Righe di prigione

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Le righe ce le avevo nel cuore, non solo sulla casacca.

E c'erano molti numeri, troppi numeri. Impregnati nella pelle, nella maglia, nelle celle e nei miei stessi pensieri.

Anche il mio nome era un numero.

Era tutto troppo nero, troppo scuro e anche troppo chiaro e bianco. Le righe contavano i miei giorni, stavano li fin dalla mattina e di sera lasciavano segni nei miei occhi, quando guardavo la luna.

Mi mancavano i miei. Ma non mi mancava la vecchia vita, quella no, era sporca e con il puzzo di collera e fuoco.

E alla fine, di quell'incendio, restó solo tiepido carbone.
E le righe.

L'ombra delle grate segnava il pavimento e sia di giorno che di notte, a loro non importava, stavano sempre lí.
Minacciose e comprensive.

Le righe di prigione, tatuate sulla schiena, mi ricordavano sempre il peso dei miei peccati, commessi dal giovane incosciente e poco furbo, cui la brama ancora riposava nel suo cuore.
Non potevo respirare, non potevo essere veramente perdonato. E non potevo neanche cancellarmi la prigione dagli occhi.

Alla fine, non ero cambiato veramente, cresciuto e naturalizzato come un bastardo in mezzo alla strada. Che si pretendeva da me?

Non c'é scampo per chi é coperto di cenere, e  solo i sogni irrealizzabili mi accompagnarono tra le righe di prigione.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 11, 2018 ⏰

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