Corsi verso la porta e incominciai a battere per farmi sentire.
Mancava così poco e potevo essere libera.-sono quì- urlai.
Però c'era qualcosa che non andava...
La sirena era diversa da quella della polizia. Che fosse scoppiato un incendio? Mi lasciai prendere dal panico e battei più forte.
L'allarme cessò all'improvviso.
Accostai l'orecchio alla porta, nessun rumore proveniva da fuori.Deglutii silenziosamente e mi allontanai, quando sentii un rumore secco provenire dalla porta.
Mi girai lentamente e la trovai socchiusa.
Spalancai gli occhi e mi avvicinai con passo felpato aspettandomi qualche trabocchetto.Riaccostai l'orecchio ma non sentii niente.
Mi decisi. O la va o la spacca.
Era la mia unica possibilità.Aprii la porta con molta cautela e senza emettere nessun suono.
Mi affacciai nel corridoio.
Era completamente illuminato.
Perfetto, così non potevo nascondermi.
Presa dal panico incominciai a correre a caso, lungo il corridoio fino ad arrivare ad un portone di legno.
Afferrai la maniglia e incominciai a tirare senza alcun risultato.
Era chiusa.
-signorina?- una voce alle mie spalle mi gelò il sangue.
Mi girai lentamente per poi trovarmi davanti una giovane donna dal sorriso amichevole. Da come era vestita sembrava una suora.
Ma dove mi trovavo?
Mi guardai meglio intorno e notai che sembrava molto a un ospedale .... a un ospedale abbandonato.
- Per le docce da questa parte- mi disse.
Docce?
Non avevo altra scelta così la seguii lungo un corridoio ben illuminato e notai che era pieno di porte blindate con delle feritoie, come la mia. Ma la cosa più preoccupante era che erano spalancate.
Incominciò la musichetta inquietante e io mi bloccai.
-perché c'è la musichetta? Non dovrebbe esserci quando è notte? E soprattutto perché la mettete?-
Chiesi alla suora che ignorò la mia seconda domanda.- oh no, cara. La musica è di giorno, quando smette vuol dire che è notte e quando è notte devi essere nella tua stanza, c'è il coprifuoco. Ci sono tre rintocchi per avvertirti, non hai scusanti-
Nella cella, semmai.
- Cosa succede se non sono nella mia "stanza" al coprifuoco?- chiesi non sicura di voler sapere la risposta.
- Credimi, non vorresti saperlo, tesoro- mi disse per poi spingermi verso una grande doccia. Notai che era l'unica doccia in tutta la stanza. Le altre erano state demolite e ne rimanevano solo i tubi.
-Perché c'è n'è solo una?-
-Per .... mantenere la privacy, non vorresti mica far la doccia con altre persone, vero? Perché se vuoi c'è anche questa possibilità...- rabbrividii al solo pensarci e scossi la testa.
Sorrise e se ne andò.
Mi guardai intorno, sempre con la musica di sottofondo e mi spogliai.
Mi lavai velocemente e mi rivestii.E ora che faccio?
La tizia aveva detto che dovevamo essere in stanza quando finiva la musichetta, quindi ero libera di fare quel che volevo.
Incominciai a vagare alla ricerca della cucina. Volevo trovare un arma con cui difendermi, non volevo rimanere indifesa
Notai che l'ospedale era molto grande, sembrava infinito.
Notai anche che era vuoto.
Nessuna suora e nessun paziente in giro. Non che volessi incontrare nessuno, ma così era inquietante tanto quanto la musichetta che non voleva saperne di smettere.
C'era una porta di legno che mi attirò. Era l'unica non di ferro e non blindata e non sembrava avere lucchetti.
Accostai l'orecchio e non sentii alcun suono, oltre alla musica.
Guardai nel buco della serratura e vidi solo marrone.
Decisi di tentare. Aprii la stanza e mi ritrovai in una cucina con dei banconi marroni.
Per fortuna era vuota.Mi diresti verso i cassetti e li aprii cercando qualcosa di utile. Finalmente trovai un coltello e lo afferrai, facendo cadere però un cucchiaino. Mi chinai per racciglierlo quando sentii dei passi nel corridoio.
Terrorizzata mi accovacciai sotto al bancone e trattenni il respiro.
La porta della cucina si aprì cigolando e sudai freddo.
Poi secondi dopo si sentì un rumore secco, come se si fosse chiusa. Aspettai qualche altro minuto, brandendo il coltello con forza, e poi uscii dal nascondiglio.
Non c'era nessuno nella stanza, oltre a me. Nascosi l'arma tra i vestiti e uscii dalla cucina cercando la mia stanza e maledicendomi perché non mi ricordavo più dov'era.
-Cerchi qualcosa?- la voce della suora mi colse alla sprovvista.
-Sì, la mia stanza- chiesi titubante.
-È al piano di sotto, numero 134-
-Ma io non ho sceso né salito delle scale- ribattei stranita.
-Al piano di sotto- mi rispose sorridendo e indicandomi una porta.
Il primo ritocco suonò e io incominciai a spaventarmi. Non mi restava altra scelta che seguire le indicazioni della suora se non volevo conoscere la misterosa punizione per aver infranto il coprifuoco.
Corsi verso la porta per poi scoprire che erano delle scale e le scesi velocemente.
Vagai nel corridoio alla ricerca della mia cella.
Secondo rintocco.
Forza! Dove sei?
La trovai e mi ci buttai dentro chiudendo d'impeto la porta.Terzo rintocco.
E la musica cessò.