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Lo sapeva che sarebbe arrivato quel momento. Era sempre stato così: tutti quei complimenti fasulli, tutte le insinuazioni, i discorsi eloquenti ed i pettegolezzi delle donne altro non erano che il preludio di orge disgustose, come quella che in quel preciso istante si stava consumando davanti a loro. Dovunque si girasse lo sguardo, ci si trovava a fissare il seno di una prostituta o l'uccello di qualche uomo nudo: proprio nelle vasche per l'acqua piovana a pochi passi da loro due prostitute imitavano le movenze delle sirene toccandosi lascivamente il petto, mentre poco più avanti un uomo aveva inchiodato una delle tante donne al muro, e con la testa seppellita tra le sue gambe le leccava l'imtimità, mentre lei si contorceva emettendo gidolini in continuazione; su un triclino, malamente nascosti dalle tende sfilacciate, due uomini si stavano toccando, e per terra accanto a loro una ragazza che avrà avuto non più di diciotto anni era piegata a novanta, con il membro di un vecchio affondato in gola e un altro tizio che le affondava ripetutamente nel culo.
Levi avrebbe tanto voluto vedere tutti loro al posto delle ragazze che stavano usando, avrebbe voluto essere lui stesso a spaccare il culo di quei porci col proprio arnese, avrebbe voluto ficcarlo in bocca a tutti loro fino a strozzarli col proprio sperma, e sentirli supplicare perché si fermasse.  
Tutti gli ospiti indossavano le maschere portate da Lucrezia, ognuna con le sembianze di una divinità romana, e grazie a quello l'anonimato era garantito.
In tutto quel trambusto, Levi aveva perso di vista Eren già da un pezzo, e ancora non era riuscito a ritrovarlo.
Ci pensò un po' poi decise che, visto lo stato delle cose, nessuno avrebbe fatto caso ad un suo eventuale spostamento. La verità era che da ore nessuno li guardava più, i gladiatori, e la loro presenza lì era superflua ormai.
Prima di muoversi, il moro si accertò comunque che Enomao non fosse nelle vicinanze, perché sapeva che il maestro non gli avrebbe permesso di spostarsi di un millimetro da dove gli era stato ordinato di restare.
Fortunatamente, anche quella montagna di muscoli era stata momentaneamente inghiottita dalla folla, e Levi poté muoversi senza che nessuno gli dicesse nulla: i suoi confratelli si guardavano bene dallo stargli tra i piedi; solo Barka ogni tanto lo metteva in guardia, ma lui non dava mai retta.
Il moro si avviò tra la folla di romani con una certa prudenza iniziale, ma ben presto capì che era superflua persino quella: erano tutti talmente imbottiti d'alcool e oppio che sicuramente neanche lo vedevano,  e dei padroni di casa non c'era traccia. Levi continuò quindi a vagare per la grande sala, scavalcando più volte corpi nudi malamente raggomitolati sul pavimento come animali, ma osservando con attenzione ognuno di essi per assicurarsi che non si trattasse del moccioso che cercava.
Dopo qualche minuto di ricerca ancora non era riuscito ad individuarlo, e si trovò a pregare gli dei in cui non credeva perché non glielo facessero ritrovare sotto qualche romano: in quel caso sentiva che avrebbe potuto uccidere qualcuno, e non era decisamente il caso.
Stava cominciando a rassegnarsi, Levi, e a pensare che probabilmente Eren doveva essere andato appresso a Batiato, ma poi, di colpo, qualcuno gli venne addosso, accompagnato dal chiasso delle coppe che cadevano a terra.
"Mi dispiace! Non l'ho fatto apposta, lo giuro!"
Quella voce Levi la riconobbe all'istante, e di riflesso si chinò anche lui a terra, poi fece qualcosa che lo lasciò sbalordito: poggiò una mano su quelle del moccioso che tremanti raccoglievano le coppe, e gli parlò piano col preciso intento di calmarlo: "Sta tranquillo Eren. Sono solo Levi"
Solo in quel momento il ragazzo sembrò vederlo davvero, e Levi percepì il rilassamento del suo corpo grazie alla mano che ancora era a contatto con la pelle di lui, e che a quel punto venne prontamente ritirata.
Perché aveva voluto toccarlo in quel modo? Lui non li faceva mai, gesti simili.
Fortunatamente, il ragazzo non sembrava essersi accorto di nulla, tanto era preso a riordinare i calici fortunatamente vuoti sul vassoio che aveva fatto cadere.
"Come mai sei così agitato?"
"Il padrone mi ha detto di cominciare a riordinare, ma ha anche detto che se qualche ospite si lamenta di me saranno guai"
"Capisco..."
Eren tornò in piedi, con il vassoio tra le mani, e si avviò verso il mobile più vicino per poter riporre tutto in maniera ordinata.
Levi lo seguì a ruota.
"Non è prudente che tu mi stia così appresso" sussurrò Eren. "Se il padrone ci vede potrebbe-"
"Non ci vedrà nessuno" lo interruppe il gladiatore. "Sono tutti troppo imbottiti di droga o occupati a fottere qualcuno"
Un angolo della bocca dei Eren si piegò all'insù.
"Volevo chiederti scusa" disse poi Levi.
L'altro si voltò e lo fissò con un'espressione interrogativa: "Per cosa?"
"Per... bhe... Per quella notte" rispose Levi, maledicendosi per essersi messo a balbettare come una mocciosa innamorata.
Eren ci mise un po', ma quando capì a cosa il moro si riferisse gli rivolse un sorriso dolce che lo lasciò stupito, ma mai quanto le parole che gli vennero rivolte subito dopo: "Non c'è nulla di cui scusarsi, Levi"
"Ma ti ho praticamente violentato!"
"Ti era stato ordinato di possedermi. Non avevi scelta. Nessuno di noi è libero di scegliere qui denro"
Levi scosse la testa: "Una scelta c'è sempre"
"Bhe, io non ti faccio una colpa per quella che hai fatto in quel momento, davvero! Anzi, in realtà sono io che devo scusarmi con te"
"Non mi hai fatto niente"
"Ti ho accusato di accettare passivamente il tuo fato, ma in realtà era me stesso che stavo accusando. Mi sono sfogato su di te, e di questo ti chiedo scusa"
Che strano ragazzo... si trovò a pensare lui.
Cos'era una piccola accusa come quella in confronto al dolore e all'umiliazione che doveva aver patito lui? E ciononostante Eren gli aveva chiesto perdono.
Che strano ragazzo...
C'erano tante cose che Levi avrebbe voluto dirgli: non aveva senso, eppure sentiva il bisogno di condividere con lui i suoi sogni di libertà, perché sentiva che lui lo avrebbe capito, anche se era solo la seconda volta che si parlavano.
C'erano tante cose che avrebbe voluto dirgli, ma in quel momento la voce di Batiato risuonò dalla sala accanto: "Eren! Dov'è quel maledetto schiavo? Muovi il culo e vieni qui!"
Era ubriaco.
"D-devo andare" biascicò il giovane, e Levi avvertì la paura nella sua voce.
Non ebbe neanche il tempo di salutarlo, che era già sparito, e lui fu di nuovo solo con se stesso.

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