco in quel momento, era certo molto più diplomatico e riflessivo di lui, ma provò a fare appello a tutta la sua buona volontà per non prenderlo e picchiarlo a sangue freddo. "Sai cosa?" digrignò i denti e le labbra cominciarono a tremolargli per la rabbia. Era certo che la cosa non sarebbe mai cambiata, perlomeno, non più di tanto. "Non me ne frega un cazzo dei tuoi soldi, blocca tutte le carte di credito che vuoi, toglimi il lavoro, toglimi tutti i beni materiali con cui mi hai comprato negli anni; ma non mi toglierai mai questa rabbia, questo sentimento di repulsione nei tuoi confronti. Non troverai mai nessuno che possa sradicare certi sentimenti, papà. Continui a trattarmi come se fossi un bambino, un problema da sistemare; ma è finita da oggi." Con molta calma, Louis si alzò e poggiò delicatamente il tovagliolo sul tavolo, accanto al piatto. Sorrise allargando le narici e andò via, sculettando quasi. La rabbia lo avrebbe divorato vivo ma non gli avrebbe dato quella soddisfazione, perlomeno non in quel momento. Forse quando sarebbe stato da solo, forse fra le braccia di Zayn e Liam; forse con Harry. Strinse i pugni ed uscì, respirando l'aria gelida che tirava, osservando i palazzi più alti luminosi, le luci per strada accecarlo, il rumore e la confusione dei turisti e delle macchine. Pareva una serata normale per tutti, ma la verità era che per lui era stata quasi come un uragano. Respirò profondamente, poi si sedette in macchina, affondando nel sedile, la testa poggiata contro lo sterzo. Non pianse, perché non era una cosa da lui, ma rimase a riflettere per minuti, forse ore. Suo padre rimaneva uno stronzo e per tutto quel tempo l'aveva solo comprato, non meritava nessun sentimento. E sapeva per esperienza, che l'indifferenza rimaneva l'arma più tagliente. Louis l'avrebbe utilizzata.
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Hypnotic Takin' Over Me
FanfictionOs partecipante al contest "Pick someone who's supportive" "Sai..." sussurrò ancora per poi voltarsi e ondeggiare al ritmo della musica, inseguendo il piacere perverso che sentì dentro. Louis desiderò toccarsi, sentire gli occhi di tutti addosso e g...