Tra ringraziamenti e tacchini di troppo

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Ripensandoci, Kurt constatò che, forse, non era stata una buona idea.
Ma visto che, come avrebbe detto Blaine, Kurt faceva "orgoglio" di secondo nome, prese un bel respiro e andò fino in fondo.
Letteralmente.
Affondò una mano dentro al tacchino, e potè sentire l'interno morbido della sua pelle avvolgersi contro il suo braccio; in quello stesso frangente maledì con tutte le lingue che conosceva – soprattutto in francese, pensava che da arrabbiati il francese assumesse un suono altamente appagante- l'idiota che aveva decretato il tacchino come cibo universale per il giorno del Ringraziamento, e sì, maledì anche il giorno del Ringraziamento. Quella giornata era cominciata male e stava andando sempre peggio, e l'unica cosa che Kurt in quel momento sentiva di dover ringraziare, sarcasticamente parlando, era l'incredibile irritabilità di Rachel Berry.
"Non sei in grado di cucinare il tacchino ripieno!", gli aveva detto.
Beh, adesso era incastrato tra le cosce del volatile, e Dio solo sapeva quale assurda allusione sessuale non voluta avesse tirato fuori. Il suo viso assunse il colore del pomodoro posto giusto vicino a lui e, per fortuna, nessuno era presente per poter assistere a quello scenario deprimente.
"Ok", esordì a se stesso, ma tenendo gli occhi puntati sul tacchino. "Ce la posso fare. Che cavolo, se ce la fa Finn tutti gli anni, posso farcela anche io. Dunque, la ricetta, cosa dice la ricetta? Riempire il tacchino e quindi cucite l'apertura con dello spago da cucina. Salate e pepate il tacchino all'esterno e legatelo con altro spago, frapponendo tra questo e la carne i rametti di rosmarino.Tutto fattibile."
O almeno, così si augurò in cuor suo. In verità lo spago si spezzò in mille punti e il ripieno cedette quasi del tutto strabordando anche da dei pezzi delle cuciture. I rametti di rosmarino sembravano delle povere creature imploranti pietà stritolate tra la carne ed il filo, e donavano all'immagine generale una visione alquanto macabra ma abbastanza attinente di un sacrificio satanico. C'era anche la lingua diabolica ed incomprensibile, dal momento che Kurt aveva cominciato ad imprecare in francese, e quello voleva dire che aveva davvero raggiunto l'apice della sopportazione.
"Nemmeno mi piace il tacchino!" Esclamò, sbattendo con forza la mano sul tavolo messo a soqquadro da castagne, burro, limone, pane grattugiato e Q.B. di sale. Odiava il Q.B. Era come se uno dovesse nascere imparato, o avere un talento innaturale per le dosi. Insomma, nel giorno del Ringraziamento non poteva permettersi di mandare a monte il pranzo solo perchè aveva messo un po' troppo di Q.B. di sale. Che li costava scrivere "due cucchiaini", o meglio –visto che a loro piace tanto scrivere abbreviato- "due cucch.ni"!?
Ma la verità, in fondo, era un'altra: Kurt non voleva deludere Blaine. Il suo volto raggiante, quando gli aveva proposto di festeggiare il Ringraziamento a casa loro, lo aveva fatto emozionare così tanto che in uno slancio d'amore si era offerto per preparare lui stesso il tacchino, perchè Blaine amava Kurt quando cucinava per lui, e Kurt amava vederlo completamente ammirato facendolo sentire il marito migliore del mondo.
Vedendo la situazione, però, iniziò a domandarsi da dove diavolo avesse preso tutto quell'ottimismo; avrebbe dovuto dar retta a Rachel o, più semplicemente, chiedere a Finn di aiutarlo. Da quando erano a New York avevano festeggiato il ringraziamento a casa loro, e il suo più grande dramma consisteva nel decidere quale camicia gli piacesse di meno così da poterla indossare liberamente senza temere ketchup e altre salse varie. Adesso, non solo non aveva ancora scelto la camicia –e aveva bisogno di tempo per farlo, soprattutto perchè impiegava all'incirca mezz'ora nell'accarezzarla chiedendole scusa e dandole l'estremo saluto-, ma si era perfino ritrovato un dannatissimo uccello tra le mani.
"No, non uccello. –si ricorresse tra sè e sè, borbottando- Volatile. Pennuto. Animale!? Ok, ancora peggio."
Niente da fare: comunque la rigirasse, quella frase restava terribilmente ambigua e si ritrovò a sprofondare nel suo piccolo baratro di vergogna.
"Kurt?"
Si voltò di scatto, perchè la voce che udì era inconfondibile: che diavolo ci faceva Blaine!?
Poi guardò l'orologio: oh, perfetto, erano soltanto le dodici e mezza. E gli invitati sarebbero arrivati in un lasso di tempo che variava, tipo, dai cinque ai sei minuti e mezzo, a seconda di quale metro avessero preso.
"Insomma –mugugnò- sono in perfetto orario."
"Cos'hai detto?"
"Papà papà ho fame!"
Vide quell'adorabile testolina ingellata sbucare fuori dalla porta, seguito a ruota da quella piccola di Elizabeth, ed entrambi assunsero un'espressione a metà tra il terrorizzato e il perplesso.
"Kurt, ma...è scoppiata una bomba per caso? Pensavo che fosse il Ringraziamento, non la rievocazione storica dell'undici Settembre."
"Ah-ah, molto simpatico. L'autoironia newyorkese ti ha fatto male, vedo. Non è successo niente, stavo soltanto preparando il tacchino."
Blaine guardò la massa informe stesa sul tavolo, inarcando un sopracciglio.
"O almeno, quello che ne rimane?" Ricevette immediatamente un'occhiata acida per la frase appena detta.
Ma quell'acidità svanì immediatamente, non appena notò lo sguardo confuso del marito, cominciando a sentirsi tremendamente in colpa. Sussurrò un paio di scuse, balbettando su quanto fosse maledettamente orgoglioso, e su quanto il tacchino fosse maledettamente difficile da fare, e su quanto fosse importante il giorno del Ringraziamento, e...
"Kurt, Kurt, amore, calmati." Blaine lo prese dolcemente per le braccia, guardandolo dritto negli occhi.
"Sei adorabile quando straparli così, ma in verità non riesco a capire granchè di quello che dici. Adesso, per favore, prendi un respiro e dì: qual è il problema?"
Quei grandi occhi nocciola, che adesso sembravano dei fari nella penombra, lo sciolsero completamente e allo stesso tempo lo invogliarono a dire la verità.
"Volevo farlo bene."
"Che cosa, il tacchino?"
"Sì. So che ti piace tanto, e so quanto ci tieni affinchè questo giorno sia speciale, e io ho mentito quando ti ho detto che sono un esperto nel cucinare il tacchino, in verità non l'ho mai fatto in vita mia, in verità odio quel dannato volatile, ma ho detto che volevo farlo...per te."
Blaine sussultò appena, il suo sguardo più luminoso, mentre la voce di Kurt diventava sempre più tenera.
"Perchè volevo che tu fossi fiero di me."
Non gli permise di aggiungere altro: lo baciò con intenso trasporto e passione, e assaporò lentamente la sua lingua fino a quando non sentì il suo sospiro di piacere sincero e completamente ammaliato.
"Kurt...Kurt." Lo disse più piano, voleva che fosse una cosa intima, solo loro due.
"Io sono totalmente, incondizionatamente fiero di te. E il fatto che tu abbia fatto tutto questo per me è..." non trovò la parola adatta a descrivere le sue parole, e così decise di farglielo capire attraverso un altro bacio, stavolta più lento.
"Ed è vero che ci tengo al giorno del Ringraziamento, ma la vuoi sapere la ricetta per una giornata assolutamente speciale?"
Kurt annuì, un sorriso cominciava a nascere dalle sue labbra rosee ed inumidite mentre Blaine si faceva sempre più vicino.
"Un semplice Blaine Anderson... -prese le mani del marito, stringendole verso di sè- un bellissimo, affascinante Kurt Hummel... – adesso i loro nasi si sfioravano appena, in quel modo che adoravano fare, che li rendeva incredibilmente intimi- e poi, ovviamente, un pizzico di..."
"Lizzy!"
Sobbalzarono. La voce di Burt Hummel, proveniente dalla stanza accanto, piombò sulle loro teste e su quella bolla d'amore rendendoli improvvisamente consci di quello che stava accadendo: avevano una dozzina di invitati a pranzo, dei vestiti da indossare e, soprattutto, un tacchino lasciato a metà, abbandonato a se stesso.
Sentirono la voce cristallina di loro figlia esultare e gioire nell'abbraccio del nonno e, a seguire, i saluti di Carole, Finn, Susanne e Catherine, rispettivamente, la madre e la sorella di Blaine, accompagnate da Jonathan, il ragazzo di quest'ultima, ed infine Rachel, assieme ai suoi genitori Joe e Phill. Era la solita comitiva che ormai si riproponeva da diversi anni, a parte Jonathan, che, ovviamente, era la "new-entry": tutti quanti si incontravano per il giorno del Ringraziamento praticamente da quando i ragazzi si erano trasferiti a New York. Era una scusa per rivedere i propri cari, e per passare una bella giornata tutti insieme. Burt, poi, aveva imparato ad adorare letteralmente Joe e Phill visto che ogni anno, per quell'occasione, lo portavano a pescare. Susanne, d'altro canto, si era trovata subito d'accordo con Carole e avevano pianificato da mesi la loro speciale caccia allo sconto per Manathan, seguite da Catherine, sebbene mal volentieri - la sua passione per la moda, con grande delusione della madre e di Kurt, non era migliorata con il passare degli anni-.
E quindi, chi per un motivo, chi per un altro, erano tutti felici di essere insieme, e pronti a festeggiare quello che, in pratica, era come un secondo Natale.
Peccato che Kurt e Blaine non fossero pronti neanche un po'. Kurt non era nemmeno vestito adeguatamente, cosa che, ovviamente, avrebbe implicato una sua magica sparizione fino al momento in cui non fosse stato presentabile e con una camicia decente addosso. Ma visto che, in effetti, era una cosa che succedeva piuttosto spesso - a partire da quell'occasione e a terminare con delle cene che ritardavano puntualmente di tre ore- nessuno degli invitati lo avrebbe trovato strano o seccante.
"Sono arrivati."
Si guardarono negli occhi, leggendoci lo stesso sentimento di ansia e paura.
"Oh Blaine, che facciamo?"
"Ok, ok, niente panico. Con calma, io vado a salutare gli ospiti, tu cerca di...hem... –il suo sguardo si posò istintivamente sul tacchino- nascondilo e accendi il forno, diremo a tutti che si sta cuocendo."
Annuì. Un'ultima occhiata, poi si separarono.
Dritti verso la loro tacita operazione "aggiustiamo al meglio questo tacchino del Ringraziamento".


Avevano necessariamente bisogno di un complice. Kurt da solo non ce l'avrebbe mai fatta, e Blaine d'altro canto voleva andare in cucina a dargli una mano; ma quindi, come faceva ad intrattenere gli ospiti se entrambi i padroni di casa, misteriosamente, si sarebbero volatilizzati?
Per una buona mezz'ora la situazione andò alla grande, lasciando spazio a delle sane chiacchierate e ad un aperitivo che Blaine aveva precedentemente preparato sopra al tavolino del salotto. Rachel e Finn erano di casa, ormai, e così facendo misero a loro agio tutti i presenti, facilitando il lavoro a Blaine; trascorse diverso tempo a parlare con Susanne, felice di averla lì, e poi con Catherine, la sua adorata sorella che in quel momento frequentava il primo anno di College a Stanford. E poi, lasciato volutamente per ultimo, si dedicò a Jonathan. La gelosia di Blaine era un fatto noto a tutti, ormai, ma il povero ragazzo ancora non aveva avuto l'onore di conoscerla di persona: si fermò davanti a lui, squadrandolo da cima a fondo, indugiando soprattutto sul suo viso e sulla sua espressione pietrificata da studente che stava per dare il suo primo esame orale. Era giusto che ce l'avesse, altrimenti Blaine si sarebbe sentito insoddisfatto.
"E insomma..." esordì, con nonchalance, come se quello non fosse veramente il ragazzo di sua sorella, come se la cosa non gli desse assolutamente fastidio, insomma.
Il ragazzo, notando la mancanza di un proseguimento, prese un bel respiro e si buttò.
"E insomma..."
Oh, no, non poteva davvero averlo fatto. Sul serio, lo aveva "emulato"? Come gli era saltato in mente di azzardarsi anche soltanto minimamente ad assumere un tono di confidenza con lui, LUI, il fratello maggiore della sua ragazza!?
Al diavolo. Poteva anche essere il figlio di chissà quale ricco impresario del Canada, poteva anche avere la media più alta di tutta l'università –che poi, chi diavolo studiava a Stanford? Soltanto gli scienziati falliti, pensò lui-, ma in quel preciso istante Blaine lo etichettò come idiota e così rimase per tutto il resto della loro conoscenza.
Ma non aveva tempo da perdere: doveva andare da Kurt. Stava già per mandare tutto all'aria e chiedere una mano a Rachel e Finn, quando sua figlia, prontamente, cominciò a fare quelle cose adorabili che fanno tutti i bambini, tipo raccontare le sue imprese all'asilo, fare vedere ai nonni qualche disegno, e cose così.
Il padre la guardò come se stesse ammirando l'essere più meraviglioso e geniale del mondo, e si ripromise che quella sera le avrebbe dato un pacchetto intero di caramelle gommose come premio.
Adesso, tutti quanti erano come calamitati da Lizzy: se lei rideva, loro ridevano. Se lei correva, loro le correvano dietro, facendo finta di rincorrerla, e sembrando in generale una massa di allucinati. Ma per Blaine era perfetto: senza farsi notare troppo, corse in cucina e chiuse la porta a chiave.
Si voltò in fretta, troppo in fretta, forse, per poter sopportare ad occhio umano la vista di Kurt intento ad indossare il resto di una camicia sistemata a metà, con il torso completamente scoperto, la pelle nivea ed immacolata che risaltava come il riflesso della luna.
Non gli chiese come avesse fatto a prendere quei vestiti – probabilmente, era sgattaiolato dal terrazzo per arrivare direttamente in camera da letto e portarli lì dentro -, non gli chiese come mai avesse scelto proprio quell'abito. Dopo il momento di puro romanticismo di poco prima, quella visione era in assoluto la cosa più giusta e, allo stesso tempo, sbagliata, che potesse capitargli.
Kurt, in effetti, fece appena in tempo ad infilarsi anche l'altra manica che si era già ritrovato con la schiena contro il muro, le mani intrecciate a quelle di Blaine, il suo corpo caldo completamente spalmato contro il suo che aveva cominciato a strusciarsi freneticamente.
E, beh, si sentì diviso a metà: perchè una parte di lui stava già per strappargli quella scomodissima giacca che si ritrovava addosso ed assaporare la più bella e lunga sessione di sesso sopra al tavolo che essere umano avesse mai potuto contemplare; ma poi, sfortunatamente, si ricordò di un piccolo dettaglio.
"Il tacchino, gli ospiti." Dichiarò meccanicamente, maledicendosi all'istante per averlo fatto, perchè Blaine si fermò di colpo ed indietreggiò appena, con il fiato corto, i capelli arruffati, la giacca scoperta quanto bastava per lasciar trapelare un po' dei suoi addominali scolpiti e della sua pelle olivastra, gli occhi nocciola irresistibilmente densi di lussuria, incollati ai suoi.
E si soffermarono a deglutire, perchè era ingiusto, perchè era troppo eccitante, e volevano farlo lì, adesso, e non potevano.
"E' colpa tua –sussurrò Blaine- ti sei messo quella camicia che mi fa impazzire."
"Blaine, secondo il tuo modesto parere, qualsiasi camicia fa impazzire."
"Non è colpa mia se ho sposato l'uomo più eccitante del mondo."
"Cosa? No, mio caro, è partita persa: vogliamo parlare delle tue condizioni, adesso? Dio, ti vorrei così tanto." Mugolò, e Blaine fu costretto ad allontanarsi di scatto perchè altrimenti non sarebbe più stato in grado di farlo. Kurt gliene fu grato, lui non ne avrebbe mai avuto il coraggio, ed insieme presero dei lunghi respiri mentre, lentamente, cominciarono a rassettarsi.
"Coraggio, pensiamo al tacchino."
"Ti amo."
"Anche io. Ah, a proposito, Lizzy sta intrattenendo gli ospiti."
"Davvero? Oh, Blaine, è già una performer, a soli quattro anni! E' proprio nostra figlia."
"Tra qualche anno la vedrò nei migliori spettacoli di Broadway, di fianco a te."
Guardò suo marito ringraziandolo con uno sguardo di pura devozione, e poi si concentrarono ad osservare quella...cosa.
"Blaine... ci sta guardando male. Mi sto deprimendo."
"No dai, sta sorridendo. Non vedi? E' felice."
"Ma dove lo vedi il sorriso, se gli manca la testa?"
"E allora tu dove l'hai visto il suo sguardo?!?"
"Oh Blaine, non ce la faremo mai."
"No, Kurt, guardami, rilassati, andrà tutto bene. Riusciremo a superare anche questa cosa."
Il cantante esitò un secondo, guardando negli occhi suo marito.
"Insieme?"
Ci fu un attimo di pausa. Dopodichè, sorrisero.
"Sempre insieme."

I migliori cuochi dicono che la migliore ricetta si fa con l'amore. Ma, effettivamente, se fosse dipeso solo da quello, Blaine e Kurt avrebbero vinto il premio come miglior cuochi di tutta la nazione.
Il risultato che ottennero fu un tacchino abbastanza deforme con un ripieno troppo cotto e dei rametti che penzolavano come dei salici piangenti.
"E' inquietante."
"No, no, va benissimo."
"Blaine, io ti amo, ma non devi mentire per farmi contento."
"Ok, allora sì, è inquietante."
"Cosa facciamo?"
Ci voleva un'idea. O quanto meno, una scusa. Non potevano consegnare il tacchino in quel modo, Rachel probabilmente li avrebbe presi in giro fino alla fine dei loro giorni.
Blaine guardò per l'ultima volta il piatto con fare sconsolato: "Sembra uno di quei pasticci che combina Lizzy quando non ha voglia di mangiare."
E lì, venne l'idea.
"Blaine, sei un GENIO!" Lo baciò velocemente sulle labbra, afferrando il viso con le mani, e poi Kurt volatilizzò via dirigendosi verso la sala e la bambina.
"Kurt, alla buon'ora eh! Eri affogato in cucina?"
Si soffermò a salutare tutti gli ospiti e a spendere due parole di benvenuto, ma in realtà il suo intento era ben altro.
"Mettetevi pure comodi, adesso sta per arrivare il tacchino. Lizzy, tesoro? Mi vieni a dare una mano?"
La bambina corse immediatamente verso di lui tutta saltellante e contenta. Kurt andò da Blaine, il quale guardava entrambi in modo confuso, ma non appena vide il marito fargli l'occhiolino cominciò immediatamente ad intuire il suo piano.
"Oh no, Lizzy! Che cos'hai fatto? Guarda il tacchino...è tutto distrutto!"
Si diressero tutti e tre nella sala: il tacchino si presentò nello stesso modo con cui venne cucinato, con la grande differenza che adesso entrambi i padri guardavano la bambina con tono accusatorio e dispiaciuto.
"Non l'ha fatto apposta, voleva afferrarlo, le piace giocare con il cibo..."
Non ci fu bisogno di aggiungere altro.
"Ma- ma non importa! –Esclamò entusiasticamente Burt- Vero che non importa, ragazzi?"
"Certo, sicuro! Sarà delizioso lo stesso." Confermò Catherine, assecondata dal fidanzato – ma Blaine non lo sopportava lo stesso.
"Oh Lizzy, sei un'adorabile pasticciona!"
"Ti adoriamo anche per questo." I genitori di Rachel sembravano incantati.
"Vieni tesoro, fatti abbracciare dalla nonna!"
"A me non importa, basta che si mangi."
Rachel diede una gomitata a Finn e aggiunse: "Coraggio, non stiamo a fare tutti questi convenevoli e diamoci dentro!"
I due ragazzi si sedettero, assieme alla bambina, che in quel momento stava ricevendo più complimenti di quanti ne avesse ricevuti in tutta la giornata. Kurt e Blaine si guardarono, ma solo per un momento, e grazie alla loro profonda intesa si congratularono tacitamente per la buona riuscita del piano, e si dichiararono per l'ennesima volta il loro amore.
E alla fine, in quel giorno del Ringraziamento, ringraziarono il mondo che aveva donato loro Elizabeth, e tutta quella splendida famiglia.

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