Capitolo 7 - L'incidente

244 21 0
                                    

È una bella giornata, fuori c’è il sole.

Non sono più legata al letto e questo è già un primo miglioramento. Il dottor Pierce ed io stiamo facendo un giro della clinica e anche questo è un miglioramento.

Noto un ragazzo che parla con la sua bambola in Sala Ricreazione.

«Cosa gli è successo?»

«Andrew soffre di schizofrenia paranoide.» mi spiega il dottor Pierce, «Non ti ricordi nemmeno di lui?»

Scuoto la testa mentre il ragazzo mi sorride e muove il braccio della sua bambola per salutarmi.

«Da quanto tempo sono qui? Perché non ricordo nulla di questo posto?»

«Perché la tua mente non riesce ad accettare la realtà.» risponde lui guardando fuori dalla finestra, «Cos’è successo due giorni fa, Alice?»

«Ho fatto colazione con Scott ed Emily.» ripeto per l’ennesima volta, «Scott aveva preparato i pancake... Emily era così felice.»

Mi sembra una vita fa.

«Poi c’è stata la presentazione del libro.» continuo.

«Alice, due giorni fa hai fatto colazione qui... insieme agli altri pazienti.»

No, non è vero.

Il dottore mi passa un manoscritto, sembra il mio libro, ma non lo è.

Non può essere.

«Nel pomeriggio hai letto il tuo libro in Sala Ricreazione.» continua lui.

«Scott era in prima fila, con Emily.» me lo ricordo benissimo.

«Andrew era in prima fila.» mi spiega il dottore, «Con Dorothy... La sua bambola.»

Do un’occhiata ad Andrew che continua a parlare con la sua bambola, ha i capelli castani come Scott, «No, non è vero! Ho visto mio marito... non quello lì! Non ho scambiato mia figlia per una stupida bambola!»

«Il tuo amico Trevor è venuto a trovarti.» insiste il dottor Pierce.

«Trevor non è mio amico.»

«Hai avuto una crisi e sei scappata.» continua lui, «Per fortuna, Trevor ti ha trovato al Luna Park.»

Cosa sta succedendo?

«Alice, devi prendere le tue medicine. Devi prenderle sempre.» continua il dottore.

«Dov’è mia figlia? Dove la tenete nascosta? Cosa le avete fatto?»

«Tu non hai figli, non ricordi? Tu e Scott ci avete provato... e non è mai successo.» mi parla come se fossi una bambina.

«È successo invece! Avevamo tutte le probabilità contro, ma è successo!»

«Ricordi l’incidente che hai avuto con Scott?» mi domanda a un tratto.

Abbasso lo sguardo, «Non voglio parlare dell’incidente.»

«Invece temo che dovremo farlo.» sospira, «Pensa all’incidente, Alice, cos’è successo?»

«Stavo litigando con Scott... Mi sono tolta la cintura di sicurezza.»

«Perché stavi litigando con Scott?»

«Perché...» mi blocco, «Cosa c’entra questo? Non ha niente a che fare con Emily!»

«Rispondi alla mia domanda. Perché stavi litigando con Scott?» me lo chiede lentamente.

«Ho ricevuto l’esito degli esami del sangue.»

Scott mi guarda in attesa di una risposta.

Scuoto la testa, guardo fuori dal finestrino cercando di non piangere.

Non sono incinta.

Nemmeno questa volta.

Dovremmo aspettare un altro mese.

Un altro mese di speranza.

Un altro mese di agonia.

«È meglio così.» mormora lui.

«Cos’hai detto?» domando in un sussurro.

«Non è il momento ideale per avere un bambino... Ora che viviamo nell’incertezza economica.» ribatte mio marito, «Hai una vaga idea di quanto ci verrebbero a costare l’inseminazione artificiale o la fecondazione in vitro?»

«Lo so che non è il momento ideale, ma... è quello che abbiamo sempre voluto. Creare una famiglia.»

«Siamo già una famiglia. Anche se siamo solo io e te... siamo una famiglia.»

«Non farmi questo, Scott. Non togliermi la cosa che desidero di più al mondo.»

«Non posso toglierti una cosa che non hai mai avuto.» risponde lui senza togliere gli occhi dalla strada, «Forse non è destino.»

«Come puoi dire una cosa del genere?»

«Forse non siamo destinati a diventare genitori.»

Sgancio la cintura di sicurezza, «Fammi scendere da questa macchina!»

«Ma cosa dici, Alice? Non lo vedi come piove?»

«Non m’importa. Accosta. Fammi scendere.» ripeto.

Non posso stare in macchina con lui un minuto di più. Ho bisogno di pensare. Ho bisogno di ossigeno.

Poi una macchina ci taglia a strada.

«Alice, il dottor Pierce dice che stai meglio oggi.» Trevor mi raggiunge in Sala Mensa.

«Cosa vuoi da me, Trevor?»

«Sono qui per aiutarti.»

«Per aiutarmi? È solo colpa tua se mi trovo qui! Tu vuoi farmi passare per una pazza!» sto gridando, «Perché lo fai? Cosa vuoi da me?»

«Voglio aiutarti a ricordare.» sospira, «Ti ricordi il mio romanzo? Quello che mi hai rubato? Una bambina viene rapita...»

«Allora si tratta del libro, è così?» lo interrompo, «Stai facendo tutto questo per vendicarti? Per il tuo stupido romanzo!»

«Alice, ascoltami! Emily... è il nome della bambina che viene rapita nel libro.»

Non voglio ascoltare, «Non voglio parlare con te. Voglio vedere mio marito.»

«Un uomo, la cui figlia è morta in un incidente stradale, la rapisce... Vuole solo passare un po’ di tempo con lei, far finta che sia sua...» le parole di Trevor mi feriscono come lame, «Almeno per un po’.»

«Voglio vedere Scott. Lui sa la verità. Sa che Emily è nostra figlia.»

Trevor mi guarda con uno sguardo triste, come se provasse pena per me, «Proprio non ricordi?»

«Cosa... cosa dovrei ricordare?»

«Ora basta, Trevor.» lo interrompe il dottor Pierce, «Alice non è ancora pronta.»

«Cos’è successo a Scott? Dov’è mio marito?» inizio a urlare.

Alcuni infermieri si dispongono a fianco del mio presunto psichiatra.

«Voglio vedere Scott!» mi alzo in piedi, «E lo voglio vedere adesso!»

«Non lo puoi vedere. Non è sopravvissuto al vostro incidente. Scott è morto, Alice.»

LieWhere stories live. Discover now