14.

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Casa dolce casa.

Sembra passata un eternità dall'ultima volta in cui ci sono stata.
Mi tolgo immediatamente giacca e sciarpa da dosso, per poi correre su per le scale diretta in camera mia, accasciandomi sul mio adorato letto non appena vi entro.

Solo dopo aver passato quelle interminabili giornate in ospedale mi rendo conto di quanto sia fantastica la mia stanza e quanto mi mancasse.
Ora i miei occhi - che prima si annoiavano circondati da quell'ambiente smorto - possono perdersi tra i pois bianchi che popolano le vivaci pareti color lilla, e invece che di un misero lettino dalle lenzuola tristi e spente, mi ritrovo sdraiata sul mio amato letto in ferro battuto avvolto dal piumone beige con una meravigliosa stampa della Tour Eiffel.
Ho sempre desiderato visitare Parigi, magari prima o poi riuscirò ad andarci.
E poi, più di ogni altra cosa, mi è mancata la mia fantastica cabina armadio: i miei vestiti, le mie scarpe e tutte quelle cose che piacciono a noi ragazze.

Mentre vago con gli occhi per assaporare ogni dettaglio della mia stanza, lo sguardo si posa su una foto incorniciata e posata su di una mensola. Sono raffigurati i sorrisi raggianti di due ragazze abbracciate e felici. Io e la mia (ex) migliore amica. Beatrice.
Non faccio neanche in tempo ad accorgermene che le lacrime cominciano a rigarmi le guance, facendomi sprofondare tra i singhiozzi.
Non so il perché di questa reazione, se per la delusione, per essere stata tradita, perché semplicemente sono stanca o perché sto decisamente realizzando che ho il cancro, forse un po' tutto.
Così decido di abbandonarmi a quel pianto liberatorio, senza trattenermi, perché ne ho bisogno.
Quando il mio corpo si sente finalmente svuotato capisco di aver pianto abbastanza, trovando la forza di alzarmi dal letto e dirigermi in bagno.
Ho bisogno di sciacquarmi la faccia.

Mi scruto nuovamente allo specchio, questa volta non nella mia stanza d'ospedale ma nel bagno di casa mia.
Quell'Emma sempre allegra e spensierata non c'è più. La sento distante, lontana anni luce.
Da quando mi han diagnosticato il tumore mi sento un'altra persona, vedo ogni cosa in modo diverso, ed è stupido pensare che ad una persona debba capitare un qualcosa di così brutto perché possa apprezzare tutto ciò che ha e perché possa diventare più matura.
Almeno, questo è il mio caso.

Piego la testa di lato mentre mi osservo con occhi nuovi.
C'è troppo della vecchia Emma in quel riflesso.
Devo dare una svolta al mio look così che anche gli altri possano capire il mio cambiamento profondo, ne ho bisogno.
Devo dire addio alla vecchia me, e dare il benvenuto alla nuova Emma.

Passo le mani sul viso, fra i capelli.
Sì, mi taglierò i capelli.
Dirò addio a parecchi centimetri della mia lunga chioma bionda, il più presto possibile.
Ci andrò domani, chiederò a mia madre di accompagnarmi.

Mi risveglio da quello stato di trance e vado verso la cucina, dove trovo mia mamma già tra i fornelli a cucinare.
È così radiosa e persa nel suo mondo, quando lo fa.
Mi ricorda tanto me e credo proprio che l'amore per la cucina me l'abbia trasmessa lei.

Potrò cucinare ancora? Continuare ad andare a scuola? O dovrò cambiare i piani per il mio futuro? Che mestiere si può fare senza un braccio?

Faccio una smorfia, devo assolutamente mandare via questi brutti pensieri dalla mia testa.

«Mamma...», comincio, avvicinandomi a lei mentre continua attenta a preparare la cena.

Lei si gira a guardarmi di sfuggita e sorride. «Ehy, tesoro. C'è qualcosa che non va?», chiede, sempre premurosa.

«Domani puoi portarmi dalla parrucchiera? Voglio tagliarmi i capelli!», le dico tutto d'un fiato.

Alza un sopracciglio, guardandomi inizialmente scettica: sa quanto amo i miei capelli e quanto li ho sempre desiderati lunghi.
Subito dopo, però, torna a sorridermi.

Il mio destino - La mia rivincita [ Moments Series]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora