capitolo 7

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Quella notte, Vladimir aveva fatto un brutto sogno: si trattava di suo padre, l'aveva visto soffrire, come un bambino a cui sono stati uccisi i genitori davanti ai suoi occhi. Una moltitudine di coltelli circondava il paesaggio buio, tetro, così pauroso che non era sicuro di averlo sognato davvero.
Davanti ai loro occhi c'era Atrenzjievic, che si era trasformato in un corvo che lasciava scie di sangue a ogni suo battito d'ala.
Quando apre gli occhi, accanto a lui c'è Evgenij, che lo sta fissando con aria preoccupatissima.
- Vladimir tutto bene? - gli domanda ansioso.
- Eh, sì sì tutto bene, scusami. Piccolo incubo. - risponde mentre si alza e comincia a fare delle flessioni.
- Altro che piccolo! Urlavi stanotte... Guardati sei tutto sudato, hai innaffiato il letto per benino! Mi hai fatto fare un saltone dalla mia branda che quasi cadevo giù! - replica ridendo Evgenij.
- Davvero? Non mi è mai capitato. Uff... Sedici... Ma cosa gridavo? Diciannove... - chiede Vladimir.
- Beh gridavi cose come "Padre padre non aver paura!" e poi anche "No non lasciarmi!" -
- Ah, scusami, ero veramente troppo agitato. -
Evgenij esce dalla stanza per andare a dare la sveglia agli altri soldati. Sono le cinque di mattina. Entra nell'abitacolo e comincia a suonare la campanella attaccata alla parete di destra rispetto a chi entra. Lo squillo fa capitombolare tutti i soldati giù dalle loro brande ed Evgenij comincia a impartire ordini ad alta voce. - Signori, spero abbiate dormito bene... Bando a questo la giornata di oggi deve svolgersi nel migliore dei modi. Sua maestà non vuole disordini tra i cittadini. Perciò voi della cavalleria farete ben cinque turni a cavallo par la città lungo il giorno, vi dirò io quando. La fanteria sarà prettamente a palazzo, ad eccezione di voi dello squadrone rosso che sarete in giro per Mosca. Voi verdi andate a Pietro grado e fate delle ispezioni lì. Benissimo signori, avete dieci minuti di palestra e poi si comincia. Chiaro? Avanti. -
Tutti i soldati si dirigono verso la palestra al di sotto delle mura principali del castello. Prima che Lementrov potesse muoversi, Demijtrezo lo ferma e gli dice - Tu ragazzo stai qui, non muovere un muscolo finché non arriva Vladimir. Sei affidato a lui lo sai. Fa tutto quello che ti dice, niente esitazioni, sprizza di vivacità, mai giù di corda e lavora sodo. Qui i militari non si girano i pollici. - Lementrov lo guarda e annuisce restando sempre sugli attenti. - Riceverò un addestramento a parte signore? - domanda senza un cenno di espressione. - Praticamente. - Evgenij si gira e vede Vladimir arrivare. - Eccolo, buon addestramento! - e se ne va congedandosi.

Vladimir guarda Lementrov dritto negli occhi e gli sussurra - Vediamo come te la cavi con il corpo a corpo. - Lementrov sbarra gli occhi e gli chiede - Ma... Ma io non ho mai fatto un corpo a corpo prima d'ora! -
- Appunto, non potrai essere mai un bravo spadaccino se fai schifo nel corpo a corpo. Di fuori, in giardino! - ordina Vladimir.
Lementrov corre al centro del prato e attende istruzioni. Si gira lievemente e si accorge che Vladimir non c'è più. Fantastico, ora si incomincia con gli agguati. Poi sente una voce alla sua destra. - Mettiti questi, non vorrei ti facessi troppo male. - era Vladimir, sbucato fuori da chissà dove. Lementrov s'era quasi preso un colpo e Vladimir lo scruta con aria divertita.
I due si guardano in faccia, uno di fronte all'altro. Vladimir è senza protezioni mentre Lementrov è tutto pieno di gambali, bracciali, collari, ginocchiere... Mancava solo l'elmo e poi poteva definirsi un manichino da allenamento. Gli sguardi si fanno sempre più intensi, concentrati, quasi da considerarsi nemici a vicenda. Lementrov alza i pugni davanti ai suoi occhi e tiene il resto del corpo teso, Vladimir si tiene rilassato, piega leggermente le ginocchia e piega i gomiti verso l'alto coi pugni uno davanti e l'altro appoggiato alla guancia.
Lementrov è il primo a muoversi e tenta di dare un calcio alla milza di Vladimir. Questi prende al volo la gamba dell'avversario, gliela piega dall'altra parte e la respinge. Lementrov si sbilancia e cade a terra mentre Vladimir continua a guardarlo senza fare una piega. Lementrov si rialza e si butta all'attacco con tutto il suo peso. Vladimir lo schiva e gli fa uno sgambetto che lo fa capovolgere a terra. Lementrov cade con un goffo tonfo e rimane per qualche istante ansimando faticosamente. Vladimir lo sprona a rialzarsi - Su, su in piedi soldato! Fare il finto morto con quei vandali non va mica bene! Ti guadagni solo il colpo finale! -
Lementrov si piega su un fianco e si alza ancora dolorante e con la schiena piegata, si mette in guardia e attende che sia l'altro stavolta ad attaccare. Vladimir lo guarda perplesso e gli domanda
- Sicuro che vuoi che sia io a iniziare? - Lementrov non risponde e attende la sua mossa. Vladimir senza esitazione corre verso la sua direzione e libera un calcio in aria sul volto di Lementrov, che cade a terra sanguinando dalla bocca e dal naso. L'aveva steso. - Questa pausa non te la concederò più, sappilo, dovrai cadere per molto di più. Per oggi basta, spero solo di non averti rotto il naso... -
Detto ciò prese da sottobraccio Lementrov e lo portò in infermeria. Quando passarono davanti al laghetto centrale Lementrov aveva pensato di buttarci dentro Vladimir ma non ne aveva le forze né aveva voglia di beccarsi un altro pugno o calcio chissà dove.
In infermeria Vladimir si prende cura di lui personalmente: in faccia ha riportato solo qualche livido e perso un dente. Vladimir, vacci piano con le reclute. Perfino le braccia e le gambe di Lementrov si sono graffiate per la caduta.
Lasciandolo per qualche istante alle cure dell'infermiera, Vladimir si reca in palestra, dove vede i soldati occupati nell'autodifesa e nella tecnica della spada roteante. Appena vede Demijtrezo lo chiama a gran voce - Evgenij! Vieni qui! - l'amico lo sente e appena lo vede gli corre incontro. I due si scambiano un leggero abbraccio ed Evgenij comincia a fare domande a raffica - Allora, come sta andando Lementrov? È bravo, se la cava? Com'è andato il corpo a corpo? Immagino tu l'abbia steso. Ah Vladimir, sei sempre il solito iper competitivo, ma devi andarci piano non puoi ammazzare le reclute il primo giorno di vero allenamento! -
- Evgenij rilassati, ha solo perso un dente e qualche livido niente di più! Devo ricordati cos'avevi fatto tu a quel povero Likenov quando aveva passato il test? -
Evgenij abbassa lo sguardo: ricorda fin troppo bene quel momento.

Era un martedì mattina, Likenov si era alzato perfettamente puntuale e attendeva che Demijtrezo gli illustrasse la sua nuova giornata quotidiana e di iniziare subito gli allenamenti. Quel giorno, purtroppo, Demijtrezo non aveva passato una bella nottata, anche perché, oltre ai brutti sogni, aveva litigato con la madre perché non la andava a visitare più così spesso come prima nonostante la casa fosse praticamente sotto il castello. Così quando vide la nuova recluta sorridere e sprizzare allegria e vivacità, lo scambiò per una fonte di sfogo. Così, senza neanche dirgli niente, lo portò di fuori e gli disse soltanto "Difenditi". Likenov si fece prendete dal panico e cercò di difendersi come meglio poteva da tutti quei calci a duecento chilometri all'ora da tutte le parti. Demijtrezo, dopo ben un'ora di sfogo, quando ebbe ripreso il controllo di sé non credeva ai suoi occhi: Likenov era lì, a terra, con la faccia gonfia di lividi e piena di sangue, i denti che si reggevano a malapena, le braccia e le gambe viola dallo sforzo e dal dolore, i vestiti sporchi di sangue, il respiro affannoso e gli occhi chiusi.
Evgenij maledisse quell'istante di mancato controllo e pregò il cielo che non gli avesse arrecato danni permanenti. E infatti fu così: Likenov trascorse ben tre settimane sotto stretta sorveglianza di Evgenij e di tutti i soldati, Vladimir compreso. Quando finalmente si svegliò da quell'incubo, la prima cosa che vide fu Demijtrezo, seduto accanto a lui piangendo fumi di lacrime, a pregare che si svegliasse.
Likenov alzò una mano e gliela posò sulla testa mormorando debolmente - Signore, è tutto passato, sto bene. Ha ordini per me oggi? - Evgenij alzò lo sguardo di scatto e, con gli occhi sgranati e gonfi di lacrime, vide Likenov che lo guardava sorridendo dolcemente. Demijtrezo non seppe trattenersi e lanciò un grido di gioia e strinse al petto la testa di Likenov, stavolta con molta cura.
- Oh, Likenov! Perdonami, oggi sei obbligato a startene a letto a dormire finché sarai in perfetta forma! E ti autorizzo a vendicarti di tutte le botte che ti ho dato ingiustamente! -
Likenov lo guardò con occhi penetranti e rispose - Signore, io mi sento autorizzato a perdonare, non a vendicarmi. Vi perdono, si volta pagina. Domani starò benone, quindi preparatevi i miei compiti! - Evgenij li baciò in fronte e gli disse - D'accordo, ma ora dormi, ti lascio in pace. - e si allontanò dall'infermeria con tutti i suoi compagni, riprendendo le attività.

- Vladimir, ti ricordo però che quel giorno ero di pessimo umore, quindi eviterei di fare quel paragone. - mormorò Evgenij. - D'accordo e va bene, sono io quello troppo competitivo, hai ragione. Però non credevo che si reggesse così poco! Cioè, l'hai visto: è anche robusto come corporatura! -
- Vabbè non vuol dire, se uno fa una cosa per la prima volta non puoi pretendere tanto... -
- No, certo, quello no. Ma pensavo reggesse meglio certi colpi, l'ultimo calcio gliel'ho dato per fargli capire che non può ancora difendersi, ma il resto... Vabbè, cedo. Colpa mia. - concluse infine Vladimir.

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