Capitolo sesto - Il diario

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Da quando mi ha sbattuto la porta in faccia, non ho rivisto il ragazzo.

Da quando mi ha detto quelle parole, non faccio che pensare a lui.

Con rabbia.

Come si è permesso di dirmi una cosa simile?

Era una minaccia? Inutile dire che mi ha fatto un certo effetto. Ho avuto paura, ho sentito una forte tensione, una strana sensazione.

Poi ha chiuso la porta ed è stato come essere svegliati da una secchiata d'acqua gelida, ho controllato alle mie spalle e fortunatamente non c'era nessuno, nemmeno il ragazzo con gli occhiali.

Sono corsa a casa e mi sono chiusa in camera, fino ad ora.

Sto ascoltando un cd di Eminem, al massimo volume consentito dal mio piccolo stereo rosa e verde.

È l'unica cosa che riesco a fare in questo momento, ascoltare la musica.

Lo faccio spesso ultimamente, me ne sto sdraiata sul letto, gli occhi fissi sul soffitto ad ascoltare senza muovere un muscolo, mi aiuta a svuotare la mente.

Funziona davvero, ma per poco.

Mi bastano i tre secondi al cambio di ogni canzone per farmi tornare il peso sullo stomaco.

È finita When I'm Gone, ora c'è il silenzio.

Non intendo aspettare un'altra canzone, ho voglia di uscire.

Mi infilo una felpa verde scuro e degli stivaletti neri, spengo lo stereo, prendo il cellulare e lo infilo in uno zainetto giallo senza nemmeno preoccuparmi di svuotarlo.

Fuori l'aria è fredda quanto ieri, così mi alzo il cappuccio e accellero il passo verso il parco.

Non so per quale motivo abbia deciso di andare lì, è novembre, fa freddo e c'è aria da neve.

Il prato è coperto da un sottilissimo strato di brina e il cielo è oscurato da nuvole grigie e cupe.

Mi siedo su una panchina e faccio per incrociare le gambe, ma poi ci ripenso, stendendole in avanti.

Sto ferma così per un po', inspirando ed espirando mentre mi guardo intorno.

Non c'è quasi nessuno, solamente una ragazza con un passeggino in lontananza e due o tre persone che fanno jogging sul sentiero di sassolini.

Prendo lo zaino e me lo porto sulle ginocchia. Cosa ci avrò lasciato dentro?

Non l'ho usato da prima dell'incidente e un po' devo ammettere che ho timore di aprirlo. Ma la curiosità ha la meglio come sempre, perciò lo apro dopo qualche esitazione.

Ci trovo dentro una custodia con degli occhiali da sole scuri, un astuccio con dentro qualche penna e un pacchetto di gomme da masticare.

Rimango un po' delusa, quasi speravo di trovarci qualcosa che la vecchia me aveva lasciato lì senza pensare che qualche mese dopo l'avrebbe ritrovato la stessa persona cambiata radicalmente.

Faccio per richiuderlo ma come quando ogni volta che ti fanno un regalo ricontrolli la busta per vedere se è rimasto qualcosa, così butto un ultimo sguardo speranzoso confidando in un oggetto piu significativo.

Ho fortuna.

Estraggo con cura quello che a prima vista sembrava un libro ma che scopro essere un quaderno.

Lo apro con cautela quasi avessi paura che possa scomparire o rivelare troppo.

Quasi tutte le pagine sono state riempite con parole in un carattere disordinato, il mio.

Ogni pagina è introdotta da una data scritta in cima, è un diario.

Sfoglio velocemente le pagine, vanno da febbraio fino ad agosto, il periodo dell'incidente.

Mano a mano che mi avvicino alla pagina finale sento aumentare il freddo, che lega i movimenti delle mie dita facendole tremare leggermente.

-Hey.-

Chiudo di scatto il quaderno stringendolo al petto. Mi sento vulnerabile, ancora di più quando alzo lo sguardo.

Ed eccolo, con il suo solito cappello al contrario e il ciuffo. Senza un giubbotto nonostante il freddo insistente. Cosa diavolo ci fa qui?

-Che cosa vuoi?- Domando con la voce tremante quasi quanto le mani, precipitandomi a mettere via il diario.

Lui mi ride in faccia.

-Guarda che non mi interessa leggere i tuoi appunti di storia, signorina.-

L'insicurezza inizia a scemare per lasciare spazio alla rabbia.

-Non sono appunti. E non chiamarmi signorina, mi fai senso.-

Richiudo in fretta lo zaino e mi alzo superandolo. Nel farlo gli urto volontariamente la spalla, e lui mi afferra il polso.

Ha le mani congelate, non so come faccia ad andare in giro in felpa.

Lo fisso sgranando gli occhi. -Scusa?- gli dico staccando con foga il polso dalla sua mano. -Vedi di levarti dai coglioni.-

Mi allontano a grandi passi verso l'uscita del parco.

Spero che non mi segua, perchè ho paura, e probabilmente lo prenderei a pugni.

Non ho una gran fortuna, infatti vedo con la coda dell'occhio che è alle mie spalle. Mi volto di scatto, ritrovandomi faccia a faccia con lui.

-Senti, mi hai rovinato la giornata, sei una persona poco gentile e veramente sgradevole, e penso che sarebbe meglio che tu ti allontanassi da me all'istante, altrimenti...-

Non so come continuare la frase, probabilmente ora si metterà a ridere.

Non lo fa, anzi socchiude gli occhi senza smettere un attimo di fissarmi. -Altrimenti?-

Domanda serio.

Non rispondo e mi guardo le punte degli stivali.

Rimaniamo in silenzio per qualche secondo e un istante prima che io decida di andarmene lui mi parla nuovamente.

-Guarda che puoi scappare quanto vuoi.- Ride per poi tornare serio, facendomi quasi paura. -Ma prima o poi dovrai affrontarmi, signorina.-

Stringo i pugni e sento il mio corpo che si irrigidisce. La paura mi fa arrabbiare, perchè odio sentirmi vulnerabile e quando lo sono devo trovare a tutti i costi un modo per uscirne.

E detesto questo ragazzo. Che cosa vuole? Perchè tratta la gente in questo modo? Sembra un po' trascurato, ma non ne so il motivo e non mi interessa. O forse un po' si? Del resto, se mi infastidisce così tanto ci sarà una ragione.

E siccome voglio che la questione termini prima possibile, reagisco, come al solito, troppo in fretta.

Quando lo afferro per il polso rimane sorpreso.

-Perfetto.- dico -Se devo affrontarti sarà meglio farlo subito. Andiamo.-

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