Domenica.

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Quando si è giovani è liberi, non si da peso a nulla. L'evitabile accade  perché inevitabile, è così e non è assolutamente contro senso. Si inizia a sbagliare da piccoli, a scegliere da grandi. E quando non si è pronti ne per l'uno, ne per l'altro si è nell'oblio. L'oblio ti porta a vagare, e grande o piccolo che tu sia, ti ritrovi a girare nei cerchi dell'inferno che Dante, ha prescritto esclusivamente per le sue anime. L'inferno che solo lui ha immaginato. L'inferno che tu hai immaginato. Girone, per girone, dannato per dannato, peccato per peccato, nulla lasciato al caso. Niente di perso. Quando si sogna tutto ha un senso ma niente di assolutamente normale contenuto in esso si avvale di significato. Mai come quella volta il cielo era così buio, oserei dire quasi un nero candido. Era il tempo dei sogni e delle estati dalla nonna paterna. Grandi e rumorosi singhiozzi accompagnavano lacrime strozzate da parole in fase di uscita, ma irrilevanti perché rimaste nel buio di un inconscio che era stato già turbato da aghi taglienti e spinosi, accompagnati dai morsi del peggior animale di questo mondo,l'uomo. Il suo sguardo era rivolto al di fuori della finestra, ma le orecchie ascoltavano quelle voci che conosceva fin troppo bene. Un rumore le distrasse e ora anch'esse vennero indirizzate verso ciò che  accadde al di fuori di quella grande finestra. Il chiacchiericcio non cessava, le solite parole, i consueti attacchi, il quotidiano di quei volti avvolto dalle maschere e la falsità che ne compete. Dolore, dolore era ciò che provava all'interno di quella stanza bianca, e non voleva più parole,non voleva più persone, bramava il silenzio. Il rumore della pioggia la spinse ad alzarsi da quel divano freddo e povero come le persone che lo accerchiavano, le stesse che animavano quella rurale villa di campagna. Il rimbombo di un tuono, il silenzio di un lampo, il rumore della pioggia e infine acqua, acqua che ricadeva veloce ripulendo quell'asfalto subdolo che accompagnava la medesima serata mediocre, finta, spigolosa e fin troppo  addestrata all'illusione della famiglia felice. L' Aria era   Ciò che le serviva , non ne poteva più di quell'inganno, di quelle maschere. Respirò a pieni polmoni l'ossigeno gelido che non arrivò a soddisfarla.  I polmoni reclamavano qualcosa di differente dalla solita brezza pura, innocua, dolce e pulita di cui si nutrivano da piccoli. Ora pretendevano qualcosa che li sporcasse , che gli desse l'illusione della vita mascherata dalla certezza della morte qualcosa di doloroso come il modo in cui hanno conosciuto l'adolescenza e lasciato l'infanzia. Corse a lungo, e ora era seduta su un albero, amava la campagna per ciò che la caratterizzava. In città non c'erano alberi con cui danzare, stelle con cui cantare, cavalli con cui correre, un lavoro con cui impegnarsi. Il verde era la quiete che l'asfalto non avrebbe mai avuto. L'erba si accarezza, si cura,  ogni passo fatto su di essa non diviene scuro, ma si avvale sempre della speranza con cui quel colore alimenta la coscienza. Il grigio la sporca perché impuro, la strada viene calpestata ,segnata da scarpe strette e dure, marchiata da mezzi egoisti e ruote colpevoli. Quella volta erano lacrime innocenti a star pagando la pressione di quelle ruote.
"Come stai?"
"Bene" aveva riletto mille volte quella bugia, ascoltato dieci mila volte quell'eresia. Il suo era ormai un tic, uno di quelli che si ripetono 3,4,10 volte e non te ne rendi conto. Diventa così normale da entrare nel tuo quotidiano e non prestarvi nemmeno attenzione, tanto è inutile, ormai è tutta routine che non segna neanche più. Occhi sbaragliati, labbra rosse come il sangue che caratterizzava quei respiri che non cessavano, ma aumentavano. Le mani tremavano seguendo la punizione inflitta alla terra, soffrivano degli stessi spasmi che la pioggia capiente e fredda procurava al terreno. Quelle risate riempivano la mente , occultavano la vista. In momenti come quelli l'unica cosa che vuoi realmente e chiudere gli occhi e perdere i sensi, lasciarti al buio di un cielo assente abbandonandoti a l'unica luce, la sola stella presente pronta a porti via con se.
"Salta"
"Cosa? Chi sei?!"
"Ti ho detto salta , vedrai che starai meglio."
Cosa avrebbe perso? Un salto nel costante vuoto che l'avvolgeva, non sarebbe stata una novità. Segui la voce ritrovandosi a terra tutta dolorante. "Piacere io sono ali spiegate."
"Ehm, tu cosa?"
"Chiamami miwok se ti è più comodo, sono nativa americana emigrata in italia."
"Piacere sono Aria."
"Ah bene, ti va di vedere la mia comunità? Chissà mai che ti diverta un po."
Camminarono a lungo per la campagna, allontanandosi fin troppo dai possedimenti della nonna di Aria. Quest'ultima aveva preso a fantasticare sulla comunità indiana , se ne aspettava una vecchio stile. Il totem, le tende il grande capo e la pipa da cui aspirare. Era piccola e sognare non le era ancora caro. Quando giunsero alla meta tanto desiderata,Si ritrovo davanti un campo di grano. Lentamente si lascio cadere e la pesantezza del suo corpo fu accompagnata dal vento e accolta dalle spighe fradice d'acqua. Quando rivenne era tutta bagnata, ali spiegate rideva come una matta e le disse che insieme si sarebbero divertite tantissimo e il dolore che potevano ascoltare sarebbe finito. Messo in pausa come una canzone, perché era questo. un enorme canzone senza fine, un ritornello alla rinfusa e la scelta assidua del solito brano sulla playlist era tempo di cambiare. Inutile dire che Aria non trovo tende, totem e quant'altro  ma semplicemente un popolo con la sua storia, i suoi miti e le sue tradizioni. Rimase così affascinata dalla loro saggezza e dallo spirito avventuriero che li caratterizzava. Imparò a correre come loro e in poco tempo divenne Cheyenne: "nel vento".  Erano giovani e libere e non si sarebbero perse nulla.  Il rischio era ciò che più le accomunava, le feste , il fumo , le corse, l'esplorazione ali spiegate non risparmio nulla alla sua piccola amica le fece scoprire la leggerezza della loro età . Qualche anno dopo Aria si ritrovo dalla nonna, non era estate era il tempo della vendemmia e quell'immagine felice non c'era più. Di quanta forza era dotata la mente, quali scherzi poteva giocargli? Il dolore poteva essere cosí forte da reprimere ciò che era stato? Chi era stata? Una ragazza solare, forte e decisa.  La verità e che ci si perde sempre in qualcosa. Una fantasia, un ricordo, un amore. Non accade per scelta, succede e basta. L'unico potere che abbiamo, e decidere quando e come uscirne spesso però non ci riusciamo. Preferiamo quella immensa felicità già sentita, vissuta ad una nuova che non esiste ancora. La si predilige perché probabilmente salutarla, abbandonarla costa di più che cercarla in qualcosa di non ancora vissuto. Che ci piaccia o no percorriamo più il sentiero di ieri che di oggi, basta guardare la moda: va avanti, ma contemporaneamente sceglie di portare in passerella anche il vecchio. Avanti non si va mai , non completamente almeno. Ha visto soli tramontare, ma non li ha salutati, ha assistito alla fine dell'estate , ma vicino a questa non mette un punto. Inizierà ottobre con i ricordi di questa stagione, andrà avanti a raccontare novembre per scontrarsi poi con ottobre, di nuovo. Non perdiamo niente, siamo solo noi a perderci. È sempre stato così, sogniamo nel vento di ieri perché quando soffia da più brividi, lo senti davvero sulla pelle siccome più carico, più intenso, più ricco di una voce flebile e ancora in lontananza.  I punti si mettono alla fine di un periodo, non alla conclusione di un mese, di una storia d'amore poiché per quanto ti illuda che finisca , sai perfettamente che la realtà è un'altra siccome la ricorderai a te stessa, al tuo cuore. Il tempo non ti guarirà, non è questo quello che fa.  Ti ricorderà semplicemente che hai una vita da vivere ed è l'ora che tu, in qualche modo lo faccia. Non gli importa come, non gli frega se metti in pausa il tuo dolore, ciò che conta e che tu corra con le sue lancette al tempo che lui detta. Voler salutare il passato affogandolo, non serve a nulla. I ricordi non muoiono, non finisco solo noi lo facciamo. Ed ora è li consapevole del fatto che non saluterà più, non dirà addio siccome quella parola l'ha scontata lettera per lettera e non lo farà più. Adesso  Schiaccia quell'uva con una violenza tale, che nessun uomo avrebbe meritato.

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