Nella finestra, oltre il tavolino

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Al tramonto le stradine cominciavano a tingersi di quel rosalino che tanto amavo. La gente sbrigava il passo per tornare a casa prima che la luna facesse capolino. La luna mi piaceva, non tanto come i tramonti, ma era bello osservare i suoi riflessi lattei, che trapassavano la finestra della piccola bambina.
Peccato che solo a mezzanotte potevo muovermi, per avvicinarmi silenziosa alla finestra, oltre il tavolino.

Sarebbe stato bello se ci fosse sempre il tramonto, anche quando le lancette della Torre si univano a indicare il cielo. Correrei, saltando sul tavolino, per poi posare le mie bianche manine di porcellana sulla lastra di ghiaccio, che mi separava dal mondo.
Erano anni che la padroncina non giocava con me. Ormai avevo perso le speranze e potevo considerarmi un soprammobile che stava lì, a prendere polvere.

Da giorni preparavo la mia partenza, per viaggiare e avere mille avventure, era questo il mio sogno. Avevo tutto sotto controllo e sapevo a cosa andavo in contro. Ma soprattutto, ero stanca di accumulare polvere e l'unica cosa che stavo aspettando erano le condizioni ideali.
Oh... ma chi cerco di prendere in giro? Io non avevo coraggio, non riuscivo a sorpassare quella finestra a cui tutte le notti stavo attaccata.

Guarda un po', senza neanche accorgermi, la piccola bambina si era addormentata e la stanza buia mi invitava a fare il mio primo passo.

Mi trovavo sopra la credenza, e devo dire che era una bella postazione per vedere i tramonti. Dovevo, però, stare attenta a tornare nella stessa posizione o la padroncina si sarebbe preoccupata, e mi avrebbe buttato. Io non volevo fare la fine dei miei poveri e sventurati compagni, che il buon Signore li protegga, dovevo restare viva per preservare il loro ricordo. Altrimenti chi altro lo avrebbe fatto?

Il fato volle che quella fosse una delle notti più limpide dell'anno, dove la luna era tonda e brillante, in tutta la sua magnificenza illuminava il davanzale della finestra, oltre il tavolino.
Così, come ogni notte, mi lanciai sullo scomparto più basso lì dove la piccola bambina custodiva i suoi libri.

Impegnata nell'ardua impresa di scendere da ogni scomparto, non mi accorsi che il mio vestito turchese si era rovinato, strappandosi di lato. Quando me ne accorsi, lasciai andare un sussulto. Certo, non era molto grave, ma era abbastanza evidente da far insospettire la padroncina!
Che disastro, che disastro! Adesso si che avevo un motivo per fuggire, o sarei finita in mille pezzi.

Con il cuore in gola, scesci quei pochi scomparti che mi mancavano e mi lasciai cadere su un morbido cuscino lanciato sul pavimento.

Percorsi il più silenziosa possibile quel largo tratto di pavimento, dove un cimitero di giocattoli senza vita si espandeva. Erano raccapriccianti e mi fissavano con sguardo vuoto. Io ero diversa da loro, avevo ricevuto dal buon Signore il dono della ragione, io e i miei compagni. Purtroppo loro sono dovuti scappare perché scoperti, alcuni li ho visti cadere in mille pezzi con i miei stessi occhi. Ho ancora quell' immagine stampata nella mente.
Quando raggiunsi il tavolino, mi issai sopra, aiutandomi con alcuni cubi.

Era sbagliato quello che facevo, me lo ripeteva sempre uno dei miei compagni. Diceva che esseri come noi dovevano vivere nell'ombra, e lo giuro ci avevo provato! Ma niente... noi siamo essere pieni di vita, di energia, come potevo rifiutare la luminosità del mondo?

Quando finalmente raggiunsi il bordo del tavolino, ad una quindicina di centimetri di distanza dal davanzale, il chiarore della luna mi illuminò il pallido viso. Era una luce fresca che sapeva di libertà.
Il bordo della finestra era come ogni estate un po' alzato, e l'aria serale mi accarezzava invitandomi ad uscire.

Non riuscivo a crederci, stavo per andarmene, addio vita di polvere, addio sguardi tristi e malinconiche giornate, addio cuore spezzato, addio piccola bambina. Me ne stavo per andare!

Saltai quei pochi centimetri che mi separavano dal mondo, e volai via.
L'aria mi sterzava il viso, e gli uccelli gioivano con me. La finestra, oltre il tavolino, non esisteva più. La credenza piena di libri, non esisteva più. Ora ero io e il mondo!

Avrei avuto mille avventure e viaggi indimenticabili, conoscendo tante persone e magari ritrovando i miei compagni e tutti insieme... No. No, non fu così.
L'asfalto sotto di me, vestiva i miei cocci. E l'ultima cosa che vidi fu solo la luna che complice del mio misfatto, mi sorrideva fredda.

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