Improvvisazioni

La figura onnipresente

Quell'uomo mi era sempre sembrato famigliare. Certo si, i capelli scuri sempre spettinati e quel filo di barba incolta, lo differenziavano da tutti gli altri. Ma c'era qualcos' altro che mi attirava, aldilà dell'aspetto.

Forse quella sua aura di mistero che si trascivana sempre dietro, o quegli occhi chiari che mi ghiacciavano le viscere, facendole attorcigliare e togliendomi il fiato.

Pensavo di essermene innamorata.

Sai, quell'batticuore che mi prende non appena percepivo la sua presenza, oppure i brividi sulla schiena quando le sue mani mi sfioravano la pelle.
E poi i suoi occhi, quasi bianchi, che accarezzavano sensuali e letali tutta la mia persona.

Pensavo di essermene innamorata.

La notte tremavo in attesa che lui venisse. Veniva sempre la notte e poche volte durante il giorno. Forse perchè di giorno stavo con le persone e lui ama la solitudine.
Però quando stava con me mi entrava nella testa, annullando ogni mio pensiero.

Le sue mani ghiacciavano il mio corpo mentre lo percorrevano in una lenta ed estenuante vampata.
Partiva dalla punta dei piedi, e quando arrivava al ventre mi montava dentro quella strana sensazione di disagio misto a qualcosa di più profondo. Poi saliva sul petto e la sensazione aumentava, e infine quando arrivava al collo stringeva. Stringeva molto forte, ogni volta con più intensità. E io pensavo che mi avrebbe strozzato, che si sarebbe macchiato di un crimine. Ma poi all'ultimo lasciava la presa e io mi addormentavo.

Pensavo di essermene innamorata.
Già, ora capisco perché mi era famigliare. Anzi, lui c'era sempre stato. Che con un'indescrivibile sottilezza e con il loro cuore che si udiva, lui entrava nelle stanze e percorreva il corpo delle loro vittime. Insaziabile, imprevedibile, silenziosa.
Questi erano i nomi della paura.