Capitolo 4 - Risveglio

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Luce bianca accecante. Occhi che mi osservano attenti.

«Dottore, si sta svegliando...»

«Alice, mi sente?»

«Alice, si trova in ospedale.»

Parlano tutti insieme. Come se non avessi già abbastanza mal di testa.

Devo andarmene da qui e trovare Emily.

La mia bambina.

Il mio piccolo miracolo.

Ti ho desiderato così tanto.

Voglio parlare, ma riesco solo a mormorare qualcosa di insensato.

Cerco di alzarmi, ma l’infermiera mi tiene le braccia, «Stia tranquilla, Alice.»

«S-Scott...»

«È il marito.» spiega un’altra infermiera mentre mi attacca una flebo. Ha modi bruschi e mi fa male.

Lasciatemi stare.

Voglio andare via.

«Suo marito è nella stanza accanto.»

Dov’è la mia piccolina?

«Em… Emily.»

«Chi è Emily?» domanda l’infermiera della flebo.

«Fi-glia.» sussurro.

L’infermiera va via e torna dopo un paio di minuti.

Sussurra qualcosa nell’orecchio del dottore.

Il medico mi fissa, sembra preoccupato

«Non c’era nessuna bambina.» mi dice l’infermiera, «Lei non ha figli, Alice.»

No, non è vero.

Emily ha sei anni. È castana, con gli occhi azzurri. Proprio come suo padre.

«Scott, suo marito… dice che non potete avere figli.»

Che diavolo sta succedendo?

«Alice, potrebbe aver subito un grave trauma cranico.»

«Dobbiamo fare subito una TAC.»

Me ne devo andare da qui.

«Alice, si calmi...»

La mia bambina...

Dov’è la mia bambina?

E poi... il buio.

«Alice… Ehi, piccola, mi senti?»

Scott.

Mi sorride.

Mi immergo nei suoi profondi occhi blu.

«Sei stata investita. Hai perso i sensi.»

«Mi dispiace tanto, non l’ho proprio vista!» si scusa una signora, presumo che fosse alla guida dell’auto. Non m’importa.

«Emily?»

Scuote la testa, «Non l’abbiamo ancora trovata.»

«Ma... esiste, vero?»

«Certo che esiste. Piccola, credo che tu abbia sbattuto la testa. Dobbiamo andare in ospedale.»

«No, niente ospedale. Sto bene, sto bene. Voglio solo ritrovare nostra figlia.»

Non sto per niente bene, mi fa male la testa, un ginocchio sanguina copiosamente, ho di nuovo la nausea e mi manca una scarpa.

Alcuni ragazzi mi fotografano col loro smartphone di ultima generazione.

Perfetto! La mia foto sarà ritwittata all’infinito per il web.

Una moderna Cenerentola distesa sanguinante sull’asfalto.

Alice Milholland investita durante la presentazione del suo ultimo libro mentre sua figlia di sei anni scompare nel nulla.

«Smettetela con quelle foto! Lasciatela respirare!» Scott e Martha mi aiutano ad alzarmi e mi portano nel retro della libreria.

«Martha, pensaci tu.» le dice Scott in tono autoritario riferendosi ai miei fan, «Io chiamo la polizia.»

«No!» lo fermo, «Non voglio coinvolgere la polizia.»

«Emily è scomparsa.»

«È stato Trevor, lo so.»

Mio marito mi guarda di nuovo come se fossi pazza, «Perché dovrebbe fare una cosa del genere?»

Abbasso lo sguardo, «Sappiamo entrambi il perché. Trevor vuole vendicarsi.»

«Quello che dici è assurdo! Perché rapire nostra figlia? E dopo tutto questo tempo? Se avesse voluto metterti i bastoni tra le ruote, avrebbe agito tanto tempo fa... Chiamo il 911.»

«Aspetta.» faccio un lungo respiro, «Credo di sapere dove può essere.»

«Ok, lasciamo che se ne occupo la p...»

«Fidati di me, Scott.» lo interrompo.

«Hai appena detto che vuole vendicarsi. E se facesse del male a Emily?»

Faccio finta di non sentirlo e mi alzo in piedi, «Devo andare in un posto. Sono sicura che Trevor sarà lì.»

«Vengo con te.»

«No.» mi oppongo, «Scott, ascoltami... È una cosa che devo fare da sola. Trevor vuole me.»

«E se ti sbagliassi?»

«Se non ci fosse, chiamiamo la polizia.»

«Ti do un’ora di tempo.»

Annuisco.

Scrivo dove sto andando su un biglietto che do in mano a Scott, «Se tra un’ora non hai mie notizie, raggiungimi qui.

Non so in cosa sperare.

LieWhere stories live. Discover now