Quando ero tornata a casa ti ho trovato stesa sul divano con gli occhi socchiusi e la televisione accesa in sottofondo. Ho sorriso alla vista, eri così adorabile.
Sono andata in cucina e ho iniziato a preparare il pranzo. Avrei preparato degli spaghetti e un po' di carne per te, e delle verdure per me.
Quando dopo circa dieci minuti di cottura, sono venuta a svegliarti.
-Sveglia, è pronto da mangiare.
Ho mormorato. Ti ho scossato la spalla. Tu hai stretto gli occhi e ti sei stiracchiata le gambe.
-Sveglia.
Ho ripetuto. Hai farfugliato qualcosa che io non ho capito, e ti sei alzata.
-Che c'è da mangiare?
Hai chiesto, mentre ti stropicciavi gli occhi.
-Spaghetti e carne per te.
-Sono buoni?
-Sono squisiti.
Ho risposto. Mi hai guardato, per circa un minuto e pensavo che tu stessi pensando, ma mi stavi solo fissando. Scoppiai a ridere.
-Cosa?
Ho chiesto con un sorriso.
-Niente.
-Sicura?
-Sicura.
Ti sei alzata e mi hai aspettato. Quando mi sono alzata anche io, tu mi hai preso la mano e hai incrociato le nostre dita. Sono arrossita.
-Andiamo?
Hai chiesto. Ho annuito e ti ho stretto la mano. E tu mi hai sorriso. Oh, Cristo, ti amo così tanto.
Abbiamo mangiato, e io avevo deciso di portarti nella piazza. Ci sarebbe stata una fiera quella sera, con musica e dolci da tutte le parte. Cose tipiche di New York.
Quando siamo uscite, ti tenevi stretta al mio braccio. Avevi paura. Ti guardavi in giro con occhi spaventati e quando siamo arrivati in piazza, mi hai preso la mano.
-Va tutto bene.
Ho detto, stringendoti la mano. Speravo che la mia mano potesse darti un po di conforto, di sicurezza. Speravo che ti sentissi al sicuro con me.
Abbiamo fatto un giro e ci siamo fermati davanti a una bancarella piena di dolciumi. Ti sei chinata in avanti, guardandole attentamente e, forse, ne stavi scegliendo qualcuna da comprare.
-Karlie?
Mi hai sussurrato all'orecchio. Ho cercato di nascondere il brivido che mi era salito su per la schiena e ti ho fatto cenno con la testa.
-Posso prenderne qualcuna?
Hai chiesto timida. Ti ho sorriso dolcemente, sembravi una bambina con quei occhi ingenui.
-Certo. Quanti soldi ti servono?
Ti ho chiesto. Hai alzato un sopracciglio e mi hai guardata storta.
-Costa? Devo pagarlo? Con cosa?
Hai chiesto confusa. Ma lo sguardo più confuso non era il tuo, ma quello dell'uomo dietro la bancarella.
-Vi serve aiuto?
Ha chiesto lui.
-Si! Certo grazie...la mia...lei vuole delle caramelle.
Ho detto. Non ti volevo etichettare, avevo paura che ti ci saresti rimasta male o ti saresti offesa.
-Quale vuole ragazza?
Ha chiesto lui dolcemente, chinandosi in avanti verso di te. Tu ti sei spaventata e lo hai guardato con occhi spalancati.
-Io...
Hai sussurrato impaurita. Mi hai guardato e io ho guardato l'uomo. Era confuso, era evidente.
-Che caramelle vuoi, Taylor?
Ho chiesto. Tu ne hai indicati tre tipi, e io li ho detti all'uomo. Prese pagate, ci allontanammo dalla bancarella.
-Karlie.
Hai mormorato, tirando la sciarpa appesa attorno al mio collo. Appena ti ho guardata, ho visto che avevo gli occhi pieni di lacrime. Stavi piangendo.
-Hey, che succede?
Ho chiesto preoccupata. La gente attorno a noi si era voltata verso di noi, curiosa dal tuo pianto, che era diventato isterico, e ora stavi singhiozzando.
-Taylor, va tutto bene.
Ho detto con un piccolo sorriso. Hai messo le mani sulle mie spalle e hai stretto il tessuto nero della mia giacca. Quasi sentivo le tue unghie che perforavano i tuoi guanti.
-Va tutto bene.
Ho detto, mettendo le mie mani attorno alla tua vita. Ti ho stretto al mio petto per vari minuti e tu stavi sussultando. La gente, intanto, ci stava guardando con occhi confusi e curiosi. Guardavo tutti male, in modo da farli allontanare.
-Voglio andare a casa.
Hai detto, tremando fra le mie braccia. Ho strofinato le mie mani contro la tua schiena tesa.
-Va tutto bene, sei al sicuro. Nessuno è qui per farti del male.
Ho detto. Era troppo presto per andare a casa, a mio parere. Ma tu hai scossato la testa e hai continuato a tremare e a singhiozzare.
-Voglio andare a casa. Voglio andare a casa!
Hai esclamato. Hai inziato a muoverti fra le mie braccia, provando a scappare, ma io ti ho trattenuto.
-Taylor.
Ho detto calma. Avevi gli occhi rossi e pieni di lacrime. Un ultimo singhiozzo ti è uscito dalle labbra quando ti ho spostato una ciocca di capelli dal viso.
-Va tutto bene. Ci sono qui io con te.
Ho detto. Le tue guance erano rosee e il naso era rosso per il freddo. Era inverno, dopo tutto. Hai annuito e hai messo la testa sotto al mio mento.
-Per favore. Voglio andare a casa.
Hai sussurato di nuovo. Ti ho accarezzato i capelli e ho sospirato.
Alla fine, siamo tornate a casa e tu ti sei chiusa in bagno. Sei uscita solo per mangiare e poi sei ritornata lì dentro.
Forse non dovevamo nemmeno uscire di casa oggi.
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Looking For You Again
FanficA volte è un bene avere paura. Significa che hai ancora rimasto qualcosa da perdere. [Karlie Kloss x Taylor Swift. I fatti non sono mai realmente accaduti. Storia ispirata dalla canzone Looking for you again di Matthew Perryman Jones.]