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A due giorni dalla celebrazione nella quale Levi avrebbe dovuto interpretare il ruolo dell'antenato di Mercato, Batiato e Lucrezia organizzarono un altro festino, ma più raffinato dell'ultimo: non ci sarebbero state orge, ma gli invitati si sarebbero potuti dilettare guardando, ed i gladiatori più abili della scuola erano esposti come l'ultima volta, mentre gli schiavi si facevano largo con discrezione tra gli ospiti porgendo loro calici di vino pregiato e assaggi di frutta fresca.
Non c'erano orge e nessuno era ancora ubriaco, ma Levi era comunque disgustato dalla falsità di quella gente: le donne si professavano amiche, ma si mettevano finemente in imbarazzo a vicenda appena potevano, e lo stesso facevano gli uomini, quando non parlavano dei giochi dell'arena.
Come era prevedibile, il magistrato era stato invitato di nuovo, insieme ad una folta schiera dei suoi leccaculo, e anche se Levi non sentiva ciò che il padrone stava dicendo loro, poteva immaginare senza troppe difficoltà quanto quel vecchio si stesse dimostrando servile, e quante lusinghe gratuite stesse offrendo loro, magari con qualche piccolo accenno al proprio desiderio di ottenere una piccola carica politica.
Diversamente dal solito, Eren non era al fianco del padrone, e per un momento Levi si scoprì a cercarlo con lo sguardo, giusto per assicurarsi che nessuno lo stesse importunando.
Non riuscì a trovarlo e dovette fare rapidamente ritorno alla realtà quando un uomo grasso e senza più un capello in testa gli si avvicinò insieme a Batiato.
"Sembri davvero disceso dall'Olimpo, Campione"
Levi non rispose: non sapeva come ribattere.
"La spada di un simile dio... quanto deve essere meravigliosa..."
"Mostra a Mercato la tua spada, Levi" gli ordinò Batiato.
Dunque quella palla di lardo era l'uomo per il quale lui sarebbe sceso nell'arena tra due giorni.
Levi portò la mano al fodero del gladio e lo sguainò con velocità fulminea, puntandolo per un secondo contro il romano, ma girandolo col manico verso di lui prima che qualcuno si accorgesse di quella minaccia inconscia.
Mercato lo prese e lo scandagliò attentamente, poi passò un dito prima sul piatto e poi sul filo della lama, sorridendo quando una goccia di sangue bagnò il metallo.
"È davvero la spada di un dio. Mi auguro che renda onore al mio antenato, quando sarà il momento"
Questa volta Levi sapeva cosa doveva dire: "Il tuo antenato sarà giustamente commemorato" e si riprese la spada che l'uomo gli pogeva.
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La festa si protrasse per ancora un paio d'ore, poi, quando finalmente gli invitati se ne furono andati tutti, i gladiatori furono liberi di tornare nelle rispettive celle a dormire, tranne Levi, che Batiato volle trattenere ancora un momento.
"Tra due giorni, nell'arena, combatterai contro dei prigionieri traci male armati, ma mi raccomando fai in modo che lo scontro non duri troppo poco: è fondamentale che la folla apprezzi il tutto appieno, per tributare i giusti onori a Mercato, chiaro?"
"Certo padrone" rispose Levi. Non c'era altro che poteva dire infondo.
"Bene" fece Batiato, poi, rivolto ad Eren: "Accompagnalo di sotto" e se ne andò.
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Il cuore del ragazzo batteva a velocità forsennata, ma lui fece del suo meglio per non mostrare all'altro quanto fosse agitato, anche se sentiva i suoi occhi bruciargli la schiena.
Il padrone aveva appena concesso ad Eren l'occasione per chiarirsi con il gladiatore, ma era proprio questo a gettare il ragazzo nel panico: come avrebbe reagito Levi? Lo avrebbe accettato, oppure sarebbe stato respinto come la volta prima?
La cantina della villa non gli era mai sembrata tanto distante come in quel momento, e quando finalmente arrivarono il cuore minacciò davvero di esplodergli nel petto.
Levi si mosse in avanti non appena il soldato di guardia sganciò il grosso chiavistello, ma Eren lo agguantò per un braccio prima che potesse defilarsi.
"Dobbiamo parlare" gli disse, poi rivolse una rapida occhiata alla guardia: "Da soli"
Il soldato però non si mosse di un millimetro, non prima che il ragazzo mentisse sostenendo che erano ordini specifici di Batiato: a quel punto sparì lungo il corridoio costellato di celle.
"Allora, moccioso, che vuoi?" fece Levi divincolandosi dalla sua presa.
Tutta l'agitazione che fino ad un momento prima aveva tormentato Eren sparì di colpo, poiché il ragazzo era consapevole che arrivato a quel punto non poteva tornare indietro ed era quindi inutile nascondersi.
"Perché mi eviti?" esordì.
"Ma di che stai parlando?"
"Prima parlavamo, quando ne avevamo la possibilità, e adesso neanche mi guardi più in faccia, non dopo quella notte... Voglio sapere perché"
Lo sapeva, Levi, che quella notte sarebbe stata nominata, e sapeva anche come doveva rispondere, ma gli piangeva il cuore al pensiero perché quello di Eren sicuramente lo avrebbe spezzato. Però non aveva scelta, se voleva proteggerlo.
"Ti sei montato la testa per una toccatina, moccioso?" lo schernì.
Si accorse subito del sussulto di Eren e del modo in cui batteva gli occhi, dopo le sue parole. Forse stava cercando di trattenere le lacrime.
Contro ogni sua previsione, il giovane riacquistò quasi subito il controllo di sé, ed i suoi occhi erano accesi dal fuoco della determinazione, quando gli parlò di nuovo: "Quindi non ha avuto alcun significato. Dimmi che il bacio che ci siamo scambiati dopo non valeva nulla, dimmi che hai agito spinto dall'eccitazione del momento quando hai ricambiato, e io ti lascerò in pace, ma me lo devi dire guardandomi negli occhi"
Nulla di più facile... Infondo Levi era bravo a celare le proprie emozioni; lo aveva sempre fatto.
"Non ha significato nulla" e abbassò lo sguardo.
Merda.
Eren sospirò: d'un tratto si sentiva sfinito, svuotato di tutte le energie.
"Sai Levi, ora ho capito qual'è la differenza tra me e te: siamo entrambi schiavi ma per te è diverso, perché non sono le catene a renderti schiavo, ma questa tua maledetta maschera" la sua voce era satura di rabbia così come lo erano i suoi occhi, e rigide erano anche le sue spalle quando si voltò per andarsene.
Va bene così, si disse Levi. Se stiamo lontani, lui sarà al sicuro.
E allora perché gli veniva da piangere? Perché gli prudevano le mani dal desiderio di afferrarlo, stringerlo a sé e premere le labbra contro le sue?
Devo stargli lontano. Devo stargli lontano. Devo stargli lontano.
Eppure il suo cuore gridava il contrario, ed il corpo rispondeva di conseguenza. Non si accorse di essersi mosso, Levi, finché non avvertì il calore della pelle di lui a contatto con la mano, poi quegli occhi che gli perforavano l'anima, e tutto avvenne in un secondo: di nuovo le loro labbra che combaciavano perfettamente, di nuovo i loro sapori che si mischiavano ed i corpi che si cercavano.
Eren si ritrovò contro il muro senza nemmeno rendersene conto, le mami artigliate ai suoi capelli corvini mentre Levi continuava a baciarlo in modo quasi disperato.
Era tutto sbagliato ed il gladiatore lo sapeva. Sapeva che rischiavano di morire entrambi, se fossero stati scoperti, ma ormai sapeva anche che cercare di sopprimere i sentimenti questa volta era impossibile, perché Eren gli era entrato dentro, gli si era insinuato sottopelle come un'infezione meravigliosa, e questa volta Levi non voleva curarsi; preferiva lasciar fluire il ragazzo dentro la propria anima, perché ne valeva della sua sanità mentale e del suo cuore.
"Devo andare" riuscì a sospirare Eren in un istante di pausa dal bacio "o il padrone si insospettirà"
"Resta ancora"
"Fatti trovare al cancello domani notte: io sarò qui"
Levi annuì e lo baciò ancora, poi si separarono.
Si voltarono le spalle solo quando le loro mani furono troppo distanti per potersi toccare.


Capitolo lungo e pure difficile! Siete contente? Finalmente si sono messi assieme 😆
Volevo farvi aspettare un altro po' per questo ma avevo paura di venire uccisa quindi... 😆
Adesso comincia la vera Ereri!

Schiavi di RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora