Capitolo 9

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La tavola non era ancora apparecchiata, me ne ero completamente dimenticato. Mi scusai con Tiziano, ma a lui sembrava che non gli importasse. La cosa che mi incuriosiva di lui era il fatto che prendeva tutto con divertimento. Questa cosa mi metteva tranquillità perché sapevo che potevo fare e dire qualsiasi cosa che lui avrebbe riso divertito. Mi aiutò a mettere le posate e i bicchieri. Cercavo di osservarlo senza farmi notare, e mi accorsi che ogni suo movimento era leggero e spensierato. Quando gli passai i bicchieri, le nostre dita si toccarono, e in quel momento ci fu un attimo di silenzio. Mi sentivo estremamente in imbarazzo, a causa del suo sguardo profondo che mi entrava attraverso agli occhi. Feci finta di niente e cominciai a parlare del fatto che facevo abbastanza schifo a cucinare e che aver accettato la cena era il più grande errore che potesse mai fare.

«Sappi che se muoio, sarà tutta colpa tua e vivrai con il rimpianto di avermi invitato a cena» disse Tiziano con un tono finto serio.

«Perché dovrei rimpiangere di averti invitato? Magari è proprio questo il mio piano, metterti del veleno nella pasta...»

«Avresti davvero il coraggio di avvelenare un famoso cantante italiano? Che poi famoso non tanto, visto che non mi conoscevi...» e fece una faccia rassegnata.

«Magari ti ho mentito, e in realtà io ti conosco bene, molto bene»

«Beh sappi allora che se mi dovesse succedere qualcosa, avrai un branco di fan impazzite sotto casa tua»

Scoppiammo entrambi a ridere. Ci divertimmo a scherzare così tanto che non ci accorgemmo che la pasta era ancora in pentola.

«Thomas ora comincio davvero a pentirmi di essere venuto...» sembrava preoccupato.

«Non ti preoccupare, la pasta sarà buonissima. Comincia a sederti, io intanto vado a prenderla»

Andai in cucina, e provai la pasta per vedere se era buona, ed effettivamente era un po' troppo cotta.

Presi fiato, e mi tranquillizzai un attimo, poi portai i due piatti in sala pranzo, dove c'era Tiziano che mi aspettava affamato.

«Dai dall'aspetto non sembra male!» disse in modo rassicurante.

«Cosa credevi?»

Ci mettemmo ancora a ridere. Era così bello quando rideva, sembrava davvero un bambino. La sua risata sembrava quasi una melodia, e la sua voce era profonda e bassa. A volte mentre mi raccontava delle vicende, rimanevo incantato perdendomi nelle sue parole. Così lui accorgendosi che mi ero perso nei suoi discorsi, mi rimproverava che non ascoltavo.

La cena passò veramente in fretta e finì con del gelato al cioccolato.

«La pasta non era perfetta ma ti sei salvato con il gelato» disse ridendo.

«Il gelato salva sempre!»

Dalla cucina ci spostammo sul divano della sala, che era molto più comodo. Continuammo a parlare e a prenderci in giro. Lui ad un certo punto ha cominciato ad imitare personaggi famosi, ed era stranamente bravo, io gli dicevo una persona e lui la imitava. Questo gioco andò avanti per un bel pò finché cadde un silenzio. Non sapevo più cosa dire, cosa strana perché avevo passato la serata senza dovermi chiedermi ogni volta se quello che dicevo andava bene. Parlavo senza pensare, buttavo frasi a caso come se ci fosse davanti a me una persona che conoscevo da anni. Ma in quel momento sia io che lui rimanemmo in silenzio. 

«Cazzo mi sono sporcato la maglietta con il sugo» disse all'improvviso guardandosi la maglietta in basso.

Lo guardai e mi misi a ridere, sembrava davvero un bambino. Mi era piaciuto troppo il modo in cui aveva detto che si era sporcato.

«Ma la smetti di ridere?» mentre mi diceva di smettere, era il primo a farlo. 

«Okay scusa, ti vado a prendere un tovagliolo?» chiesi gentilmente.

«No no no! Ma che tovagliolo? Questo mica si pulisce eh» rispose lui totalmente impanicato dal fatto che ora aveva la maglietta sporca. 

«Ti presto una mia maglietta?» 

«Si ecco grazie! Non sarebbe carino essere paparazzati con la maglietta sporca...» disse in tono molto ironico e rise. 

«Ho capito, ti vado a prendere una maglietta!»

Mi alzai e andai nella mia stanza, aprii l'armadio e presi la prima maglietta che mi capitò tra le mani. Tornai in salotto e glie la buttai addosso, lui la prese al volo. Si alzò dal divano e si tolse la maglietta sporca. In quel momento non seppi cosa fare, mi percorse di nuovo un altro brivido lungo la schiena. Perché mi sentivo così? In fondo era solo un ragazzo che si era tolto una maglietta sporca. 

«Ammazza che carina sta maglietta...può darsi che me la tengo...» disse ridendo. 

«Eh no, me la devi ridare questa!» dissi cercando di essere serio.

«Per ridartela dovremmo rivederci, sai?» Tiziano diventò serio.

«Si...e forse é proprio per questo che la rivoglio indietro, a meno che tu non muoia avvelanato stanotte a causa della mia pasta...» dissi.

Scoppiamo entrambi in un'unica risata. 

Passammo il tempo a parlare, e si fecero la una di notte, avevamo bevuto qualche birra. E Tiziano aveva deciso di andare a casa perché domani si sarebbe dovuto alzare presto per prendere il volo per il Belgio. 

 Quando arrivò il momento di salutarci, io cercai il suo sguardo, e per un attimo si creò ancora quell'atmosfera strana. Lo abbracciai, e per la prima volta sentii il suo profumo, era buonissimo. Lo salutaii di nuovo con la mano e poi chiusi la porta di casa.


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