- Mi manchi -
Davide alzò lo sguardo dal suo libro, non pareva aver avvertito la presenza di Federico prima che questo gli rivolgesse la parola.
Ridacchiò e guardò il suo amico troppo insicuro e troppo colorato.
- Sei davvero un imbecille - gli rispose.
Federico arrossì, ma si sedette accanto a lui sul prato.
Era una bella giornata, di quelle ormai fresche, ma con il sole limpido che non obbligava ad indossare indumenti troppo pesanti.
Il profumo che c'era nell'aria era inebriante e alcuni studenti volano sulle loro scope sullo sfondo.
- Che ti succede, Fede? -
Nella voce di Davide non c'era rimprovero, solo affetto e una leggera nota di ansia.
- Non lo so -
Tornarono in silenzio a guardare la luce che si infrangeva sul lago, si frastagliava tra le onde provocate da quel leggero venticello autunnale.
Il Platano Picchiatore, in lontananza, perdeva alcune delle sue foglie, ormai ingiallite, e si scuoteva per tirarsele via di dosso.
- Sono uscito con Micheal - riprese Federico, consapevole che prima o poi avrebbe sputato il rospo e voleva tenere almeno Davide a conoscenza di qualcosa della sua vita.
Con gli altri, forse, si sarebbe preso più tempo solo perché, bhè, di tempo non ne aveva per niente e riuscire a riunirli tutti per raccontare e rispondere alle loro domande gli sembrava un'impresa impossibile in quel momento della sua vita.
Avrebbe tanto voluto poterli sentire vicini, poter parlare con loro come sempre e farsi aiutare in ciò che stava accadendo, ma Teddy gli aveva ripetuto anche la mattina stessa che era troppo presto, che loro non li vedeva pronti.
E lui, nonostante la sua impulsività, si era fidato della sapienza di Teddy, confidando che fosse la mente della situazione.
Però almeno di quello poteva parlarne e almeno con Davide, lo stesso Davide che lo aveva appena stritolato in un abbraccio.
- Davvero? -
I suoi occhi scintillarono.
Federico rise e raccontò tutto all'amico, senza tralasciare nessun dettaglio.
Ormai aveva rivisto quella scene nella mente talmente tante volte, anche se erano passati solo due giorni, che ricordava a menadito anche la più piccola smorfia di Micheal.
Era bello poterlo raccontare, era bello sentire quel nome, 'Micheal', che gli cadeva sulla lingua mentre lo pronunciava.
Poter vivere di un ricordo invece che delle sue estenuanti fantasie gli sembrava ancora incredibile, era convinto che un giorno si sarebbe svegliato e Micheal gli avrebbe detto che era tutto un bel sogno, che lui non lo conosceva minimamente.
Invece quando lo vedeva per i corridoi lo salutava sempre, a volte di nascosto e fugace, ma mai gli faceva mancare quel sorriso dolce, quelle rughette sottili ai lati dei suoi occhi.
C'era qualcosa nel suo sorriso che aveva creato una vera e propria dipendenza a Federico, avrebbe voluto imparare a dipingere per fare un ritratto di quelle labbra sottili che si increspavano per lui.
Restò a chiaccherare con Davide per qualche minuto ancora, quando entrambi si alzarono per partecipare alla prossima lezione che sarebbe stata pozioni.
Ogni anno il Proffessor. Lumacorno si lamentava del fatto che a gestire gli studenti non era più capace e che avrebbe richiesto la pensione per l'anno successivo.